varie, 6 marzo 2005
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Foa Lisa
• Torino 1923, Roma 4 marzo 2005. Giornalista. Suo padre era Michele Giua, professore di chimica e antifascista, futuro deputato della Costituente. Nel 1945 sposa Vittorio Foa: prima di separarsi avranno tre figli. Durante la guerra partecipa alla Resistenza e, incinta, viene fatta prigioniera a Milano dalla banda Koch. Nel dopoguerra lavora per l’associazione Italia-Urss, poi con Togliatti alla redazione di Rinascita. Si iscrive al Pci: ne uscirà nel ’69. Nel ’72 aderisce a Lotta continua. Conosce Adriano Sofri: negli anni condurrà una lunga battaglia per dimostrarne l’innocenza. Numerose le sue ricerche, dedicate in particolare ai Paesi dell’est europeo. L’ultimo libro pubblicato è il volume autobiografico andata così (Sellerio, 2004), a cura di Brunella Diddi e Stella Sofri. «[...] fu staffetta partigiana, giornalista, a lungo collaboratrice di Palmiro Togliatti nel settimanale del Pci Rinascita, poi dirigente di Lotta Continua, studiosa del comunismo, appassionata delle questioni internazionali, saggista. [...] nata Giua a Torino nel 1923, ha avuto il tempo e la voglia di raccontare qualcosa della propria vita a Brunella Diddi e Stella Sofri. Ne è uscito [...] un libro edito da Sellerio, dal titolo che le assomiglia perfettamente: andata così. Esprime il sorridente disincanto con cui Lisa Foa guardava non soltanto alle vicende esistenziali, ma anche alle tempeste del secolo nel quale ha vissuto. Anche un certo snobismo, che le consentiva ad esempio di essere una critica feroce del comunismo - cui pure aveva aderito - ma di mantenere un enorme rispetto per la figura di Togliatti, che ebbe a lungo come direttore a Rinascita. [...] arresto ad opera della banda Koch, a Milano, nell’estate del 1944. Lisa era poco più che ventenne e incinta. La banda, frequentata tra gli altri dagli attori Osvaldo Valente e Luisa Ferida, torturava i suoi prigionieri. Lisa si salvò perché insieme a Carla Badiali, anche lei incinta, fu trasferita a San Vittore per intercessione di un ufficiale della Wehrmacht. (La mia storia, commentava con la consueta ironia, dimostra che i tedeschi erano molto più buoni dei fascisti). [...] Veniva da una famiglia di intellettuali ebrei antifascisti. Il padre, professore di chimica, fu condannato a 15 anni. Alla sentenza la madre telegrafò ai figli: ”Condanna grave - state sereni” e qui viene fuori un altro tratto che Lisa aveva ereditato in pieno: il riserbo, egualmente impastato di dolcezza e di austerità. Il fratello Renzo, fuoriuscito, combatté e morì per la Repubblica nella guerra di Spagna ”dopo molti combattimenti e tante ferite”. Lisa, ricordata come ”Lisetta” in Lessico familiare di Natalia Ginzburg, sposò un altro personaggio di quel libro, Vittorio Foa, e ne ebbe tre figli: Anna, Renzo e Bettina. Vennero poi la Liberazione, il trasferimento a Roma, gli anni nel Pci e in Italia-Urss. [...] Curiosa di tutto e irriguardosa verso tutto (meno che Togliatti e poco altro); appassionata dell’Africa e sarcastica verso le sue autoindulgenze. [...]» (Pietro Veronese, ”la Repubblica” 5/3/2005). «[...] storica, saggista, viaggiatrice curiosa, ex partigiana, ex moglie di Vittorio Foa. [...] una straordinaria vita alle spalle, fitta come poche di nomi, avvenimenti, idee. [...] All’anagrafe si chiamava Lisa Giua (cognome sardo, che significa ”giudeo”) , apparteneva a un’antica famiglia della Gallura di lontane origini ebraiche ma era nata a Torino. E già i suoi primi ricordi - fluidamente raccontati, come tutto il resto, nel suo libro di memorie andata così [...] coincidono con la storia d’Italia: la casa dei Gobetti, Leone Ginzburg, Giuseppe Levi e le sue figlie Paola e Natalia, futura moglie di Leone. lei la Lisetta che compare in Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Da quella Torino in poi non avrebbe mai smesso di attraversare mille mari politici e culturali: ma a ogni chiusura di capitolo avrebbe elaborato un giudizio schietto, distaccato, antiretorico. Per esempio partecipò attivamente alla Resistenza tra Torino e Milano, nell’estate del 1944 finì prigioniera della banda Koch. Però poi scrisse: ”Ben presto la Resistenza divenne un mito, un oggetto di culto e di retorica... ciò impedì di vederne i limiti accanto ai meriti, i fallimenti accanto agli obiettivi raggiunti e anche le violenze inutili, le nefandezze compiute in suo nome”. Nel 1945 sposò Vittorio Foa e ne prese il cognome (’ appartengo a una generazione che per consuetudine adottava quello del marito”). Lo mantenne anche dopo la separazione decisa a metà degli anni ’70, seguita dal silenzio e forse da segreti rancori. Infatti nel suo libro Vittorio Foa viene citato quasi di sfuggita, con ostentata freddezza (’venivano in casa per parlare col mio coniuge, noto uomo politico”). Lisa Foa ebbe tre figli (il giornalista e saggista Renzo, la storica Anna, l’economista Bettina) ma si calò senza risparmio nella vita attiva. Il Pci, il lavoro a ”Italia Urss”, i viaggi in Unione Sovietica col rimpianto successivo di non aver capito le tragedie del socialismo reale. Poi Rinascita , con l’incarico di seguire l’economia dei Paesi socialisti (così ricordava Togliatti: ”La sua doppiezza era il suo fascino”) . Il ’68 fu l’anno dell’uscita dal partito comunista (’mi sentivo una cittadina libera”) e delle collaborazioni con la prima rivista del manifesto. Ma soprattutto della straordinaria attenzione per ogni forma di dissenso che arrivava dall’Est, del miraggio della rivoluzione culturale in Cina, del supporto garantito (anche dal punto semplicemente organizzativo) alle prime mosse clandestine di Solidarnosc in Italia e nell’Europa libera. Nel 1972 l’approdo a Lotta Continua, altro importante capitolo della sua vita. Lì nacque la lunga, fortissima amicizia con Adriano Sofri. Dice Carlo Degli Esposti, [...] produttore televisivo (Il commissario Montalbano) e ai tempi giovane militante di Lotta Continua: ”Credo che Lisa fosse la persona alla quale Sofri abbia voluto più bene in assoluto. [...]’ . Nel 1976 fu anche candidata nelle liste di Lotta Continua e in quella veste incontrò l’allora ministro degli Interni, Francesco Cossiga impegnato a evitare disordini in campagna elettorale. [...]. Quindi seguirono gli anni della piena maturità, i viaggi in Africa, la lunga battaglia per la liberazione di Adriano Sofri, l’impegno nella Fondazione Langer dedicata ad Alexander, studioso dei problemi ecologici planetari e dei problemi legati alla convivenza nelle aree difficili del mondo. [...]» (Paolo Conti, ”Corriere della Sera” 5/3/2005).