Il Sole 24 Ore 07/05/2005, pag.12 Fernando Mazzocca, 7 maggio 2005
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I Canova dell’Ermitage
Le follie degli Zar per avere i Canova. Il Sole 24 Ore 07/05/2005. Questo straordinario Museo possiede la più alta concentrazione di marmi di Canova, quindici, tra cui alcuni dei suoi più acclamati capolavori. Queste statue, il cui abbagliante candore è determinato anche da una continua e attenta manutenzione, tolgono il fiato in una delle sale più maestose e frequentate dell’Ermitage: la cosiddetta Galleria della storia della pittura antica, magnificamente ornata con motivi di gusto neorinascimentale (secondo l’inclinazione di un gusto iniziato quando la grande Caterina fece riprodurre a encausto e nelle dimensioni degli originali le decorazioni raffaellesche delle Logge Vaticane) e con vasti riquadri che illustrano la storia della pittura antica. Caterina II, ma anche il suo nipote e successore Alessandro I, era ossessionata dall’idea di avere Canova alla propria corte. Ma, come sappiamo, lo scultore - che non sapeva vivere e lavorare se non a Roma a contatto con l’antichità - rifiutò sempre simili proposte. E seppe dire di no, senza tante storie, anche allo stesso Napoleone. La popolarità dello scultore in Russia, sin dalla fine del XVIII secolo, era enorme e destinata a crescere, alimentata dai resoconti dei viaggiatori e dai grandi collezionisti, spesso diplomatici, che cercavano di raggiungere le sue opere. Mecenati e magnati, dalle ambizioni e dalle possibilità economiche senza limiti, come Ivan Suvalov, Andrej Razumovskij, Nicolaj Rumiancev e il principe ambasciatore Nikolaj Jusupov. Quest’ultimo, proprietario di una straordinaria galleria di quadri e spesso intermediario per gli acquisti di opere d’arte che la zarina fece in Italia, fu sicuramente il più fortunato. Anche se non riuscì a portare Canova a San Pietroburgo, gli divenne amico ed ebbe da lui due pezzi straordinari che oggi di trovano all’Ermitage: il gruppo popolarissimo di "Amore e Psiche giacenti" del 1796-96, una seconda versione modificata di quello del Louvre ricavata dal modello in gesso ora al Metropolitan Museum di New York, e il seducente "Amorino alato" del 1793-97. Prima di raggiungere il museo nel 1926 questi due capolavori ebbero una vita movimentata, quando furono salvati (ma con gravi fratture poi ricomposte delle fragili giunture di Amore e Psiche) da un grande incendio che devastò la villa di Archangel’skoe dove erano collocati e trasferiti in un altro palazzo degli Jusupov sulla riva della Moika. Ma il vero colpo grosso fu messo a segno da Alessandro I che, entrato nel 1815 con l’esercito russo a Parigi dopo la sconfitta di Napoleone, riuscì ad acquistare dagli eredi dell’imperatrice Giuseppina, appena defunta, ben 38 dipinti della celebre collezione raccolta alla Mailmaison, offrendo una cifra enorme (900mila franchi) che non si poteva davvero rifiutare, ma solo se vi fossero compresi quattro superlativi marmi di Canova. Così il "Paride", la "Ebe", la "Danzatrice con le mani sui fianchi", l’"Amore e Psiche" raggiunsero, prima di tutte le altre sculture canoviane, l’Ermitage. Non senza rischi, come quando si movimentano le statue, dato che Ebe ed in particolare Paride subirono gravi danni a causa del rullio e della scarsa solidità dell’imballaggio durante il lungo trasporto via mare sulla fregata Arcipelago. Per una fortunata coincidenza altri due capolavori della collezione dell’imperatrice francese si ricongiungeranno a quelli già presenti. La seconda versione della "Maddalena penitente" e un opera simbolo dell’arte canoviana e del Neoclassicismo il gruppo delle "Grazie" (in questo caso la prima redazione del 1812-16), rimasti in mano del figlio di Giuseppina Eugenio de Beauharnais, raggiunsero nel 1845 la Russia, quando il suo erede Massimiliano sposò la figlia di Nicola I, la granduchessa Maria Nikolaevna. Il loro passaggio al museo risale al 1901 e 1922. Intanto vi erano stati trasferiti nel 1850 la "Testa di genio funebre" , appartenuta a Rumiancev, nel 1859 le teste di Napoleone, di Elena e di Paride, dalla collezione di corte, nel 1866 dal Giardino d’Estate di San Pietroburgo l’"Orefo", una straordinaria opera giovanile, nel 1925 infine due marmi, non autografi, ancora della Maddalena penitente dalle stanze del Palazzo d’Inverno abitate dall’imperatrice e la testa ideale di "Venere Italica" proveniente dalla collezione Suvalov. Attraverso questi passaggi, come una serie di apoteosi che consacravano sempre di più la fama di Canova, si compose un vero Olimpo di marmo dove l’arte dello scultore è coerentemente consacrata da esempi del genere grazioso, assenti invece le figure eroiche. Fernando Mazzocca