Varie, 20 ottobre 2005
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Wagenbach Klaus
• Berlino (Germania) 11 luglio 1930. Storico dell’arte. Critico letterario. Editore • «[...] fondatore nel 1964 della casa editrice (’indipendente” sottolinea) che porta il suo nome, quella che fin dagli inizi nel 1964 si dette daffare per tradurre e far conoscere i nuovi scrittori italiani. [...] Nel suo catalogo, d’italiano non ci sono solo gli scrittori (Manganelli, il primo Tabucchi, Camilleri, Gadda, Benni, Natalia Ginzburg, Malerba, Morante, Pasolini), ci sono le guide a città e regioni sempre con un taglio colto e insolito, c’è molta storia dell’arte, libri di storia come Die Nase Italiens - Il naso d’Italia, la biografia di Federico da Montefeltro, o L’Italia e i suoi invasori di Girolamo Arnaldi: ”dai Longobardi ai turisti di Rimini sono sempre i tedeschi”, i saggi di Norberto Bobbio, Luigi Pintor, Salvatore Settis, Carlo Ginzburg. Perché tutto questo interesse, e perché nacque così presto: fu solo un fatto culturale o anche politico? ”Tutti e due insieme. Ero un giovane studente di Storia dell’arte, m’interessava il Rinascimento, così negli anni ”50 giravo in lungo e in largo l’Italia in bicicletta. Cercavo chiese musei monumenti, ma avevo un occhio molto attento anche per la politica. Da tedesco consideravo gli italiani ”i nostri co-fascisti’. Ma non finivo mai di restare sorpreso, stupefatto: in Germania dopo il ”45 tutti erano Opfer, vittime, in Italia tutti avevano fatto la Resistenza. A Cortona, mi ricordo, un giovane della mia età mi fece vedere i suoi due più cari amici: erano le foto di Mussolini e Stalin che teneva in camera. Tutto molto strano per un tedesco. Mi piaceva la libertà di prendere posizioni politiche, soprattutto mi affascinava la cortesia della discussione: in Germania si discute fino alla morte, uno perde uno vince, in Italia non c’è nemico. A volte questa abitudine può scivolare nel qualunquismo, ma mi piace di più. Anche i dibattiti letterari. Nel ”64 o ”65 fui invitato a parlare a una riunione del Gruppo 63, io dovevo raccontare come si svolgevano le sedute del Gruppo 47, quello di Grass eccetera. Descrissi una cosa estremamente ordinata, il tempo scandito da una campana, l’autore che dopo aver letto il suo testo ascolta le critiche senza parlare: gli italiani non ci volevano credere, facevano casino, si muovevano, entravano e uscivano. Addirittura una volta a Reggio Emilia, Nanni Balestrini ed Enrico Filippini hanno fatto una messa nera, da noi in Germania quando mai sarebbe successo?”. Le sue posizioni politiche allora erano molto radicali. [...] nel ”76, fece il discorso sulla tomba di Ulrike Meinhof, morta in carcere con gli altri del gruppo della Rote Armée Fraktion: ci volle un bel coraggio. ”Ci voleva qualcuno che parlasse, così lo feci. Erano anni di grandi casini quelli...”. [...]» (Ranieri Polese, ”Corriere della Sera” 20/10/2005).