Varie, 19 ottobre 2005
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ARMENI Ritanna Brindisi 12 luglio 1947. Giornalista. Ex capo ufficio stampa di Bertinotti. Nota soprattutto per aver fatto coppia in tv con Giuliano Ferrara
ARMENI Ritanna Brindisi 12 luglio 1947. Giornalista. Ex capo ufficio stampa di Bertinotti. Nota soprattutto per aver fatto coppia in tv con Giuliano Ferrara. Scrive sul Riformista • «[...] ho cominciato al ”Manifesto”, andai a comprare le scrivanie alla Croce Rossa, a fare il contratto della luce. C’erano Rossana, Lucio Magri, Valentino Parlato, Loris Campetti, Gabriele Polo. Tutta l’allegra banda. Fra i giovani, Gianni Riotta, Rina Gagliardi, Mauro Paissan, Massimo Serafini, Paolo Passerini. Mi ci aveva portato Luciana Castellina che avevo conosciuto all’università e all’Unione Donne Italiane. Luciana e Rossana sono le mie mamme politiche. E come tutte le mamme, amavano i figli maschi [...] Si fidavano di più degli uomini. Se c’era da scrivere un articolo importante, era per l’uomo. Tu dovevi guadagnarti tutto con fatica. Stipendio? 70 mila lire al mese. Meno dell’operaio metalmeccanico di terzo livello [...] I nostri vecchi erano tipi come Luigi Pintor. Erano figure assolutamente incontestabili, l’autorevolezza assoluta [...] Non mi diceva più niente. Ebbe perfino una piccola sbandata di attenzione per Craxi. Per un anno ho lavorato a ”Pace e guerra’, un giornale amico-nemico messo su da quelli che erano andati via dal ”Manifesto’ per fare il Pdup, Magri, Castellina ma anche Rodotà, Cacciari [...] famiglia molto piccolo-borghese. Padre socialista con negozio e sartoria. Studi classici nel liceo a Brindisi. I miei volevano mandarmi all’università a Bari o a Lecce. Ho dovuto combattere per venire a Roma [...] La gioventù non è mai felice. Io poi ho sempre vissuto la provincia con senso di oppressione. Questo spiega il fatto che ho pochi ricordi. [...] Bobby Solo, Una lacrima sul viso. Balli. Gite al mare. Ma soprattutto si studiava. Ero troppo seria [...] Il mio primo amore fu il professore di filosofia [...] Lui non si dichiarò prima che io finissi il liceo. Io neanche me ne ero accorta. Poi la cosa scoppiò. Ma avevo una tale voglia di andarmene che il grande amore mi bloccò. Gli dissi: ”Noi ci amiamo ma io me ne vado a Roma’. E poi a Roma trovai altri amori [...] Ho conosciuto mio marito giovanissima, nel ”68 [...] Ho fatto il ”68 insieme al gruppazzo di Paolo Franchi, Paolo Mieli, Paolo Soldini. Sono passata per Potere Operaio. Piperno, Carmignani, Lanfranco Pace, Faranda, Rosati, Gaeta, Scalzone [...] Ero ragazzina. Quelle erano assemblee di assatanati, bisognava essere dei veri leader per parlare [...] Collaborazioni al Mondo, ai Tg, ai Gr, a Rassegna Sindacale. Poi andai a lavorare per quattro anni in un’agenzia confindustrial-democristiana, l’Asca [...] Quando ero al Manifesto frequentavo moltissimo, oltre al sindacato, anche il cosiddetto padronato. Ed avevo un’amicizia molto carina con il direttore generale della Federmeccanica, il professor Mortillaro [...] In un editoriale, parlando di lui, avevo scritto: ”I padroni hanno detto, i padroni hanno fatto’. Lui mi chiamò al telefono: ”Signora, io non sono un padrone. Al massimo sono un servo dei padroni’. Era una persona di grandissima intelligenza. Uno di quelli che pensava che le femministe erano stronze, che i giovani erano lazzaroni, che gli operai dovevano lavorare e basta. Ma tutte queste cose le diceva con grande coerenza. Ci siamo frequentati molto. Un giorno mi disse: ”Perché non vieni a lavorare nell’agenzia?’ [...] Non è stato un bel periodo. Il lavoro di agenzia è noioso. Un giorno andai a intervistare Nicola Mancino che mi disse: ”Cosa ci fa lei all’Asca con quella faccia da comunista?’. Poi mi chiamò Franca Chiaromonte, che era una mia amica, dicendomi che riapriva Rinascita, la andava a dirigere Alberto Asor Rosa. Passai un anno bellissimo. Era quello del passaggio dal Pci al Pds. Noi eravamo contro. C’era grande dibattito e una vivace battaglia politica interna. Dopo Rinascita? L’Unità. Nove anni. Chi era il direttore? Renzo Foa. Non mi piaceva. C’è un criterio infallibile per giudicare se un direttore è un buon direttore. La porta. Se la tiene chiusa è pessimo. Lui aveva messo perfino la segretaria come filtro con la redazione. Quando il giornale non gli piaceva diceva: ”Con questo giornale ci incartate le vongole’. Insopportabile [...] Rondolino. Lui sì che era simpatico. [...] Ho conosciuto Battista e Mieli quando erano degli extraparlamentari. Non mi sentirei mai di dire che sono dei voltagabbana. Hanno fatto un percorso, passando da una posizione di sinistra a una posizione moderata. Ci sono anche persone che fanno percorsi inversi. [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” n. 8/2003).