varie, 27 luglio 2005
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BENEDETTI Carla 1952. Critico letterario. Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Pisa
BENEDETTI Carla 1952. Critico letterario. Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Pisa. Tra i suoi libri: La soggettività del racconto. Proust e Svevo (Liguori, 1984); Una trappola di parole. Lettura del ”Pasticciaccio” (Ets, 1988); Pasolini contro Calvino (Bollati Boringhieri, 1998); L’ombra lunga dell’autore. Indagine su una figura cancellata (Feltrinelli, 1999); Il tradimento dei critici (Bollati Boringhieri, 2002) • «Quando, nel 1998, uscì il suo libro Pasolini contro Calvino, si accese una polemica nelle patrie lettere. I calviniani urlarono alla lesa maestà. Qualcuno parlò di ”maramaldeschi fendenti”, altri di ”uscite terroristiche”. [...] quella che sulle prime era apparsa una provocazione, ora trova una più evidente ragion d’essere. ”Mi interessava fotografare insieme i due scrittori per far risaltare due idee di letteratura opposte, che ancora oggi si scontrano, e due diverse soluzioni di una stessa crisi, in quel periodo che molti descrivono come passaggio dal moderno al postmoderno. E se Pasolini sceglie un rapporto forte con la parola e una colluttazione con la realtà italiana, Calvino opta per un accomodamento, in linea con gli schemi dell’epoca”. Quello che non le piace è ”l’idea indebolita di letteratura” partorita attraverso la ”lunga elaborazione del lutto della modernità”. ”Ma ’impegno’ è una categoria polverosa del rapporto politica-letteratura”. Nel Tradimento dei critici Carla Benedetti ricorre piuttosto al concetto di ”parresìa”, che Foucault riesumò dall’antica Grecia per indicare la verità come ”scontro di poteri per costruire la verità stessa”. Il ”parresiasta” rischia l’impopolarità, lavora in un campo di conflitto. Per questo Benedetti ama molto l’ultimo periodo di Pasolini, il corsaro, il ”parresiasta” che va oltre l’idea sartriana di impegno [...] Oggi la posizione di Pasolini può essere meglio compresa in un’ottica antropologica: ”Chi darebbe del reazionario nostalgico a un aborigeno o a un indiano d’America se accusa la modernità occidentale e le sue distruzioni? In realtà utilizza il passato come momento di critica al presente”. Che lo voglia o no, lo scrittore non può eludere un coinvolgimento nella politica: ” una questione di sopravvivenza”, dice Benedetti, ”oggi uno scrittore che viva con radicalità il proprio lavoro entra per forza in conflitto con la normalizzazione della scrittura: l’imposizione di certi formati, la ’censura’ operata dal mercato, e in generale la restaurazione culturale che stiamo vivendo. Non basta mettere Berlusconi in un thriller. Che impegno è, se poi sei conforme alle richieste del mercato e preoccupato solo della tua piccola carriera? Lo scontro avviene anche dentro la forma, lo stile, la scrittura”. [...] Benedetti non sopporta i critici malinconici, i discorsi apocalittici e generici sulla morte del romanzo, della poesia, dell’autore, di tutta la letteratura... ”Così coprono il confitto che si sta svolgendo nella cultura. Negano che possano esserci scrittori, intellettuali, artisti che non si arrendono a questo stato di cose. E ce ne sono [...] Cosa hanno da dire critici come Romano Luperini a costoro? Che si mettano l’animo in pace, tanto la letteratura è finita? paradossale che Luperini accusi Ferroni di credere ancora nella letteratura. Anche in epoca di restaurazione ci sono scrittori notevoli, ma se si chiude loro la porta in faccia... [...] Berardinelli dice che i politici non hanno tempo per capire il mondo perché sono troppo preoccupati di restare a galla. Verissimo. Ma bisogna dire la stessa cosa anche per editori, recensori, curatori di mostre ecc. Se i politici sono vincolati dal consenso, gli editori e i recensori sono vincolati dalle vendite, dalle classifiche. pieno di funzionari che rischiano di perdere il posto. Scarpa ha parlato di ’book-jockey’, letteralmente ’fantini del libro’, che devono restare in sella, promuovendo sui giornali romanzi convenzionali il cui riscontro è assicurato [...] Sono un fenomeno abbastanza recente, analogo a quello dei sondaggi politici. E quel che stupisce è che sia solo la merce-cultura ad averli. La merce-cultura sottostà agli stessi criteri della politica, è vincolata al riscontro degli elettori-lettori” [...]» (Paolo Di Stefano, ”Corriere della Sera” 27/7/2005).