Varie, 13 aprile 2005
Tags : Daniel Spoerri
Spoerri Daniel
• Galati (Romania) 27 marzo 1930. Artista. «Verso la fine degli anni Cinquanta un giovane ballerino zurighese, Daniel Spoerri, abita a Parigi in un piccolo albergo, l’Hotel Carcassonne, nella stanza numero 13. Gli amici che vanno a trovarlo restano stupefatti: come in un sogno vagamente minaccioso, gli oggetti d’uso quotidiano - dalle forbici alla caffettiera, dalla casseruola a un pezzo di pane - sono inchiodati a una tavola di legno, la tavola a sua volta è inchiodata a una sedia, e la sedia è attaccata orizzontalmente alla parete. Quella stanza e le sue strane suppellettili, che l’autore chiama “quadri trappola” perché intrappolano il caso, sono destinati a un lungo viaggio. Amico di Duchamp, di Tinguely, della musa dei surrealisti Meret Oppenheim, Spoerri, rumeno cresciuto un Svizzera, diventa presto un artista di rilievo internazionale. Tra i primi firmatari del movimento del Nouveau Réalisme che raccoglie l’eredità dei dadaisti, nel ’59 inventa le Editon MAT che propongono multipli d’artista (aderiscono Jean Arp, Christo, Vasarely e molti altri), poi all’inizio degli anni Sessanta partecipa all’esperienza di Fluxus con Roland Topor, con il quale realizza una serie di cartoline postali dal titolo I mostri sono inoffensivi. [...] le sue opere sono esposte nei musei più importanti del mondo, così come si sono moltiplicate tra Europa e Usa le sue istallazioni pubbliche e le performance, comprese quelle di “eat art”, una sua particolare invenzione di gastronomia artistica. Ma il viaggio più significativo la Stanza numero 13 dell’Hotel Carcassonne e i “quadri trappola” l’hanno fatto in Italia, in un luogo misterioso e suggestivo sulle pendici del Monte Amiata, tra boschi e sorgenti, nebbie mattutine e praterie fiorite, in località Seggiano. È qui che, appoggiata su un prato, comletamente fusa in bronzo, Spoerri ha ricostruito la sua mansarda di allora, che è diventata il fulcro di un particolare museo all’aperto, dove la natura e la botanica sono le strutture portanti dell’arte: il Giardino di Daniel Spoerri [...]» (Elisabetta Rasy, “Sette” n. 28/2000).