Varie, 26 marzo 2005
Tags : Piergaetano Marchetti
MARCHETTI Piergaetano Milano 30 novembre 1939. Notaio. Presidente Rcs (dal luglio 2004). Giurista e professore dell’Università Bocconi, notaio di fiducia di diverse società (quotate e non), è consigliere Generali e presidente del patto di sindacato Mediobanca» ("Corriere della Sera" 16/7/2004) • «Per anni si è mosso dietro le quinte
MARCHETTI Piergaetano Milano 30 novembre 1939. Notaio. Presidente Rcs (dal luglio 2004). Giurista e professore dell’Università Bocconi, notaio di fiducia di diverse società (quotate e non), è consigliere Generali e presidente del patto di sindacato Mediobanca» ("Corriere della Sera" 16/7/2004) • «Per anni si è mosso dietro le quinte. Mente fina, ispiratore “occulto” di tante leggi che hanno rinnovato la finanza italiana, vicinissimo all’ex-via Filodrammatici ma anche ascoltato consulente di Bankitalia e Consob» (e.l., “la Repubblica” 22/3/2003) • «Con due nonni su quattro di religione ebraica, un terzo cattolico e l’altro protestante, Piergaetano Marchetti non poteva che riuscire così: equilibrato, razionale. E laico. Con un pro-zio beato della Chiesa, il camilliano Enrico Rebuschini, ecco spiegata un’altra caratteristica: l’assoluto rigore morale. Mai un pettegolezzo, mai un gossip diffamatorio, mai una voce calunniosa su di lui. Per uno che dell’alta finanza italiana ha visto tutto, un’assoluta eccezione. Un marziano? O piuttosto un limpido ma muto “uomo in grigio”, insomma: un notaio? “Né l’uno nell’altro. Con tutto il rispetto per la categoria, Marchetti è ben di più di un notaio” dice di lui uno di quei grandi azionisti che lo hanno voluto prima presidente del patto di sindacato di Mediobanca e poi […] presidente della Rcs. “Marchetti è un arbitro, anzi, meglio ancora, è un’Authority in se stesso, ma un’Autorithy davvero indipendente”. Nel campo minato e sterminato del diritto societario, l’indipendenza e il rigore, se si uniscono alla competenza tecnica, possono portare lontano. E infatti lontano hanno portato […] nei successi e anche nelle rogne: più rogne di quante un uomo di pace possa augurarsi, se è vero che non ama né gli intrighi né i contrasti, pur essendo sistematicamente chiamato a dirimere i primi e sedare i secondi. […] Milanese, anche se la famiglia è originaria di Cremia, nell’alto lago di Como […] Marchetti “non la schiaccia giù dura”, come direbbe lui stesso, che non tralascia ogni tanto qualche espressione milanese. Non giovanilista né particolarmente giovanile nel fisico, moderatamente interista [...] il notaio dell’alta finanza e pro-rettore della Bocconi ha fatto il liceo Parini […] Un bell’ambientino, competitivo: di quelli tutto versioni dal greco al latino, una formazione tosta, una laurea ben presa, studio, studio e ancora studio. Nella sua vita non ci sono mai stati sabati o domeniche inviolabili e ancora oggi la sua giornata tipo è scandita in tre immancabili fasi: università, studio, Rcs. Senza fretta e senza riposo. Caratterialmente, Marchetti è un prudente ottimista, un riformista conservatore. Chi lo conosce bene non lo definirebbe mai un “uomo di potere”, né tantomeno di “sottopotere”: uno neanche se lo immagina ad accalorarsi al telefono per raccomandare l’assunzione di un direttore, come di una segretaria. E non a caso del potere non coltiva né simboli né liturgie. Il suo ufficio al settimo piano di un palazzo che guarda le guglie del Duomo di Milano ha quel tanto di demodé nell’arredo che parla di anni Ottanta se non Settanta. Non gli si conoscono ville di lusso o grandi barche, non gioca a golf, veste in modo professionalmente anonimo. Non fa vita mondana, non gigioneggia come tanti altri suoi colleghi importanti, e perfino qualche suo illustre amico. Eppure… Eppure il potere delle regole, e della loro applicazione imparziale, è un superpotere, è molto più di un “potere forte”: è un potere ineludibile, che gli appartiene per intero. “Ci vuole Marchetti” hanno convenuto i grandi soci Rcs, d’accordo almeno su di lui. E, secondo una voce esperta dell’uomo e dei suoi metodi, “Piergaetano sa cosa può far convergere i 16 soci di controllo, conosce il minimo comun denominatore: che la casa di cui sono