Varie, 28 maggio 2005
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Walser Martin
• Wasserburg (Germania) 24 marzo 1927. Scrittore • « il più controverso intellettuale tedesco. [...] ha incassato le ire del capo della comunità ebraica in Germania, la difesa di Simon Wiesenthal e di Günther Grass e l’abiura di Elie Wiesel. La storia [...] è tagliata di netto dalla celebre ”predica” dell’ottobre del 1998 contro la ”strumentalizzazione dell’Olocausto”. Questo figlio di locandieri è diventato lo scrittore più acclamato in Germania. Il suo romanzo più celebre, nero e disperato, La morte di un critico, fu al centro di una sanguinosa polemica con il papa della critica letteraria, Marcel Reich-Ranicki. Lo salvano l’individualismo assoluto, l’odio per la psicoanalisi e ”la cultura dell’E-O” (eiaculazione e orgasmo), una lucida visione del declino europeo e una serie micidiale di epigrammi sulla confisca della memoria e la routine del ricordo. Senza, Walser sarebbe uno dei tanti scribacchini di una generazione di tedeschi allarmata solo dal tasso di disoccupazione. Criminalizzato dal Minculpop italiano, ha dovuto rifugiarsi nella vecchia casa editrice dei socialisti, Sugarco. [...] Barocco, a tratti involuto, conservatore apolitico e classicista, Walser ha un solo programma: ”Voglio tenere aperta questa ferita chiamata Germania”. [...] In un passo strepitoso de La morte di un critico Walser scrive: ”Sappiamo che il Medioevo è veramente finito e la modernità è effettivamente cominciata soltanto quando anche nel più diruto anfratto del Caucaso e nel più remoto covo delle Ande nessun uomo è stato più generato con il cosiddetto rapporto sessuale e quando per la prima volta normali cellule corporee sono state trasformate in cellule staminali”. [...] Ha scritto un libro, L’amministrazione del nulla (2004), in cui scrive che anche il nichilismo è stato ridotto a niente ed è ”ormai roba da università”. ”Ogni europeo vive, di volta in volta secondo la sua formazione, tradizione e storia. Egli non sarebbe nulla, senza le tradizioni europee. Se io non avessi letto a tempo debito, cioè prima di avere diciotto anni, Dostoevskij, Pascal, Strindberg e Hölderlin, sarei un altro uomo, sarei forse incline a quella banalizzazione del problema che si chiama oggi nichilismo. L’Hölderlin di ”voi che siete in tutto e per tutto affermati dal nulla che domina sopra di noi’. Ho sperimentato come il potere viene esercitato nelle nostre società. Le tradizioni ormai sono state relativizzate. Dalla religione cattolica passando per Dostoevskij, Heidegger, fino all’esperienza quotidiana nei rapporti con gli uomini”. Walser è uno dei pochi in Germania a denunciare le maglie inquisitorie del laicismo: ”L’intolleranza viene da coloro che non sentono la necessità di dubitare del loro essere buoni e migliori. Questa è l’eredità del modo di pensare che si definisce di sinistra. Nel passato era ancora forse comprensibile, che uomini che si sono battuti tutti i giorni per la giustizia, si ritenessero migliori di quelli contro i quali conquistarono combattendo ogni giorno i diritti umani. Nel frattempo abbiamo soltanto a che fare con gli eredi di queste lotte e di questi combattenti. I diritti sono conquistati. Non vengono più messi in dubbio. Si discute ancora soltanto su chi amministri meglio questi diritti. Ma gli eredi della sinistra si proclamano luogotenenti dell’illuminismo. Nel programma dell’illuminismo la tolleranza era qualcosa di assolutamente sostanziale. Ora, ecco la mia esperienza: [...] non ho mai incontrato un’intolleranza così militante come nei laicisti e nelle persone di sinistra, che si definiscono oggi anche liberali e si sentono eredi dell’illuminismo”» (Giulio Meotti, ”Il Foglio” 16/11/2005). «[...] polemista e provocatore politico [...] accanto a Günter Grass e Heinrich Böll si rivelò come uno dei più importanti scrittori tedeschi del dopoguerra. La stessa maestria della lingua, gli stessi temi di un tempo: la passione e gli inevitabili sensi di colpa, il desiderio che brucia e il confortante tepore del letto matrimoniale. Le polemiche cominciarono [...] In un discorso nella Paulskirche di Francoforte, dove gli era stato assegnato il premio dei librai tedeschi, Walser associò ad Auschwitz parole che nessun tedesco aveva mai pronunciato prima (clava morale, strumentalizzazione, minaccia, pietra sopra) accendendo un dibattito che non si è mai spento, tra accuse, risentimenti, malintesi, emotività e la sua voglia ossessiva di farsi giustizia da solo. Le frasi incriminate del discorso erano sostanzialmente due. La prima: ”Auschwitz non si adatta a diventare una minaccia di routine, un mezzo di intimidazione o una clava morale utilizzabile in qualsiasi momento, e nemmeno come esercizio obbligatorio”; la seconda: ”Quando ogni giorno il passato mi viene continuamente messo davanti nei giornali e alla televisione, noto che qualcosa in me si difende contro questa presentazione incessante della nostra vergogna, e invece di essere grato comincio a guardare dall’altra parte”. Guardare dall’altra parte, wegschauen, è di per sé una parola che ha un grande potere evocativo perché viene usata per dire come guardassero dall’altra parte i tedeschi quando gli ebrei venivano portati via. Walser ha sempre sostenuto di esser stato mal capito. Ma non ha mai perso un’occasione per gettare olio sul fuoco. [...] pubblicò Morte di un critico, un libro che fu subito accusato di essere pieno di cliché antisemiti, tanto che la ”Frankfurter Allgemeine” rifiutò di pubblicarne un’anticipazione. Il critico preso di mira da Walser, che fa il bello e il cattivo tempo nella letteratura tedesca e da tempo stroncava i suoi libri (ma anche quelli di Grass, e di tanti altri) è un ebreo sopravvissuto all’Olocausto. Da allora Walser è stato accusato di antisemitismo. Una accusa peggiore, per un tedesco, non c’è. [...] ”Lei non sa quanti giovani ancora oggi mi raccontano che arrivano per la prima volta in Francia, magari per una partita di calcio, e si rendono conto per la prima volta di essere tedeschi, prima di tutto tedeschi. Io mi ricordo di quando me ne resi io conto per la prima volta, in Italia, piansi” [...]» (Vanna Vannuccini, ”la Repubblica” 28/5/2005).