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 2004  marzo 18 Giovedì calendario

Il successo della politica agli steroidi di Governator, L’espresso, 18/03/2004 Bruce Cain, uno dei più brillanti analisti politici californiani, è il più divertito per i successi politici di Arnold Schwarzenegger, oggi governatore della California

Il successo della politica agli steroidi di Governator, L’espresso, 18/03/2004 Bruce Cain, uno dei più brillanti analisti politici californiani, è il più divertito per i successi politici di Arnold Schwarzenegger, oggi governatore della California. Fotografa l’ex attore con precisione matematica: «Schwarzenegger è uguale a Reagan al quadrato». Il più ammirato, invece, è una guardia giurata del Campidoglio di Sacramento a cui chiediamo se ha visto passare il governatore: «Credo sia andato al Capital Athletic Club ad allenarsi: si tiene in forma». Il più stupito è Gray Davis, l’ex governatore democratico sconfitto da Arnold nelle elezioni di ottobre. Durante la campagna elettorale Davis parlava del suo avversario come di un ciarlatano senza un’idea in testa. Qualche giorno fa gli ha fatto da spalla nel talk show di Jay Leno, sulla Nbc, e ha ammesso: «Arnold ha fatto una partenza bruciante». Dopo cento giorni da Governator, per Schwarzenegger è arrivata l’ora del trionfo. Secondo l’ultimo sondaggio del ”Los Angeles Times”, il suo gradimento è salito al 65 per cento tra gli elettori californiani e al 50 per cento tra i liberal. Percentuali impensabili fino a pochi mesi fa. Il suo capolavoro è stato il referendum del 2 marzo. Per evitare la bancarotta finanziaria dello Stato, Schwarzenegger aveva due strade: i falchi dell’amministrazione consigliavano di tagliare le spese statali del 13 per cento, i moderati suggerivano di lanciare un prestito obbligazionario per superare lo scoglio dei prossimi mesi. Il governatore ha scelto la seconda, ma i sondaggi lo davano battuto. Alla fine di gennaio solo 33 elettori su cento si dichiaravano d’accordo, ma Schwarzenegger ha insistito, puntando tutto sulla forza della sua immagine. Ha raccolto quasi 10 milioni di dollari per lanciare una campagna sulle televisioni della California. Ha girato una serie di spot per rivolgersi direttamente agli elettori, fissandoli negli occhi dal teleschermo con il suo sguardo da Terminator buono. Ha spaventato i sindacati spiegando che senza il prestito sarebbe stato necessario affrontare «tagli da Armageddon» ai servizi sociali. Ha blandito uno per uno i politici dell’opposizione. Ha persino convinto la senatrice Dianne Feinstein, la voce più prestigiosa dei democratici in California, a prestare il suo volto a una pubblicità in tv a favore del referendum. Alla fine ha stravinto. Il 62 per cento ha approvato il prestito obbligazionario di 15 miliardi di dollari. Il 70 per cento ha detto sì a una seconda norma che obbliga il governo californiano a essere finanziariamente più virtuoso in futuro. «Si tratta di uno storico rovesciamento di fronte, ottenuto grazie agli spot e al governatore che guardava dritto nella telecamera», spiega Mark Di Camillo, della società di ricerca Field Poll di San Francisco. Il governatore ha commentato il successo da par suo: «Mi piace chi va alle urne e gonfia i muscoli per farsi ascoltare». Il ”Wall Street Journal” ha scritto che non si erano mai visti «bicipiti così potenti nella storia della politica californiana». Jack Pitney, professore al Claremont McKenna College, ha commentato: «Questa è politica agli steroidi». Arnold ci tiene a tenere alta la sua vecchia immagine di Mister Universo: ha appena accettato la nomina a direttore di due riviste di body-building, ”Flex” e ”Muscle&Fitness” per 250 mila dollari all’anno. Ma con i suoi successi ha dimostrato di non essere una meteora destinata a una sola stagione di celebrità nel mondo della politica. La sua strategia sta cambiando il volto della vita pubblica californiana e nei salotti gli intellettuali cercano di disegnare l’identikit di un leader che ancora sfugge alla catalogazione.  un repubblicano o un democratico? il più dotato dei figli di Reagan o è il nuovo populista del XXI secolo? Kevin Shelley, segretario di Stato della California e leader democratico, non si sbottona: « mio dovere appoggiare un governatore che inventa soluzioni positive nell’interesse pubblico». Johan Klehs, ex deputato democratico al Parlamento californiano, ci dice: «Reagan era un attore di serie B ed era prigioniero dei suoi consiglieri. Schwarzenegger è stato un attore di serie A ed è uno spirito libero: i californiani credono in lui proprio perché è prima di tutto una star, e solo in seconda battuta il governatore». Franz Schurmann, storico all’Università di Berkeley, ci dice che Arnold è un radicale che rompe gli schemi tradizionali: «Un po’ fascista e un po’ comunista, da una parte fa appello alla giovinezza, dall’altra difende i diritti dei meno abbienti. Ma è soprattutto un grande opportunista: ha visto che i repubblicani erano in crisi e ha deciso di prendere la fiaccola del partito. Gli altri hanno dovuto corrergli dietro». A Berkeley, nell’istituto di Governmental Studies di cui è direttore, Bruce Cain spiega: «Schwarzenegger è di sinistra sui problemi socio-culturali: i gay, la scuola, l’aborto o l’ambiente. Sull’economia e le tasse è un conservatore». Ma è difficile dare un giudizio