La Stampa 23/07/2005, pag.26 Marina Verna, 23 luglio 2005
Tags : Anno 1901. Raggruppati per paesi. Germania
La Germania si spacca per le "t" di un balletto. La Stampa 23/07/2005. Berlino. Con quante "T" si scrive in tedesco "balletto" in una parola composta come "Ballett-tänzer", ballerino? Dipende
La Germania si spacca per le "t" di un balletto. La Stampa 23/07/2005. Berlino. Con quante "T" si scrive in tedesco "balletto" in una parola composta come "Ballett-tänzer", ballerino? Dipende. Chi vive a Ulm, sponda sinistra del Danubio, Baden Württemberg, deve scriverlo con tutte e tre le "T", perché così prevede la riforma ortografica che, già in atto da anni nelle scuole e negli uffici pubblici della Germania, dal primo agosto diventerà vincolante. Chi invece vive a Nuova Ulm, sponda destra del Danubio, Baviera, può continuare a scriverlo con due "T" come si fa da secoli. "Numerieren", numerare, diventa nella nuova grafia "nummerieren" perché deriva da "nummer", ma non per i bavaresi. I quali continueranno a scrivere "guidarelabici", "radfahren", anziché staccare nome e verbo. Sono i paradossi di una riforma ortografica che, partita per "far evolvere cautamente la lingua" eliminando cristallizzazioni ormai obsolete, è andata a toccare emozioni profonde, spaccando in due la Germania perché all’ultimo momento 2 dei 16 Länder che compongono il Paese – Baviera e NordReno-Vestfalia – si sono ritirati dall’accordo generale, rinviando di un anno l’imposizione della nuova ortografia, che è già in vigore ma finora non ha comportato, nei compiti degli studenti, l’errore blu se si usa la versione obsoleta. Austria, Svizzera, Liechtenstein e Alto Adige – gli altri Paesi che hanno partecipato ai lavori della Commissione per la Riforma – guardano perplessi: da loro la riforma è in atto senza ribellioni. Il fatto è che la lingua, per i tedeschi, "è" l’identità molto più che per altri popoli, e tanto più ora che hanno perso quell’altro grande simbolo di unità che era il marco. "Deutschland" è "la terra dove si parla duitsch", la lingua delle tribù germaniche installate al centro dell’Europa. L’unificazione linguistica è stato uno dei primi atti che fecero seguito all’unificazione territoriale costruita dal cancelliere Bismarck e culminata, nel 1871, nel grande Reich dell’imperatore Guglielmo I. La prima riforma ortografica, introdotta nel 1876, eliminò tutto ciò che non era tedesco, a cominciare dalla "c" di origine latina, che venne sostituita da "k" o "z". Anche allora le questioni politiche si mescolarono a quelle linguistiche. Per far passare la riforma, Konrad Duden, il fondatore del più importante lessico della lingua tedesca, fece ampie concessioni alle tradizioni della Prussia e chiamò la sua opera Dizionario dell’ortografia scolastica prussiana. Bismarck accettò che la nuova ortografia venisse insegnata nelle scuole, ma pretese che negli uffici pubblici tutto restasse invariato. Soltanto dopo la sua morte, con la seconda riforma ortografica del 1901, la lingua scritta divenne una sola in tutta la Germania. Ora siamo alla terza riforma, e l’ortografia è di nuovo diventata una spada. Se il federalismo culturale, che già consente a ogni Land di decidere i propri programmi scolastici e dunque ha abolito molte memorie comuni, si spinge fino a incoraggiare l’autonomia nella lingua scritta, che cosa resta a tenere ancora insieme i tedeschi? La Germania è stata un mondo uniforme e ordinato - almeno dal punto di vista della lingua scritta – solo per 97 anni: dal 1901 al 1998. In questo tempo tutti hanno gestito dieresi, doppia "S", parola composte, famiglie di parole nello stesso modo, imparando fin da piccoli regole, eccezioni e particolarità. "Lingua tedesca, lingua difficile", dice il proverbio. E non solo per gli stranieri. Della necessità di semplificarla era dunque consapevole la maggioranza del Paese per cui quando la Commissione per la Riforma fissò all’anno scolastico 2005-2006 l’introduzione definitiva delle nuove norme, quasi nessuno fiatò. Sembrava un tempo sufficientemente lontano sia per abituarsi all’idea sia per cambiare in corsa quello che andava cambiato. Ma, come accadde per l’euro, il doppio corso non fu incentivo ad abituarsi alla novità, ma licenza di opporsi alla novità. In questi anni è successo di tutto: un ricorso alla Corte Costituzionale (respinto), un referendum nello Schleswig Holstein che ha sancito l’obbligo di insegnare nelle scuole anche la grafia "obsoleta", un manifesto degli scrittori contrari alle nuove regole, un’anarchia di fatto per cui ognuno scrive un po’ come gli pare. Negli uffici da anni ci sono i nuovi moduli, le case editrici si sono adeguate, ma gli editori di giornali no. Quasi tutti sono schierati sul fronte della tradizione, da quelli colti come Faz, Süddeutsche Zeitung, Spiegel, a quelli popolari di Axel Springer, Bild in testa. E adesso, come faranno gli insegnanti a segnare come errore blu "behende" anziché "behände", se sul giornale che fanno leggere in classe è scritto così? Marina Verna