è, 9 marzo 2005
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BETHE Hans. Nato a Strasburgo (Francia) il 2 luglio 1906, morto a Ithaca (Stati Uniti) il 6 marzo 2005
BETHE Hans. Nato a Strasburgo (Francia) il 2 luglio 1906, morto a Ithaca (Stati Uniti) il 6 marzo 2005. Fisico. «[...] uno dei giganti della fisica del Novecento [...] è stato uno dei padri della prima bomba atomica ed è stato insignito del premio Nobel per la fisica nel 1967 per la scoperta della produzione di energia nelle stelle (’per il suo contributo alla teoria delle reazioni nucleari e in particolare per le sue scoperte concernenti la produzione di energia nelle stelle”, recitava la motivazione dell’Accademia di Svezia). All’inizio degli anni Trenta aveva lavorato a Cambridge con Ernest Rutheford - lo scopritore della struttura dell’atomo e premio Nobel per la chimica nel 1908 -, poi con Enrico Fermi a Roma, il grande fisico italiano con cui collaborò in seguito, agli inizi degli anni Quaranta, nei laboratori segreti di Los Alamos dove venne messa a punto la bomba atomica. Ma, dagli anni Sessanta in poi, Bethe divenne un critico della proliferazione delle armi nucleari. Hans Albrecht Bethe, che era nato il 2 luglio 1906 a Strasburgo - allora territorio tedesco -, fu costretto a lasciare la Germania, in seguito alle persecuzioni naziste perché era figlio di madre ebrea. Dopo aver condotto ricerche nelle università di Francoforte, Stoccarda e Monaco di Baviera, ottenne la cattedra di fisica all’università di Tubinga, che gli fu poi tolta dalle persecuzioni antiebraiche del regime di Hitler. Da qui la decisione di trasferirsi in Inghilterra, insegnando dapprima a Manchester e poi a Bristol.Nel 1938 Bethe formulò la teoria che spiega la produzione di energia all’interno delle stelle come il Sole mediante reazioni nucleari, identificando il cosiddetto ciclo del carbonio. Diventato cittadino degli Stati uniti, negli anni Quaranta ha contribuito allo sviluppo dell’elettrodinamica quantistica e ha diretto il reparto di studi teorici a Los Alamos nell’ambito del progetto Manhattan che portò alla costruzione delle prime bombe nucleari a fissione. Risale a questo periodo la sua collaborazione con Edward Teller, il celebre fisico non altrettanto critico con il nucleare, che continuò a difendere a spada tratta per tutta la sua lunga vita e a cui si deve l’autentica paternità della prima bomba atomica, rivendicata con orgoglio. Al contrario di Teller, in seguito Bethe tentò di opporsi allo sviluppo degli ordigni a fusione nucleare (bombe all’idrogeno), e si adoperò per l’adozione dei trattati internazionali sulla messa al bando dei test nucleari. Questo impegno coincise con l’incarico ricevuto nel 1958, quando il governo americano lo nominò capo di una task-force di scienziati che doveva elaborare uno studio sul disarmo. Negli anni Settanta fu consulente della Casa Bianca durante i negoziati di Ginevra per la messa al bando dei test atomici. Hans Albrecht Bethe, pur avendo collaborato allo sfruttamento della fisica nucleare per scopi militari, ha mantenuto sempre molto spirito critico e grande lucidità sul ruolo e le responsabilità degli scienziati sul destino dell’umanità. Lo testimonia un suo resoconto, che risale al 1954 ma che è stato declassificato soltanto nel 1980, nel quale Bethe descrive il coinvolgimento degli scienziati alla costruzione della bomba H, un progetto ancora più controverso di quello che ha portato alle prime armi nucleari, e mette in evidenza come questo rapporto sia diventato continuativo e non soltanto episodico di un periodo di emergenza. La fama di questo fisico e astronomo si deve soprattutto alla scoperta dei meccanismi di produzione di energia all’interno delle stelle. Ancora nel 1938, infatti, gli astrofisici non conoscevano quali processi nucleari potessero generare nelle stelle energie così elevate. Secondo il racconto di George Gamow - fisico e cosmologo di origine ucraina, grande sostenitore della teoria del Big Bang onché straordinario affabulatore- , Bethe, presente insieme a lui a un convegno che si svolgeva a Washington nell’aprile del 1938, durante il quale era stato il problema, pensò di risolvere l’’enigma” in treno, durante il viaggio di ritorno a New York, prima di recarsi nel vagone ristorante per la cena... E così fu: il fisico tedesco aveva scoperto il ”ciclo del carbonio” o ”ciclo di Bethe”, uno dei due principali processi di produzione di energia nucleare presenti all’interno delle stelle, in grado di sopperire al fabbisogno energetico di queste enormi ”fornaci” naturali» (Lisa Masier, ”il manifesto” 9/3/2005). «Padre della bomba atomica passato poi tra le fila dei sostenitori del disarmo nucleare e Nobel per la fisica nel 1963 per la scoperta sulla produzione di energia nelle stelle. [...] figlio di madre ebrea, scappato nel ’33 dal nazismo, durante la Seconda Guerra Mondiale, lavorò con Enrico Fermi nei laboratori segreti di Los Alamos dove venne messa a punto la bomba atomica. Nel 1958 la Casa Bianca lo mise a capo di uno studio sul disarmo e più tardi partecipò come consulente ai negoziati di Ginevra per la messa al bando dei test atomici» (’la Repubblica” 9/3/2005). «[...] l’uomo che ha capito come le stelle possano brillare per miliardi di anni, ha diretto gli studi teorici della prima bomba atomica, quella sganciata su Hiroshima, e ha concepito la bomba H. Ma