basandosi sugli schemi del passato: « più bravo di Reagan a vendere le sue idee, ma tra i due c’è una grande differenza. Reagan aveva una visione. Schwarzenegger vuole solo rappresentare la gente, non gli importa poi molto dove la gente lo porta». Arnold non ama le analisi politiche complesse. Odia soffermarsi sui dettagli. Da decenni, prima come attore e investitore, oggi come politico, si circonda di consulenti di alto livello a cui delega totalmente la gestione concreta delle cose. Lui pensa alla comunicazione e all’immagine. Così, un paio di mesi fa, durante la presentazione del bilancio dello Stato, alcuni sindacalisti gli hanno fatto notare con durezza che i tagli ai servizi sociali per gli handicappati erano inaccettabili. Arnold, ignaro di tutto, ha reagito da grande istrione. Ha fatto la faccia contrita di chi casca dalle nuvole e poi si è illuminato in un sorriso. « stato un errore», ha riconosciuto. E i tagli sono stati eliminati. Per Schwarzenegger non è un problema rimangiarsi la parola. Dopo la sua elezione chiede ai giudici di poter pagare i debiti della campagna elettorale, 4 milioni di dollari chiesti in prestito alle banche, raccogliendo donazioni tra i privati. Molti gli spiegano che si trattava di un metodo anomalo, non previsto dalla legge elettorale, ma lui ignora le critiche e decide di andare avanti. Alla fine, quando il giudice respinge la sua richiesta, obbligandolo a pagare i debiti di tasca sua, reagisce da grande attore. «Si tratta di una decisione fantastica», dice ai giornalisti allibiti. Spiega Cain: «La cattiva notizia è che abbiamo un governatore che non ha idea di quello che fa. La buona notizia è che non ha nessun problema a cambiare idea. completamente senza vergogna. il politico più imprevedibile della storia della California. Può fare cento inversioni a ”U” in un secondo». La forza di Schwarzenegger sta probabilmente tutta qui: è un attore famoso e questo gli consente di poter fare qualunque cosa. Siede sulla poltrona di governatore ma continua a rispondere alla logica delle star di Hollywood. In un paese dove chi non va in televisione non esiste, lui domina la telecamera come nessun altro e mostra un formidabile intuito nel capire qual è la posizione più popolare. Una delle esibizioni più straordinarie di questi ultimi mesi è stata quella al ”Tonight Show with Jay Leno”, lunedi 1 marzo. Leno gli chiede un’opinione sui matrimoni gay celebrati a migliaia nel municipio di San Francisco. Lui spiega che le nozze tra gli omosessuali violano una norma votata dai californiani nel 2000, secondo cui il matrimonio è un’unione tra uomo e donna. Lui, in qualità di governatore, si sente obbligato a far rispettare la legge. Poi si distende nel suo sorriso metallico e aggiunge: «Naturalmente se i californiani hanno cambiato idea e vogliono modificare le regole, a me sta bene». La sua posizione suscita ammirazione. I democratici lo applaudono, i repubblicani restano interdetti, persino i gay sono colpiti dalla sua capacità di tenere i piedi in tutte le scarpe. Il suo stile entusiasma i californiani. L’ex governatore Davis stava tutto il giorno chiuso nel suo ufficio e discuteva dei problemi di governo solo con i più stretti collaboratori. Oggi l’ufficio di Arnold è un porto di mare. Ha creato un gabinetto misto, dove i conservatori convivono con i liberal, e lui passa quasi tutto il suo tempo a Sacramento a mettere d’accordo i membri dello staff e a discutere con l’opposizione. Ma poi esce per strada, va a pranzo nei ristoranti della zona e firma autografi e risponde agli applausi; quindi fa un salto in palestra e ogni tanto se ne torna nella sua villa di Santa Barbara stando bene attento a farsi fotografare mentre sale sul suo jet personale. Nel giorno del suo discorso programmatico, il 6 gennaio, c’erano 250 giornalisti ad ascoltarlo: non era mai successo nella storia dello Stato. Schwarzenegger sa come far parlare di sé. Quando è andato a Wall Street per chiedere agli analisti di alzare il rating della California, si è portato dietro Warren Buffett, un guru della finanza considerato uno degli uomini più ricchi dei mondo. Nel suo discorso agli analisti Buffett ha paragonato Schwarzenegger nientemeno che a Franklin Delano Roosevelt per la sua «audace leadership». Poi il governatore ha detto: «Se sono capace di vendere i biglietti di film come ”Last Action Hero”, vuol dire che sono in grado di vendere qualsiasi cosa. E la California è il prodotto più facile che mi sia capitato». Un personaggio simile aiuterà George Bush nelle elezioni di novembre? «Se l’economia riparte e si placa la guerra tra le culture che sta dividendo gli Stati Uniti, Arnold può essere di grande aiuto al presidente», dice Cain. Altrimenti Schwarzenegger continuerà a giocare da solo. Ha grandi piani per il suo futuro. In una delle sue ultime apparizioni in tv ha chiesto una modifica costituzionale per consentire a chi non è nato negli Stati Uniti, ma è cittadino da almeno vent’anni, di poter essere eletto presidente. «Non lo dico per me, penso a quello che hanno fatto personaggi come Henry Kissinger e Madelein Albright», il primo repubblicano e la seconda democratica, entrambi ex segretari di Stato ed entrambi nati in Europa. Davvero non pensa a sé Mister Universo? Nessuno può saperlo. L’unica cosa certa è che finora non ha sbagliato un colpo. Enrico Pedemonte