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 2005  settembre 27 Martedì calendario

TATA Ratan Bombay (India) 28 dicembre 1937. Industriale • «Nella Bombay di fine Ottocento l’aristocrazia indiana (e gli ufficiali di Sua Maestà britannica) vestiva con la mussola di cotone bianca prodotta da Tata

TATA Ratan Bombay (India) 28 dicembre 1937. Industriale • «Nella Bombay di fine Ottocento l’aristocrazia indiana (e gli ufficiali di Sua Maestà britannica) vestiva con la mussola di cotone bianca prodotta da Tata. Nella Bombay degli anni ”70 le famiglie borghesi cucinavano con il sale Tata, cenavano con coltelli e forchette d’acciaio Tata, illuminavano casa con l’elettricità fornita da Tata, misuravano il tempo con gli orologi Tata. Quando viaggiavano, prendevano autobus Tata e alloggiavano negli hotel Tata. Il gruppo nato dal piccolo commercio tessile messo su nel 1865 da Jamsetji Tata ha accompagnato l’intera storia dell’India moderna, dai trionfi al crepuscolo del British Raj fino all’indipendenza, dagli anni del ”socialismo” di Indira Gandhi all’attuale fase di deregulation capitalista. Una dinastia industriale che ha dato un supporto fondamentale alla lotta per l’indipendenza condotta da Gandhi e Jawaharlal Nehru. E che, dopo l’indipendenza, ne ha ricevuto il dividendo ”politico”, beneficiando della scelta protezionista imposta all’economia indiana dai governi del Congresso, grazie alla quale il mercato nazionale è rimasto chiuso agli stranieri per favorire i prodotti locali. durata fino all’inizio degli anni ”90, quando è cominciata la deregulation. Ridotte le tutele politiche, il gruppo Tata sembrava ormai avviato al declino. Sotto l’ombrello della holding di famiglia, la Tata Sons, si trovavano infatti oltre 250 società operative guidate da ottuagenari, con un management inefficiente e una gamma di prodotti ormai vetusti. Così, per esorcizzare la crisi, è stato chiamato dagli Usa (dove s’è laureato in architettura alla Cornell University) uno dei pronipoti di Jamsetji, Ratan Tata. Fuori dalla famiglia nessuno avrebbe scommesso una rupia su di lui, un aristocratico bramino di raffinato eloquio, più a suo agio con arte e letteratura che non con industria e finanza. Lo hanno mandato a farsi le ossa alla Tata Steel, operaio fra gli operai degli altoforni. Nel ”91, infine, è diventato presidente dell’intero gruppo. E lo ha profondamente cambiato. [...] ha lanciato il gruppo in nuovi business, dal software alle telecomunicazioni. Un cambio netto ha coinvolto anche Tata Motors, che dai veicoli commerciali è passato anche alle auto e ai Suv. Non più solo basandosi sui vecchi accordi con Daimler Benz ma rischiando in proprio. Come la ”follia” di investire 400 milioni di dollari per produrre una piccola berlina (la Indica, venduta anche in Italia) in un mercato indiano dominato dai modelli Suzuki. Scommessa vinta [...] Così oggi il gruppo Tata appare come uno dei più dinamici dell’intera Asia. [...]» (Giancarlo Radice, ”Corriere della Sera” 23/9/2005).