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 2004  aprile 11 Domenica calendario

L’Italia è una nazione antropologicamente fondata sulle eredità, Corriere della Sera, 11/04/2004 Dopo tante statistiche contorte o nefaste, eccone di facili da capire e adatte al riconfortarsi di questi giorni di festa

L’Italia è una nazione antropologicamente fondata sulle eredità, Corriere della Sera, 11/04/2004 Dopo tante statistiche contorte o nefaste, eccone di facili da capire e adatte al riconfortarsi di questi giorni di festa. La furia del dettaglio di Banca d’Italia ci dice che circa un quarto delle famiglie ha ricevuto eredità o donazioni. Tenendo in conto tra essi pure affitti o altri rendimenti, il trasferimento di ricchezze è ammontato nel 2002 al 41,3 per cento della ricchezza familiare netta. Così addentando la torta pasquale il pensiero va subito grato all’anziano che ci ha lasciato eredi, alla zia sorda, confusa, pencolante eppure più certa di Wall Street. Il Made in Italy s’avvia a regredire alla quota di prima degli anni ’50, ma le eredità no. Rispetto alle stime del 1991 reggiamo, il declino è più contenuto: restiamo eredi e matriarcali, giacché le donne muoiono dopo. Non siamo, del resto, un’Italia giovane, neanche una dove la ricchezza si conquista per qualche febbre dell’oro, in frontiera. L’accumulo è per poco meno della metà lascito di chi, dove va, non può portarsi le sue spoglie venali. La parola che più spiega la nostra, eredità, è quella del greco antico che appunto significa spogliato. E, del resto, questo capitalismo, di cui noi italiani abbiamo inventato nel Medioevo le parole, abbonda d’eredi. E cosa sarebbe Boccaccio senza vecchi da beffare ed eredità da carpire? «Essendo ricchissimo, in quello lasciò erede il suo figliuolo già grandicello e appresso questo, avendo molta amata monna Giovanna, lei, se avvenisse che il figliolo senza erede legittimo morisse, suo erede substituì, e morissi». Frase contorta, di una novella boccaccesca della giornata Quinta, ma nel suo contorcersi innata. I maggiori benefici delle eredità riguardano ancora Toscana e Italia centrale. Ma per quanto si sia a Pasqua e si abbia, con tutte le brutte cose che succedono il dovere di sperare, ché Cristo è risorto, ci sarebbe forse altro a cui pure pensare. Perché questo nostro confortevole restare uguali a quello che fummo ha dei lati buoni; ma spiega pure meglio di tutte le ideologie il perché di tanti nostri egoismi e guai. Altro che D’Alema che diventa verde in tv per fare l’indifferente o le litanie dei sindacati per le pensioni e contro meno tasse. L’Italia è nazione d’economia senile, matriarcale, nella quale pensioni, affitti, debito pubblico, servono a nutrire troppo l’accumulo di famiglie vecchie. Le quali prima o poi ad arbitrio ridaranno ai giovani il loro accumulo, però lamentandosi, che essi non hanno lavoro o guadagnano poco. Come se il di più di rendite che gli anziani ricevono non significasse appunto più tasse sul lavoro, e meno lavoro. Lo Stato italiano ha delegato alla famiglia di filtrare quei soldi ai figli che, se le pensioni corrispondessero ai versamenti, sarebbero già loro in busta paga. Idem per le miriadi di altri soldi sprecati che sono diventati rendite con i Bot. Siamo al centro di un’economia senile in cui il salario al netto delle tasse resta basso, ma l’eredità congrua. Ecco perché, dopo il pensiero grato a zia e a Boccaccio, si deve riflettere su quanto sia equo tagliare spese statali e tasse. Così da far arrivare più soldi ai giovani che li spendano, invece che agli anziani che li mettono via. Tra l’altro, in questa nostra atavica inclinazione a mantenerci in un’economia d’eredi ci sarebbe anche qualcosa di buono, una volta messo da parte lo Stato. Ammonta a circa il 71 per cento la percentuale di ricchezza che gli intervistati nella ricerca di Banca Italia puntano a dare in eredità. Perché allora non smontare lo Stato, cosicché scuole od ospedali, in forma di fondazioni, ricevano il più possibile eredità e doni? Ma qui l’uovo sodo rischia di andare di traverso al nostro lettore pasquale, che è in attesa di eredità matriarcali, per necessità statistica. Eppure, il futuro migliore delle università, per esempio, non è per certo lo Stato, ma forse proprio le fondazioni e, dunque, flussi di doni ed eredità... Geminello Alvi