v, 5 novembre 2005
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PERINO Alberto. Nato a Bussoleno (Torino) il 21 marzo 1946. «Il paragone è facile, anche se improprio
PERINO Alberto. Nato a Bussoleno (Torino) il 21 marzo 1946. «Il paragone è facile, anche se improprio. Il pensiero no, quello è lo stesso, e non si discute. ”Ce n’est qu’un début, continuons le combat...” gridava José Bové, leader dei contadini d’oltralpe quando in Francia infuriava la battaglia contro la globalizazzione dell’agricoltura. ”Non è che l’inizio, continuiamo a lottare”, tuona [...] Perino, barbuto [...] della Val di Susa che da anni si batte contro il progetto della ferrovia ad Alta velocità. E chi dice che questa vallata di confine, battagliera e ribelle per natura e storia, avrebbe bisogno di un leader per sostenere la sua opposizione ai treni che filano a 400 all’ora, nella sua disperata e titanica lotta contro la devastazione dell’ambiente e l’inquinamento da amianto ed uranio, non sa che quest’uomo già c’è. E anche se non gli piace essere chiamato ”José Bové” delle montagne piemontesi, quello è il suo ruolo. Se poi si volesse scavare davvero nella storia di questo ex bancario nato nella Val di Susa, con un passato da sindacalista e onnivoro lettore di libri e quotidiani allora lui direbbe che: ”A Bové io preferisco Ghandi e alla carne un bel piatto di verdura. Ma alla lotta, anche dura, io non rinuncio, perché qui stiamo giocando la battaglia per la nostra sopravvivenza”. Del resto da uno come lui non puoi aspettarti altra risposta. Perché Perino sa parlare alla gente di questa valle, con le parole ed i modi da vero capopopolo. E non lo imbarazzano i politici e gli amministratori delegati delle grandi aziende: peli sulla lingua lui non ne ha. Con nessuno. E nessuno [...] è riuscito ad etichettarlo oppure ad affibiargli un colore politico: è solo un uomo che lotta per le sue montagne. ”L’unico cappello che mi metto è quello che ho comprato anni fa in Austria, di lana cotta. O quello nero, a tesa larga. Io sto con la gente della mia valle. Sono uno che è nato qui e qui vuole morire...” ripete. Il passato da democristiano, da segretario della Cisl bancari, fanno parte della sua storia. Come il fatto di essere nato a Bussoleno e di essere da trent’anni cittadino di Condove, paesi dove un giorno filerà il super treno. [...] Per un cartello con la scritta ”Ho fatto il militare e mi vergogno”, negli Anni ’70, si buscò 8 mesi e 15 giorni di condanna. Fece ricorso in appello e in Cassazione, e alla fine quella macchia gli è stata cancellata. Con un gruppo che si chiamava: Movimento valsusino di azione non violenza, sempre in quegli anni, organizzò uno sciopero generale alla officine Moncenisio. Gli operai chiedevano che in quella fabbrica non si lavorasse più per l’industria bellica. E raggiunsero l’obiettivo. [...] giura che lui non è un capopopolo. Che ci sono altri che si sanno muovere meglio di lui [...] Ma quando ci sono cose da fare lui c’è, ed è il primo. E se, per caso, non ci sono, lui se le inventa. Così, per confutare la tesi secondo cui non c’è pericolo uranio in Val di Susa s’è infilato nelle miniere che l’Agip aveva aperto e poi abbandonato nel comune di Venaus, con il contatore Geiger in mano. Ed ha fatto misurazioni che confermavano ciò che lui sosteneva. [...] Ha portato alle manifestazioni pezzi di amianto, che ha recuperato senza fatica in valle. Promette battaglia perché ha il polso degli umori e dei malumori della gente[...] Che in lui, più che in chiunque altro, hanno fiducia. Proprio come i contadini francesi ce l’avevano in Bové» (Lodovico Poletto, ”La Stampa” 3/11/2005).