23 agosto 2005
Tags : Luigi. Di Gianni
DiGianni Luigi
• Nato a Napoli il 20 ottobre 1926. Regista. Alla Lucania, la terra della sua famiglia (il nonno magistrato passò molti guai perché si rifiutò di infierire su alcuni contadini accusati di brigantaggio) e poi a tutto il sud, dedica moltissimi documentari nell’arco della sua carriera che parte dal lontano Magia lucana del 1958 (per l’esattezza i primi lavori furono L’arresto, fiction-diploma del 1954 di trenta minuti per il Centro Sperimentale tratto dal primo capitolo del Processo di Kafka, e alcuni brevi originali televisivi, tra cui La frattura del 1957, con Lilla Brignone, Ileana Ghione e Luca Ronconi) per arrivare a La tradizione girato in un paese del Matese. Ampia è anche la produzione tv con lo sceneggiato in due puntate dal Processo di Kafka nel 1978. L’unico lungometraggio di fiction è Il tempo dell’inizio girato tra i Sassi di Matera, Craco e Napoli nel 1974 (Nastro d’argento), e interpretato da Rada Rassimov, Sven Lasta, Claudio Volonté, Milena Vukotic. Tra i progetti non realizzati, e rimpianti dal regista c’è un Don Chisciotte 63 scritto in collaborazione con Cesare Zavattini, e Il Castello tratto dall’amato Kafka. L’editore Squilibri gli ha dedicato nel 2001 Tra magia e realtà - Il meridione nell’opera cinematografica di Luigi Di Gianni a cura di Domenico Ferraro. «[...] Avevo nove anni, siamo in pieno periodo fascista oltre che nel pieno della civiltà contadina, quando mio padre mi condusse a vedere il suo paese di origine. Quando giungemmo a Pescopagano tra la montagna potentina, fui già colpito dai luoghi così diversi da Roma, ma il resto doveva ancora venire. All’ingresso del paese ci fermammo perché era in corso un funerale di straziante bellezza. Una madre accompagnava al cimitero il figlio morto cantando una nenia disperata. Ecco, quell’episodio si ficcò nella mia mente come una bomba emotiva e non mi avrebbe abbandonato mai più. [...] Quando terminai gli studi al Centro sperimentale, tutto volevo fare tranne il documentarista. Ero interessato esclusivamente al film di finzione. Poi mi capitò di leggere su un quotidiano una intervista a Ernesto De Martino che chiese aiuto per una spedizione antropologica in Lucania. Vuoi perché non riuscivo a trovare soldi per il mio lungometraggio di finzione, vuoi per l’interesse che mi suscitò l’intervista, mi aggregai e così nacque la mia passione per il documentario. Girai, nel 1958, Magia lucana, il mio primo corto, e con esso era tornato prepotentemente a galla quell’antico shock infantile del funerale. [...] mi piace osservare ciò che rimane della civiltà contadina [...] Non credo nel falso progresso di questi anni, anzi, mi sembra addirittura una grande tragedia. Il progresso vero esiste solo se viene coltivata, e in modo attivo, la memoria. [...] una ragazza calabrese un giorno si era incazzata perché le avevo chiesto cosa conosceva della tarantella calabrese. Mi rispose: ’nulla, io vado in discoteca’. ’Bene - dissi io - così non ci sto e non ho nulla da insegnarti’. Perché la gente non deve dimenticare la propria storia. E nella povertà del nostro sud, pur così drammatica e che del resto abbiamo contribuito a combattere con i nostri film, c’erano enormi ricchezze. [...] Kafka è un mito per me [...] perché è stato non solo un grande scrittore ma un grande profeta. [...]”» (Michele Fumagallo, ”il manifesto” 23/8/2005).