comproprietari sia autorevole, abbia peso, sia ben gestita e renda”. “Il suo ragionamento è semplicissimo: in Italia ci sono un grande quotidiano in una grande casa editrice e una grande banca d’affari. Sono due asset istituzionali che per il bene del Paese vanno tenuti nella condizione di fare al meglio il proprio mestiere, senza attriti interni che ne comprimano le potenzialità e aiutino la concorrenza. Lui è lì per garantire che il manovratore non venga disturbato e rispetti le regole”. Hai detto niente. In linea con il suo generale understatement, Marchetti, in tanti anni vissuti da “ago della bilancia”, non ha mai lamentato pressioni politiche insostenibili o ingerenze violente: né sul terreno bancario né su quello editoriale. […] La chiave dell’uomo sta nell’indipendenza. “Sto bene, non ho accumulato fortune, ma non mi manca niente” confida agli amici, le rarissime volte in cui si parla di questi temi “Ho avuto molte soddisfazioni, conosco il mio mestiere. Insomma, ho tutto quel che serve per essere indipendente”. E non ha hobby, o vizi, compromettenti o particolarmente costosi. La sua unica vera passione extra professionale sono i libri: ha una biblioteca sterminata, qualcosa come 80 metri lineari di libreria a tutta altezza, metà in città e metà in campagna, nata sul ceppo della libreria familiare, che naturalmente non ha letto tutta ma ha pazientemente e amorevolmente messo insieme e sistemato con metodo e cura. Lavoro e letture, letture e lavoro: salvo eccezioni davvero rare, e salvo gli impegni di famiglia, la moglie Ada Gigli, docente di storia del giornalismo alla Statale, la figlia maggiore […], infettivologa al Sacco, e il secondo figlio […] notaio anche lui. Lo stesso Marchetti è figlio d’arte. Il padre Carlo ebbe il suo quarto d’ora di celebrità come “signor no” nel Lascia o raddoppia? televisivo di Mike Bongiorno, 191 puntate che cambiarono il costume degli italiani e rilanciarono il ruolo del notaio. E fu rispondendo senza mai sbagliare ai più astrusi quiz giuridici che Marchetti, nella prima parte della sua vita professionale, fino a 36 anni, lavorando a tempo pieno all’Università Bocconi, si fece notare dai colleghi. Fu in Bocconi che lo individuò Ariberto Mignoli, il grande civilista […] che ha praticamente inventato il patto di sindacato di Mediobanca, coinvolgendo Marchetti nella progettazione; e tramite Mignoli arrivò il sodalizio con Guido Rossi, che lo volle come superconsulente nella creazione della Consob. Attraverso la doppia esperienza di Mediobanca e della Consob lo conobbe Mario Draghi che, da direttore generale del Tesoro, lo volle dal ’93 al ’96 nel Comitato per le privatizzazioni. Quindi Mignoli e Rossi prima, Draghi poi, hanno visto nel “personaggio Marchetti” quell’insieme di caratteristiche (professionalità, indipendenza, equilibrio, mediazione, estraneità a lobby e fazioni) che lo hanno proiettato fin dov’è oggi. Caratteristiche molto utili per sopravvivere nell’editoria, passione di sempre, intellettuale e giuridica, per Marchetti. Nel 1970 scrisse, sulla “Rivista delle società” diretta da Mignoli, il saggio “A proposito delle concentrazioni di imprese giornalistiche” sostenendovi che nell’informazione la concentrazione delle imprese presenta rischi che vanno al di là dei puri aspetti di monopolio (un altro terreno che ha attirato i suoi studi giuridici). Il miglior commentario della legge sull’editoria, la famosa 416 del 1981, porta la firma sua e di Nicolò Lipari. Poi ancora gli studi della moglie, la carissima amicizia con Giorgio Fantoni e Massimi Vitta Zelman (gli editori di Skirà) ulteriori fattori che fanno oggi del “Marchetti editore” un uomo realizzato. […] si è formato come lettore in erba sulla “Gazzetta dello sport”; ogni giorno guarda, “come ogni intellettuale che si rispetti”, “Il Foglio” e “Il Riformista”; a periodi ha scelto “La Repubblica” e “Il Giornale”; e consulta spesso “Le Monde”, il “New York Times”, e il “Frankfurther Algemeine Zeitung”, nelle tre lingue che conosce meglio, appunto francese, inglese e tedesco. E ai modelli internazionali guarda molto anche nell’immaginare le strategie di lungo periodo della Rcs. […]» (Angelo Curiosi “Panorama” 31/3/2005).