Varie, 8 marzo 2005
Tags : Aleksandr Yakovlev
Yakovlev Aleksandr
• Nicolajevic Korolevo/Yaroslavl (Russia) 2 dicembre 1923, Mosca (Russia) 18 ottobre 2005. Politico • «[...] stato il più democratico dei vecchi comunisti sovietici innamorati della libertà. Figlio di contadini, abile giocatore di scacchi, storico, giornalista, dirigente del Politburo del Pcus [...] è stato l´ispiratore della glasnost e il patriarca della perestrojka di Gorbaciov. L’ultimo presidente dell’Urss lo aveva richiamato dall’esilio dorato in Canada, dove a causa delle sue idee riformiste era ambasciatore per punizione. In pochi mesi divenne il suo braccio destro e la sua mente, fino ad assumere la responsabilità di ”ideologo del cambiamento”. Indomabile promotore della neonata democrazia russa, nell’estate del 1991 denunciò il rischio di un golpe nostalgico contro Gorbaciov. Stracciò la tessera comunista e si schierò con Eltsin a difesa della Casa Bianca. [...] Presidente delle televisioni di Stato, mancò l’elezione alla Duma nelle file del Movimento per le riforme democratiche. Ha mantenuto però fino alla fine gli impegni di vicepresidente della Fondazione Gorbaciov e di presidente della Commissione presidenziale per la riabilitazione delle vittime delle repressioni comuniste. Una simbolica catarsi: durante la Guerra Fredda Yakovlev era stato il cervello dell’ufficio propaganda del partito comunista sovietico, accedendo al Comitato centrale. Non un leader politico, ma un intellettuale fedele al proprio Paese e uno stratega d’azione: fino al punto, nel 1968, di trasferirsi a Praga per cercare di far digerire all’Occidente la repressione della rivolta cecoslovacca da parte dell’Armata Rossa. Visione interna ed esperienza internazionale gli suggerivano però lo sfacelo del sistema e il fallimento del comunismo. Divenuto il ”numero due” del Cremlino ha così usato infine tutto il suo peso di modernizzatore liberale per convincere Gorbaciov ad accelerare le riforme democratiche, scontrandosi con il più conservatore Ligaciov. Un processo culminato nella famosa ”Risoluzione sulla glasnost” del 1987, manifesto della democrazia russa di cui è stato autore. La [...]personalità più complessa dei ”gorbacioviani” [...]» (Giampaolo Visetti, ”la Repubblica” 19/10/2005). «[...] non ha saltato neanche un appuntamento con la storia del proprio paese: la guerra combattuta in prima linea - in cui è stato ferito e decorato - ruoli di primo piano all’interno del Pcus fino al 1956, gli studi in America, il ritorno a Mosca come capo della Sezione Propaganda, l’elezione a membro del Comitato Centrale, l’esilio dorato nel 1973 come ambasciatore in Canada dopo alcune sue considerazioni sul partito considerate poco ortodosse, l’amicizia con Gorbaciov, l’esperienza nel 1984 come deputato del Soviet Supremo, fino al record di voti contrari alla sua nomina quando, nel 1989, Gorbaciov lo volle tra i deputati del popolo della moribonda Unione Sovietica. Insieme a Shevarnadze, Volski, Popov e altri, firmò nel 1991 un appello per ”La costruzione delle riforme democratiche”. Senza Yakovlev, costantemente impegnato a dar loro una sostanza ideale e politica, le parole chiave ”Perestroika” e ”Glasnost” - ricostruzione e trasparenza - non avrebbero avuto lo stesso potere dirompente. ”La verità unisce, le bugie dividono”, disse una volta in un’intervista a proposito della sua infaticabile attività di storico dei crimini staliniani. Nell’opera documentaria coordinata dalla sua Fondazione - La Russia del XX secolo in 40 volumi - Yakovlev non ha voluto tacere nulla della politica repressiva dell’epoca sovietica, dalla denuncia dei protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov alle rivelazioni sul ruolo avuto da Stalin nel massacro degli ufficiali di Katyn durante la Seconda Guerra Mondiale. Grazie a lui sono state pubblicate le opere di Solghenitsin e altri dissidenti, sono stati aperti gli archivi cinematografici dei film messi al bando dal regime comunista ed è uscita [...] la monumentale Storia dei Gulag. ”Zar, principi, segretari generali, la Russia è un paese ammalato di autocrazia - disse una volta - Non ci fanno paura né gli incendi, né le catastrofi naturali, né le invasioni, ci fa paura la libertà, perché con essa non sappiamo che fare”. Negli ultimi tempi [...] era concentrato nell’analizzare in che misura la storia sovietica avesse segnato in profondità la coscienza collettiva russa: ”Si sottovaluta quanto forte sia stata per questo paese l’esperienza dei Gulag - diceva - La paura della delazione, il terrore che il vicino si trasformi da un giorno all’altro in un nemico o che un familiare scompaia nelle pieghe di una giustizia malata e distorta sono ancora oggi sentimenti dominanti nel popolo russo, che per questo ha sviluppato nuove forme di cinismo”. Aveva messo in guardia lo stesso Putin dai ”nuovi Stalin” che si annidano negli apparati dello Stato. ”Consiglio al presidente di non credere agli applausi dei burocrati - aveva avvertito il vecchio Yakovlev - Tanto anche loro prima o poi lo tradiranno”» (Francesca Sforza, ”La Stampa” 19/10/2005). «, nella mente dei russi, una fotografia: quella che lo ritrae, nell’agosto del 1991, osannato dalla folla in piazza Derzhinskji a Mosca, davanti alla sede del Kgb, dopo il fallito tentativo di colpo di stato. […] è considerato ”l’architetto della perestrojka” per essere stato il più stretto collaboratore di Gorbaciov nel disegnare […] il processo di democratizzazione dell’Urss. […]» (Renato Rizzo, ”La Stampa” 5/3/2005).