Corriere della Sera 23/08/2005, pag.37 Eva Cantarella, 23 agosto 2005
L’arma segreta degli Ittiti? Il cavallo. Corriere della Sera 23/08/2005. Verso la fine del terzo millennio a
L’arma segreta degli Ittiti? Il cavallo. Corriere della Sera 23/08/2005. Verso la fine del terzo millennio a.C. comparve in Anatolia (odierna Turchia) una nuova popolazione indoeuropea, che la Bibbia chiama Hittiti. Organizzati originariamente in tribù, gli Ittiti si stanziarono in una regione dalle montagne inaccessibili, coperte di boschi, le cui caratteristiche impedirono lo sviluppo di organizzazioni cittadine paragonabili a quelle mesopotamiche o egiziane. Ma il territorio era ricco oltre che di legname di argento e altri metalli, che gli Ittiti sfruttarono al massimo, sviluppando un’avanzata metallurgia e giungendo per primi a lavorare il ferro, con tecniche di cui i loro fabbri conservarono il segreto per secoli. Con questo metallo, essi costruirono spade leggere e maneggevoli, che sostituirono le antiche, pesantissime armi di bronzo. Ad accrescere le loro già notevoli capacità belliche contribuì un’altra «invenzione», legata all’addomesticamento del cavallo. Giunto in Mesopotamia dalle regioni centrali dell’Eurasia (i primi documenti sumeri che ne parlano risalgono a un periodo tra il 2300 il 2100 a.C.) il cavallo era usato solo come animale da soma. Ma gli Ittiti, aggiogandolo per primi a veloci carri da guerra, si trovarono a disporre di una sorta di arma segreta, che giocò un ruolo importante nella costruzione della loro potenza. Attorno al 1650, infatti, ad opera del re Labarna, nacque uno Stato ittita unitario, con capitale a Hattusas, non lontano dal villaggio moderno di Boegazkoey, vicino ad Ankara, e gli Ittiti iniziarono a espandersi verso la Siria e la Mesopotamia, dando vita a un Impero che attorno al 1530, sotto il re Murshili I, mise fine all’Impero babilonese. Seguì un periodo di declino dovuto a lotte dinastiche e conflitti sociali di cui profittarono i Mitanni, nati dalla fusione degli Hurriti con tribù indoeuropee, che dominarono le regioni tra Anatolia e Mesopotamia sino al momento in cui, dopo il 1500 a.C, il re ittita Telepinu restaurò una forte dinastia. Raggiunto il momento del loro massimo splendore sotto il re Shuppiluliuma (1380-1346 a.C.), gli Ittiti sottomisero il regno dei Mitanni, si impadronirono della Siria settentrionale e raggiunsero le montagne del Libano, dove si scontrarono con gli Egiziani. Il lungo scontro tra le due grandi «superpotenze» del vicino Oriente culminò, poco prima del 1300 a.C., nella battaglia di Qadesh, nell’odierna Siria. Nei documenti egiziani l’esito dello scontro appare favorevole al Faraone, del quale vengono celebrati vittoria e coraggio, in realtà gli Ittiti riuscirono a impedire la conquista di Qadesh. Alla battaglia fece seguito un accordo noto con il nome di «pace eterna», con cui le due potenze si impegnavano a prestarsi reciproco aiuto in caso di attacco da parte di un terzo popolo. Ma la pace non durò a lungo: attorno al 1200 a.C. un’ondata di popolazioni indoeuropee invase e annientò lo Stato ittita. Chi erano questi invasori? Nelle fonti antiche sono indicati come «popoli del mare», in quanto stanziati sulle coste del mediterraneo orientale e nelle isole dell’Egeo. Della civiltà ittita resta il ricordo di una società nella quale accanto agli scribi, ai sacerdoti e ai mercanti, per la prima volta nella storia esisteva una classe di guerrieri di professione, chiamati in lingua ittita maryannu, giovani combattenti. Eva Cantarella