Varie, 28 novembre 2005
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RONDI Gian Luigi Tirano (Sondrio) 10 dicembre 1921. Critico cinematografico • «[...] Il suo metodo consiste nell’iniziare con un breve riassunto, che nel rispecchiare la storia, l’ambiente, il peso drammaturgico dei personaggi, costituisce già di per sé una prima lettura critica, da cui poi è agevole scivolare nel giudizio
RONDI Gian Luigi Tirano (Sondrio) 10 dicembre 1921. Critico cinematografico • «[...] Il suo metodo consiste nell’iniziare con un breve riassunto, che nel rispecchiare la storia, l’ambiente, il peso drammaturgico dei personaggi, costituisce già di per sé una prima lettura critica, da cui poi è agevole scivolare nel giudizio. lecito supporre che questa dote Rondi l’abbia affinata alla scuola di Silvio d’Amico, il grande critico teatrale di cui diventò vice nel 1945 su ”Il Tempo”, prima di assumere nel 1947 la rubrica cinematografica che detiene da allora. Infatti secondo una testimonianza di Andrea Camilleri, già allievo regista dell’Accademia d’Arte Drammatica, la domanda rituale che d’Amico poneva ai suoi studenti era di riassumere la trama di un testo, per esempio l’’Amleto”. A chi gli rispondeva in chiave culturale o analitica, insisteva sull’importanza di saper narrare il soggetto, considerandolo propedeutico alla valutazione. Tuttavia se quest’arte, purtroppo oggi indisuso, Rondi abbia cominciato a praticarla o meno sotto l’influenza del maestro, poco importa: di sicuro si attaglia perfettamente a un’intelligenza limpida e strutturata quale emerge dalla lettura delle sue recensioni e interviste, ampiamente pubblicate. E il rigore mentale investe anche la disciplina di vita, perché su sua giornata di lavoro si potrebbe regolare l’orologio come facevano i concittadini di Kant, il quale notoriamente era precisissimo. Detto questo, la personalità dell’uomo è più complessa, meno lineare. Chi è Rondi? Come figura pubblica, lo conoscono tutti in quanto è uno dei pochissimi critici che godono di una certa popolarità. [...] accanto all’attività di giornalista ne ha svolte altre, spesso di rilievo istituzionale: nel ’49 era già giurato alla Mostra di Venezia (la prima volta di tante), dal ’51 autore di documentari soprattutto dedicati all’arte . A lungo membro della commissione esperti di Venezia, dal ’63 promuove in tv cicli dedicati a John Ford, Ingmar Bergman, Federico Fellini o l’amato Renè Clair cui più tardi intitolerà un premio; e divi hollywoodiani come Bette Davis, Clark Gable e Gerard Philippe. Tutte scelte che coniugano qualità e spettacolo divulgando i classici. Ancora. nel 1970 fonda il Festival delle Nazioni a Taormina, dall’81 è presidente del premio David di Donatello, nel quadriennio 83-86 è direttore della Mostra di Venezia, dal ’93 al ’96 della Biennale. Per non parlare delle onorificenze ricevute: da quella spagnola all’Ordine di Alfonso X il Saggio (1955) alla Gran Croce dell’Ordine di Jugoslavia, ne ha collezionate un numero incredibile. Iscrittosi alla dc nel 1948, particolarmente vicino a Giulio Andreotti, Rondi è stato a lungo attaccato da una sinistra che ha visto in lui un cane da guardia dell’ordine costituito. Ebbene, il ricordo di queste asprezze, ormai molto mitigate, fa emergere per contrasto la discrezione di Gian Luigi nell’evitare di menare vanto delle sue gesta partigiane al tempo dell’occupazione di Roma. Tra cui la più rischiosa fu quella di presentarsi all’hotel Excelsior fingendo di essere un delegato dal governo repubblichino, con una fascia tricolore al braccio e parlando tedesco, a chiedere la consegna di un generale italiano prigioniero. Il colpo, predisposto dall’organizzazione clandestina cattocomunista agli ordini di Adriano Ossicini, riuscì perfettamente: dopo aver ringraziato con un perfetto saluto romano, Rondi si portò via l’ufficiale e gli salvò la vita. Ma di questo episodio (e in genere della vita privata) il riservatissimo Rondi non parla. Vale la pena di notare che nessuno degli incarichi ricoperti, per quanto prestigiosi, lo ha mai indotto abbandonare la scrittura. Nella premessa alla sua raccolta di articoli Prima delle prime. Film italiani 1947-97 (Bulzoni Editore) conclude: ”Cinquant’anni. Un mestiere, una vita. In fondo nella pagine che seguono, c’è quasi per intero anche la mia storia”» (Alessandra Levantesi, ”La Stampa” 27/11/2005).