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 2005  marzo 07 Lunedì calendario

CUFR Leandro. Nato a La Plata (Argentina) il 9 maggio 1978. Calciatore. Della Roma. Ha giocato anche nel Siena

CUFR Leandro. Nato a La Plata (Argentina) il 9 maggio 1978. Calciatore. Della Roma. Ha giocato anche nel Siena. Noto soprattutto per uno schiaffo a Del Piero (il 5 marzo 2005, 2-1 per la Juve nella partita che vedeva il ritorno all’Olimpico dei ”traditori” Capello, Emerson e Zebina). «[...] Detto Uragano. Gli studiosi di gerghi romaneschi ricordano invece che nel calcio dilettantesco era invalso l’uso di sorprannominare ”Cufrè” quei difensori talmente scarsi da essere quasi sempre tenuti in panchina. Giunto a Roma nell’estate 2001 dal Gymnasia La Plata - capelli corti, completo nero, pochi trucchi retorici insegnati dall’amico Samuel (’per prima cosa voglio vincere il derby con la Lazio”), Cufrè pagò duramente (e immeritatamente) agli occhi di Fabio Capello il fatto di essere arrivato al posto di Fabio Cannavaro (uno dei preferiti del duro e capriccioso allenatore friulano [...]): stette fuori squadra per un anno intero, successivamente giocò qualche partita in Champions, infine fu dato in prestito al Siena. [...] Ai romanisti Cufrè ricorderà, per fisico, attitudine e piedi fucilati, un certo Lima - e complessivamente confermerà la maledizione che da tempo infesta la fascia sinistra giallorossa (Guigou, Delvecchio, D’Agostino...). [...] Di Cufrè, oltretutto, si loderà l’attitudine e la velocità, la forza e l’impegno, il tackle portato senza paura, la teatralità della corsa e (soprattutto) della rincorsa (non si potrebbe supporre che i capelli lunghi di tanti giocatori argentini servano ed essere visti meglio dalle tribune proprio in simili frangenti di gioco?). Mai comunque il piede fatato, la furbizia, lo stop e il tiro. E in questo si consumerà tutta il suo destino da piccolo Gattuso, ma soprattutto si sublimerà per intero il suo dna da scuola argentina. Uragano. Anche Rocco, però, nei preistorici nostri anni sessanta: colpite tutto quello che si muove sul campo, se è la palla, meglio. Figlio di una cultura che considera il calcio ben più che un gioco, che da sempre preferisce la crudeltà allo spettacolo, lo scontro di civiltà alla civiltà dello scontro (vedi il caso di Maradona e della borraccia avvelenata ai Mondiali ’94), Cufrè ha trovato nella curva sud romanista - gonfia di retorica centuriona, come si sa - il pubblico prediletto, che non ha tardato a eleggerlo ”uno di noi” [...]. Argentini: Walter Samuel, detto The Wall, che con Cufrè divideva la posizione di difensore centrale nelle selezioni argentine under 20 e 21, usava cominciare le partite difficili dando un calcetto di avvertimento al suo avversario diretto; di Heinze, il difensore del Manchester, si ricorderà come storico il legame con le terrace più popolari dell’Old Trafford, che appena prende lui la palla si mettono a ritmare: ”Argentina, Argentina” come se le Falkland non fossero mai accadute. Cose così. Si dirà, parafrasando Brecht di fronte a una confortevole diretta di Sky: beati quei tifosi che non hanno bisogno di eroi. Beati, sì. Ma la metà della retorica del calcio (dai Leoni di Highbury fino ai giorni nostri) di questo è fatta: di calcioni. E di Cufrè. [...]» (Alberto Piccinini, ”il manifesto” 9/3/2005). «Uragano. Ecco come l’hanno ribattezzato i compagni: uragano. Forse perché quando entra, porta via tutto ciò che gli capita tra i piedi. Pallone o altro. Da scarto di Capello [...] il viaggio è stato lunghissimo. Per arrivare a destinazione, Leandro ”Leo” Damian Cufrè è dovuto passare per Siena, e mai deviazione fu così azzeccata. [...] Piombato nella capitale nell’estate del 2001, con l’etichetta spropositata di vice Cannavaro , obiettivo mancato di mercato (’Che c’è? Volevo Cannavaro e c’ho Cufrè...”), Leo ha dovuto aspettare più di un anno per esordire in campionato: Capello non lo vedeva, non gli dava la minima fiducia e, così, a lui non restava che allenarsi e, al sabato, prendere la strada di casa mentre i suoi compagni partivano per il ritiro. ”Non mi sono mai reputato un fenomeno ma un onesto, serio professionista”, il suo ritornello. Probabilmente lui, arrivato in una squadra fresca di scudetto, non era ancora pronto per prendere il posto dei titolari, ma un minimo di considerazione in più [...] l’avrebbe meritata. Così, per farsi apprezzare - dopo aver appena assaggiato la maglia giallorossa - è stato costretto ad emigrare a Siena. E se Capello non fosse fuggito a Torino, a Siena sarebbe rimasto. Invece, è rientrato alla base sfruttando al volo ogni minima possibilità. Accettando di spostarsi sulla fascia, lui che si considera un centrale nato, pur di non finire in panchina. E sulla fascia sinistra ha cominciato a spopolare entrando di prepotenza, come un uragano, nel cuore della gente. Il suo salto in alto ha qualcosa di straordinario: da riserva della riserva a perno della difesa. Non per grazia ricevuta ma per un rendimento costantemente positivo. [...]» (Mimmo Ferretti, ”Il Messaggero” 23/2/2005).