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 2005  maggio 11 Mercoledì calendario

CICCONI Umberto. Fotografo. Di Craxi (esperienza raccontata nel libro Segreti e misfatti, Sapere 2000)

CICCONI Umberto. Fotografo. Di Craxi (esperienza raccontata nel libro Segreti e misfatti, Sapere 2000). «[...] fotografo ”personale” - ”e non ufficiale” ci teneva a dirlo - di Craxi [...] per anni ministri e poveracci si sono rivolti a Cicconi come il mezzo migliore per arrivare diritti al cuore di Bettino. Da un giorno all’altro, diffidente com’era, Craxi ha deciso di fidarsi solo di lui. Lo sta a sentire, eccome, ma lo stuzzica anche; si lascia consigliare, però gli fa scenate da padre-padrone, e tuttavia anche lui ne subisce - davanti a Berlinguer, davanti a Gava - da quel ragazzo con il ciuffo, il sorriso furbo e la Leika a tracollo, già venditore di bibite sulla spiaggia di Ostia. Gli racconta, Bettino, dei suoi primi finanziamenti e finanziatori (Rizzoli, Monti, Rusconi). Dell’appartamento, rifiutato, che gli voleva regalare Ligresti. E di Berlusconi [...] Bettino gli racconta la politica, la sua missione. In poche parole lo adotta, lo impone in famiglia (la sorella di Umberto diviene poi la moglie di Bobo), al partito, al governo. Ma è possessivo, dispettoso, generoso, malinconico. [...] ”Mi chiedeva continuamente di raccontargli le mie avventure sentimentali, spesso era lui a segnalarmi una ragazza che mi guardava con insistenza, o mi incitava”. [...] molto Craxi concede al suo fotografo: per lui Cicconi è insieme figlio, amico, assistente, servitore, oltre che guardiano della sua stessa immagine che si fa icona, necessitato intermediario di un narcisismo che giusto in quegli anni procede di pari passo alla crescente spettacolarizzazione del comando e della vita pubblica. Per mestiere Umberto ha sempre gli occhi addosso al leader, deve cogliere l’attimo, lo mette in posa, cura gli sfondi, nota le trasformazioni. Ma al tempo stesso - e non è mestiere, ma affetto, e interesse, e dovere, e tante altre cose complicate - si lascia svegliare nel cuore della notte per riferire chi si droga nel Psi, regala a Bettino romantiche sahariane, gli va a spiare Martelli e gli emissari di Occhetto al ristorante, fotografa le targhe dei pullman al congresso di Bari per capire da dove viene la claque dei nemici di Craxi. Arriverà a darsi da fare per vendere Gbr, la tv di Anja Pieroni. A trafugare, su comando di Bettino, un sacco di carte dentro degli scatoloni. E un triste Natale è spedito a Milano a organizzare una ”campagna” di scritte sui muri: ”Viva Craxi, Bettino torna”. Ma intanto si gode fino in fondo la stagione delle vacche grasse. Il leader, l’immagine e il suo mezzo, cioè lui. una simbiosi, un transfert, un cortocuircuito. Al culmine della gloria e dell’opportunismo adulatorio, tra il Raphael e Palazzo Chigi si sparge addirittura la voce che Cicconi porta fortuna, tanto che il povero Gabriele Cagliari, nell’affidargli la copertura fotografica di un convegno dell’Eni, l’avvisa: ”Non far caso se qualcuno ti tocca”. All’estero Umberto scatta e riscatta, ribaldo e spericolato: e una volta la guardia di Arafat sta per fargli la pelle, un’altra Andreotti lo salva da un pestaggio del Kgb, e un’altra ancora il presidente italiano riesce in extremis a evitare che Umberto immortali lui, Reagan, Kohl e Nakasone, tutti in fila contro la parete del gabinetto di un G7 a fare la pipì. [...] di colpo, ecco stanze segrete insonorizzate (nell’ufficio di Piazza Duomo), e siringhe d’insulina; dossier e avvertimenti dei servizi segreti, inchieste, arresti, suicidi, crisi di bulimia, fax avvelenati, telefoni sbattuti contro il muro, zizzania di partito, intrighi d’albergo, d’aeroporto. La paura, la rabbia. Una sera lo sfottono e fa a botte in un ristorante. Il cassiere del Psi, Balzamo, lo scongiura di andare da Craxi: non ce la fa più. la fine del regno, il crollo del craxismo, l’ombra di un potere che si scopre feroce, puerile e megalomane [...] Il pianto a dirotto di Craxi, avvolto in un barracano, su un terrazzo tunisino: ”Si avvicinò con la sua grande testa sulle mie spalle e io l’abbracciai”. La stanchezza, la noia di Hammamet, ”l’ultima foto che scattavo in vita mia” a un corpo rattrappito in una cella frigorifera: ”Da quel giorno non ho più usato una macchina fotografica”. I funerali con un collega fotografo che al cimitero casca nella fossa e forse anche Bettino ne avrebbe riso. [...]» (Filippo Ceccarelli, ”la Repubblica” 11/5/2005).