è stato anche l’uomo che negli Stati Uniti si oppose al ”falco” Edward Teller lottando perché la bomba H non venisse costruita, un pacifista che ha dedicato cinquant’anni - la seconda metà della sua lunga vita - a sostenere il disarmo nucleare. A lui si deve, almeno in parte, il trattato del 1963 contro i test atomici nell’atmosfera, primo passo verso la riduzione degli arsenali atomici. Le pubblicazioni scientifiche di Bethe sono centinaia, tutte degne di un gigante della fisica. Ma ce n’è anche una che non gli appartiene, benché porti la sua firma. una storia curiosa, che rappresenta bene lo stile informale e lo humour che regnavano verso la metà del secolo scorso tra i fisici più geniali. Nel 1948 l’americano Ralf Alpher e il russo George Gamow, una personalità vulcanica, scrissero insieme un lavoro fondamentale nel quale descrivevano la formazione dei primi nuclei di materia subito dopo il Big Bang. Poiché si trattava delle origini dell’universo, Gamow trovò divertente firmare l’articolo Alpher, Bethe e Gamow, richiamando le prime tre lettere dell’alfabeto greco. Ancora oggi quello storico articolo viene citato come ”alfa-beta-gamma”. Bethe, ignaro di tutto, lo vide quando era ormai uscito. Pare che una volta abbia detto: ” una delle mie pubblicazioni migliori, e mi è costata pochissima fatica!”. Tedesco di madre ebrea, nato il 2 luglio 1906 in Alsazia, Hans Albrecht Bethe aveva avuto un grande maestro, Sommerfeld, e già dalla tesi di dottorato, sviluppata a Monaco, si poteva intuire che avrebbe fatto una carriera brillante: in essa calcolava la perdita di energia di particelle cariche nella materia, un procedimento che permetterà agli sperimentatori di dedurre l’energia delle particelle partendo dal loro potere di penetrazione, un po’ come si può stimare l’energia di un proiettile dalla profondità con cui si conficca in un bersaglio. La fisica è stata la prima scienza a diventare davvero internazionale. Bethe nel 1932 lavorò in Inghilterra, a Cambridge, con Rutheford, e poi a Roma con Enrico Fermi, negli anni mitici dei ”ragazzi di via Panisperna”. Intanto teneva la cattedra di fisica a Tubinga e si occupava delle prime perticelle di antimateria, i positroni, da poco scoperti nei raggi cosmici. Un suo studio teorico, molto pionieristico, riguarda proprio la formazione e l’annichilazione di coppie di elettroni e positroni. Ai primi segni dell’antisemitsimo nazista, intuendo la tragedia che Hitler stava preparando, tornò in Inghilterra e poi di qui passò negli Stati Uniti. Nel 1935 era già alla Cornell University. Come per tanti scienziati europei suoi coetanei, gli Usa sarebbero presto diventati una seconda patria. Cervello incredibilmente versatile, Bethe ha dato contributi in molti campi della fisica, specialmente all’elettrodinamica quantistica, ma ha lavorato anche in settori quasi applicativi, partecipando allo sviluppo del radar. Il suo risultato più importante è però la comprensione dei meccanismi con cui il Sole e tutte le stelle producono la loro energia. Bethe affronta questo problema nel 1938. All’epoca era già chiaro che la fonte dell’energia stellare doveva essere la fusione termonucleare e Carl von Weizsacker [...] qualche mese prima aveva proposto l’idea che la reazione base fosse la fusione di due protoni in un deutone, cioè in un nucleo di idrogeno pesante; due deutoni possono poi dare un nucleo di elio, con liberazione di energia. Weizsacker però non aveva calcolato la resa di questa reazione né verificato se potesse realmente spiegare l’enorme quantità di luce e di calore che il Sole diffonde nello spazio. Fu questo l’obiettivo di Bethe, che nel corso dei suoi calcoli identificò un’altra serie di reazioni attraverso la quale le stelle producono energia: il ”ciclo del carbonio”. In queste reazioni si uniscono quattro nuclei di idrogeno (cioè quattro protoni) e il carbonio ne favorisce la fusione prima trasformandosi in azoto e poi ritrasformandosi in carbonio per dare inizio a un nuovo ciclo. Nel 1938 i fisici stimavano che la temperatura centrale del Sole fosse intorno a 20 milioni di gradi: il ciclo del carbonio scoperto da Bethe rendeva conto abbastanza bene dell’energia solare. Più tardi si scoprì che in realtà il cuore del Sole è più freddo: 15 milioni di gradi. A questa temperatura la reazione prevalente è quella scoperta da Weizsacker, mentre quella di Bethe svolge un ruolo marginale. Il ”ciclo del carbonio” è invece dominante nelle stelle un po’ più calde del Sole. In ogni caso a Bethe e Weizsacker dobbiamo la comprensione del meccanismo energetico che fa brillare l’universo. Fece discutere il fatto che il Nobel sia andato al primo e non anche al secondo. Lo stesso meccasimo è anche alla base della bomba H, nella quale la fusione di idrogeno in elio è ottenuta innescando la reazione con una bomba atomica a fissione, alla cui costruzione Bethe aveva lavorato a Los Alamos come direttore della sezione teorica, in una posizione di primo piano, accanto a Fermi e Oppenheimer. Il lancio delle bombe su Hiroshima e Nagasaki mise in crisi la coscienza di Bethe. Tuttavia finì con il darsene una ragione, un po’ perché ”quegli ordigni ponendo fine alla seconda guerra mondiale servirono a evitare perdite umane ancora maggiori”, ma soprattutto perché ”crearono un tabù che fortunatamente da allora in poi ne ha impedito l’uso”» (Piero Bianucci, ”La Stampa” 9/3/2005).