Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  aprile 21 Giovedì calendario

CENCELLI Massimiliano. Nato nel 1936. «’Ah, Cencelli. Ma è suo padre l’autore del famoso codice?”

CENCELLI Massimiliano. Nato nel 1936. «’Ah, Cencelli. Ma è suo padre l’autore del famoso codice?”. Metà anni ’90, Silvio Berlusconi riceveva a Palazzo Chigi Massimiliano Cencelli, che all’epoca curava le pubbliche relazioni del San Raffaele. ”Presidente, in verità l’autore sono io in persona”, fu la risposta bruciante. Toccò a Gianni Letta completare la rettifica: ”Manuale, presidente, non codice”. [...] la Treccani che ha la voce ”cencellizzare”, e la Garzantina ”Cencelli-manuale”. [...] formule, calcoli e calcoletti che, tenendo conto dei pesi delle correnti e degli spostamenti che man mano avvenivano, dovevano ispirare le nomine all’interno della Dc e le designazioni governative. Una quindicina di rompicapo ambientati in momenti storici diversi. E guai a sbagliare i conti: ”[...] Pandolfi mi ha detto che perse Palazzo Chigi per colpa mia. Stava andando da Pertini per sciogliere positivamente la riserva, ma i conti non gli tornarono e nel tragitto decise di rinunciare”. Come è noto il manuale non è che goda di buona fama: evoca la lottizzazione, il potere gestito con le alchimie. [...] ”Mio nonno da parte di madre lavorava in Vaticano con Leone XIII, mio padre era l’autista personale di Pio XII, immaginava per me un lavoro in Vaticano e mi affidò al direttore dell’’Osservatore Romano’, Raimondo Manzini. Ma la mia passione era la politica, e quindi fu lo stesso Manzini a presentarmi a un giovane deputato di Cuneo, Adolfo Sarti, del quale divenni capo della segreteria. Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani, fondò al congresso di Milano la corrente dei ’pontieri’, cosiddetta perché doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra. Ottenemmo il 12% e c’era da decidere gli incarichi in direzione. Allora io proposi: se abbiamo il 12%, come nel consiglio di amministrazione di una società gli incarichi vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di partito e di governo in base alle tessere. Sarti mi disse di lavorarci su. In quel modo Taviani mantenne l’Interno, Gaspari fu sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa, Sarti al Turismo e spettacolo. La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo Sarti, che amava scherzare, rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni: chiedetelo a Cencelli [...] I capi corrente una volta saputi quali e quanti erano gli incarichi spettanti indicavano i nomi. Ora c’è chi rimpiange quel manuale che metteva d’accordo tutti, ma tutti in fondo continuano ad applicarlo [...] I governi cadevano perché non c’era una maggioranza stabile. Io resto fautore del proporzionale e dei partiti di un tempo che avevano una loro democrazia interna, una base, degli organismi direttivi. Oggi i candidati chi li indica? E a chi rispondono?” [...] C’era una classifica anche per i ministeri? ”Certo. In testa c’era l’Interno per il potere che esercita. Poi il Tesoro, per il collegamento con le banche, quindi veniva la Difesa, per il prestigio, e le Poste, soprattutto per le assunzioni”. E l’ultimo?
’Il Turismo e spettacolo”. Un ministero quanti sottosegretari valeva? ”Grosso modo tre [...] Cesare Salvi, quando Massimo D’Alema formò il governo e fu accusato di aver applicato il manuale Cencelli, mi chiese la formula. Gli spiegai che non c’è una vera formula, che va applicato di volta in volta” [...]» (Angelo Picariello, ”Avvenire” 25/7/2003).