Varie, 27 ottobre 2005
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DE NEGRI Pietro Calasetta (Carbonia-Iglesias) 28 settembre 1956. Toelettatore di cani. Meglio noto come ”er canaro” • «[
DE NEGRI Pietro Calasetta (Carbonia-Iglesias) 28 settembre 1956. Toelettatore di cani. Meglio noto come ”er canaro” • «[...] è stato il protagonista di una delle storie più truci degli annuari della cronaca nera, un racconto dell’orrore intitolato col soprannome che gli avevano affibbiato alla Magliana: ”er Canaro” [...] assassino di Giancarlo Ricci, 27 anni, ex pugile dilettante e piccolo boss di quartiere seviziato, mutilato, evirato, torturato con le tronchesi e col fuoco per oltre sette ore in un negozio di toilette per cani di via della Magliana 253. Un fattaccio di cronaca degno della penna di Thomas Harris. [...] fece avere ai giudici della corte d’Assise un memoriale di questo tono: ”Non sono pentito, se rinasco lo faccio un’altra volta”. [...] Era il 18 febbraio del 1988 quando, in una discarica di via Cruciani Alibrandi, al Portuense, un allevatore di cavalli scoprì qualcosa che assomigliava a un cadavere e che finiva lentamente di bruciare. La vittima fu identificata per Giancarlo Ricci, un tipo violento, un prepotente che spesso risolveva le questioni a cazzotti e che si era fatto parecchi nemici. Accecato, evirato, le orecchie tagliate, il cranio sfondato a martellate: ”Questo ha fatto uno sgarro a una gang di spacciatori e glie l’hanno fatta pagare” ipotizzarono gli investigatori. Sbagliavano. Due giorni dopo fu arrestato un tizio mingherlino, il tosacani di via della Magliana 253, che aveva confessato una rapina a uno spacciatore di coca assieme alla vittima. Una notte in questura, il racconto non regge e De Negri crolla: ”Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell’infame”. Vittima e carnefice, l’ex pugile e il tosacani, fino a quando i ruoli si invertono nel modo più atroce. ”Mi insultava, mi sfotteva, m’aveva rubato la radio della macchina e per ridarmela m’aveva scucito 200 sacchi. Ma la cosa che m’ha fatto uscire di testa è stata quando ha preso a calci il mio cane, che c’entrava lui?”. La trappola è organizzata con cura: una rapina a uno spacciatore di coca. De Negri convince Ricci a nascondersi in una gabbia di cani in attesa del pusher, poi lo ammanetta con due guinzagli. Comincia il massacro: ”er Canaro” imbottito di cocaina sfregia l’ex pugile, gli amputa le dita e i genitali, lo fa rinvenire, cauterizza le ferite con la benzina. Si interrompe per andare a prendere la figlia a scuola poi si precipita al negozio e ricomincia. Fino alla fine. Arrestato il 21 febbraio 88, De Negri tornò in libertà per un breve periodo il 12 maggio dell’anno successivo: infermo di mente e non pericoloso socialmente, almeno secondo i giudici. Poi il nuovo arresto e la sentenza definitiva: 24 anni. Tra sconti e permessi sarebbe uscito nel 2008, ma il tribunale ha anticipato la data. [...]» (Massimo Lugli, ”la Repubblica” 27/10/2005). «’Quando ha cominciato a confessare ha cambiato voce. Una scena da non credersi: fino a un minuto prima piagnucolava e poi all’improvviso ha fatto un ghigno feroce ed è sbottato: ah sì, lo volete sapere? ”So stato io...gli ho sciacquato il cervello con lo shampoo dei cani, a quell’infame’. andato avanti così fino al mattino, non si fermava più. Raccontava, raccontava tutti i dettagli sempre con quel ghigno stampato sulla faccia. In trent’anni di polizia non ho mai visto una cosa del genere: solo in un film con Richard Geere che si chiamava Schegge di paura. Ma quello non era un film”. Il vicequestore Antonio Del Greco, nel 1988, dirigeva la sezione omicidi della mobile. [...] ”Sembrava che avesse una voglia matta di farsi arrestare. Piombò in casa dei parenti di Ricci e si autoaccusò di una rapina a uno spacciatore di droga che, diceva di aver fatto assieme alla vittima. Noi ancora brancolavamo nel buio. Lo portammo in questura e, poco a poco, cominciammo a sospettare di lui. In tutta questa storia c’è un testimone che non abbiamo mai rintracciato: un tizio che aspettava Ricci fuori dal tosacani e che riportò la macchina dell’ex pugile sotto casa. Sparito [...] Capimmo che De Negri mentiva. Si contraddiceva di continuo. Alla fine lo convinsi a confessare [...] Gli dissi: se sei un uomo, dillo che sei stato tu. E lui crollò. Se sono un uomo? Senta che gli ho fatto a quell’infame. E cominciò a raccontare [...] Una descrizione minuziosa. Disse che aveva convinto l’ex pugile a nascondersi in una gabbia per rapinare uno spacciatore e raccontò come l’aveva fatto a pezzi: ”Gli ho amputato le dita, poi gli ho tagliato le orecchie, il naso, i genitali. Gli ho detto: adesso non sei più neanche un uomo. Lui è svenuto io ho bruciato le ferite con la benzina per fermare il sangue e l’ho fatto rinvenire. Parlava troppo, continuava a insultarmi così gli ho tagliato la lingua. Ma non voleva saperne di morire, quell’infame. Alla fine gli ho sfondato la testa e lavato il cervello’. Sembrava una storia inventata ma noi avevamo visto il cadavere. Purtroppo”» (m. l., ”la Repubblica” 27/10/2005).