Varie, 2 aprile 2005
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GUARNERI Aristide Cremona 7 marzo 1938. Ex calciatore. All’Inter dal ’58/59 al ’66/67 e poi nel ’69/70: ha vinto tre scudetti, due coppe Campioni e due coppe Intercontinentali Nel ’67/68 ha giocato col Bologna, nel ’68/69 col Napoli
GUARNERI Aristide Cremona 7 marzo 1938. Ex calciatore. All’Inter dal ’58/59 al ’66/67 e poi nel ’69/70: ha vinto tre scudetti, due coppe Campioni e due coppe Intercontinentali Nel ’67/68 ha giocato col Bologna, nel ’68/69 col Napoli. Ventuno presenze e un gol in nazionale, campione d’Europa nel 1968. «[...] era bello, alto e forte e parlava il dialetto cremonese. Era un stopper gentiluomo che giocava d’anticipo. Era, scrivevano i giornali, un ”elegante baluardo della difesa dell’Inter mondiale”. Quella difesa è rimasta nella memoria ed è diventata nenia, scioglilingua, formula magica: Sarti-burgnich-facchetti-tagnin-guarneri-picchi. [...] ”Ho guadagnato bene all’Inter. E poi al Bologna e al Napoli. Sono stato un buon giocatore. Anche fortunato. Ho esordito nell’Inter e abbiamo vinto otto a zero con cinque gol di Angelillo. Contro la Spal. Dall’altra parte c’era il mio amico Saul Malatrasi di Rovigo che ha poi vinto una coppa Intercontinentale con noi e una con il Milan. Ho esordito in Nazionale contro il Brasile di Pelè. Eh, Pelè, il più bravo di tutti. Ho fatto un solo gol in azzurro, a Jascin. Il massimo”. Racconta le sue prime volte. A Como: ”L’allenatore era l’argentino Ugo Lamanna, molto serio, forse esagerato. Mi ha aiutato a diventare uomo. Mi ha fatto giocare in un’amichevole quasi per caso. Non sono più uscito... [....] Como era una città piena di tentazioni, il lago, le belle ragazze, la possibilità del divertimento. Eravamo nel 1957 e i ritiri dovevano essere ancora inventati, al sabato sera tornavamo a casa con la corriera e il treno. Tre però avevano la macchina e, naturalmente, la patente. Sa cosa faceva Lamanna? Si faceva consegnare le patenti, così era sicuro che non sarebbero usciti in macchina per le strade del lago in cerca di compagnie. Uno se l’è tenuta e l’allenatore lo ha lasciato fuori. Così sono entrato, sono stato confermato e ho cominciato a guadagnare i primi soldi... [...] Io sono stato povero, molto povero. Facevamo la fame, mio padre Giuseppe era uno scultore... [...] In casa avevamo una bicicletta, serviva soprattutto a papà per andare a caccia e portare a casa fagiani e lepri. Con quelli ci sfamava, se non c’era lui con la caccia, con il bronzo mangiavi poco... Ogni tanto veniva qualcuno a chiedere ferro, lui nascondeva, legava la bicicletta sotto il letto. Vita agra, anche dopo la guerra. Papà faticava ad andare avanti e a quattordici anni sono andato a lavorare con mia sorella che aveva una bancarella di verdure” [...] la sua carriera, dell’Inter, dei primi momenti, del passaggio da terzino a stopper. ”L’allenatore era il dottor Giulio Cappelli, in un derby lo stopper Cardarelli si era fatto fare quattro gol da Altafini e uno l’avevo salvato io sulla linea. Cappelli disse ad Invernizzi: ’Non posso ripresentarmi a San Siro con Cardarelli, i tifosi ci mangiano. Giochi tu, Invernizzi’.
Lui era titubante: ’Dutur, metta stopper il Guarneri, è giovane e svelto e sa marcare bene’. Diventai il centrale della difesa [...] Herrera ha cambiato le nostre vite e il nostro modo di fare calcio. Era furbo, astuto, istrione, motivatore. Incontravi il Real Madrid e a Burgnich diceva: ’Non preoccuparti di Gento, è velocissimo. Ma solo nei primi minuti, poi piano piano lo prendi’. Difendeva i giocatori. Sempre, davanti a tutti. Chiudeva gli spogliatoi, ci faceva allenare dentro, preparava la partita, non voleva che nessuno ci vedesse”. Una domenica giocano contro la Juventus. Racconta Aristide. ”Siamo tutti dentro, sudati per il riscaldamento. Bussano alla porta. Il Mago chiede: ’Chi è?’. ’Sono Niccolò Carosio’. ’Ah, e cosa vuoi?’. ’Fammi entrare...’. Herrera apre piano la porta: ’E allora?’. Carosio si toglie il cappello: ’Mi serve la formazione...’. Il Mago lo squadra sospettoso: ’Perché devo dartela? Perché?’. ’Lo sai, Helenio, per la telecronaca, la registriamo subito, va in onda alle sette’. Il Mago sempre più guardingo: ’La Juve te l’ha data la formazione?’. Niccolò sorride soddisfatto e gli mostra un foglio scritto a mano: ’Eccola’. A quel punto Helenio gli strappa il foglietto se lo mette in tasca e chiude la porta in faccia a Carosio: ’Grazie, amigo’. Poi con un ghigno: ’Vediamo come giocano questi...’”» (Germano Bovolenta, ”La Gazzetta dello Sport” 2/3/2005).