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 2005  marzo 06 Domenica calendario

Benenson Peter

• Nato a Londra (Gran Bretagna) il 31 luglio 1921, morto a Oxford (Gran Bretagna) il 25 febbraio 2005. Avvocato. «[...] Il mondo gli deve un regalo che ha cambiato la vita di moltissime persone perseguitate per le loro idee o per la loro razza, messo all’indice dittatori, acceso i riflettori sulle violazioni dei diritti umani ovunque si verifichino: Amnesty International. Quella che attualmente è la più grande organizzazione indipendente che lotta contro ogni negazione di libertà [...] vide la luce, nel 1961, grazie a un’intuizione improvvisa. L’avvocato Peter Benenson, allora quarantenne, cattolico praticante [...] famiglia benestante di origine russo ebraica - stava andando nel suo studio londinese, in metropolitana. Bombetta e ombrello, leggeva un articolo del ”Daily Telegraph” sul Portogallo di Salazar. L’aneddoto è ormai storia. ”Fui colpito come da un maglio dalla storia di due giovani portoghesi, arrestati e condannati a sette anni di carcere soltanto per aver brindato ’alla libertà’ in un ristorante di Lisbona. Mi infuriai e scesi dalla metropolitana. Salii i gradini della chiesa di Saint Martin in the Fields. E trascorsi quasi un’ora seduto, a rimuginare. In un primo momento pensai di andare a protestare davanti all’ambasciata del Portogallo poi decisi di organizzare una campagna di denuncia internazionale”. Era il 19 novembre 1960. Peter avrebbe impiegato ancora un anno per dare forma alla sua idea parlandone con amici e colleghi di partito (Benenson apparteneva alla Lega degli avvocati laburisti). Il 28 maggio 1961, un articolo pubblicato a suo nome sulla sezione weekend dell’’Observer” lancia il primo ”Appello per l’amnistia”. Il successo è immediato. Come se centinaia, migliaia di attivisti nel mondo non aspettassero altro. Nascono decine di gruppi di Amnesty. Viene scelto il simbolo, una candela circondata da filo spinato: una chiara allusione ai detenuti chiusi in prigione a causa delle loro idee. Benenson diventa il collettore di un’incredibile energia, della speranza di cambiare una storia che, allora non meno di oggi, sembrava ostaggio della paura. Ma la parola « paura » , per l’avvocato londinese, non aveva un gran peso. Sin dall’adolescenza, lui un privilegiato, figlio di una ristretta élite che poteva frequentare scuole come Eton e università come Oxford, aveva sempre dimostrato una predisposizione a ”combattere l’ingiustizia”. A 16 anni, i suoi genitori ricevettero una lettera con la quale il preside di Eton si lamentava della ”condotta rivoluzionaria” del giovane Peter. Che cosa aveva fatto? Aveva lanciato la sua prima ”campagna” tra i compagni per trovare sostegno in favore degli orfani (di parte repubblicana) della Guerra civile spagnola. Lui diede l’esempio ”adottando” un profugo. Adozione. Una parola da tenere presente Perché sarà la cifra della sua azione. Nel 1938, dopo la Notte dei Cristalli, Peter Benenson tornò alla carica. Sfidò l’opinione comune, si diede da fare per raccogliere fondi per ”adottare” bambini ebrei e salvarli dalla furia hitleriana. Due giovani perseguitati tedeschi riuscirono a raggiungere l’Inghilterra grazie al suo aiuto. Gli anni della guerra lo videro arruolato prima presso l’Ufficio stampa del ministero dell’Informazione. Poi fu chiamato a un lavoro ”più delicato”: un ufficio (chiamato ”Bletchley”) dove si dedicò alla decrittazione dei codici nemici. Una specie di agente segreto, insomma. Finita la guerra, gli anni da avvocato e finalmente la fondazione di Amnesty International, organizzazione che guidò, come presidente, fino al 1966, quando decise di farsi da parte. Tutto cominciò dopo una denuncia di Amnesty contro le torture perpetrate dalle truppe britanniche a Aden. Benenson disse che, in seguito a quell’episodio, Amnesty era stata ”infiltrata” da agenti segreti. Vero? Falso? Una commissione interna stabilì che non era accaduto nulla. Così Peter preferì lasciare la carica operativa. Certo non la sua attività, che proseguì imperterrita in difesa dei deboli, dei malati, dei perseguitati. [...]» (Paolo Salom, ”Corriere della Sera’ 27/2/2005). «[...] Sono milioni in tutto il mondo le vittime di persecuzioni e violazioni dei diritti umani che conservano un debito di riconoscenza nei suoi confronti. stata la sua ispirazione, nel 1961, a lanciare quella che sarebbe stata presto definita ”la repubblica della coscienza”, Amnesty international: un movimento globale di attivisti per i diritti umani, impegnati a denunciare le ingiustizie dei governi ed esprimere solidarietà verso le vittime. L’intera vita di Peter Benenson è stata dedicata a combattere l’ingiustizia nel mondo. Racconta chi lo conosceva da vicino che all’età di 16 anni riuscì nell’impresa di coinvolgere la sua scuola in una campagna per il sostegno agli orfani della guerra civile spagnola. Sempre a scuola si dedicò in quegli anni alla sorte di alcuni ebrei in fuga dalla Germania di Hitler. Dopo aver studiato storia all’università di Oxford, Peter Benenson si arruolò nell’esercito inglese, fungendo da addetto stampa. In seguito lasciò le forze armate ed iniziò ad esercitare la professione legale. Si iscrisse al Partito laburista. All’inizio degli anni ’50, il sindacato inglese decise di inviarlo in Spagna ad osservare i processi che si stavano celebrando contro alcuni sindacalisti locali. Benenson rimase sconvolto da ciò che vide e, con piglio professionale e forte impegno civile, decise di preparare una lista completa delle inadempienze legali da discutere con il giudice. Anche grazie alla sua intransigenza, la sentenza finale del processo fu di completa assoluzione. Una rarità nella Spagna franchista. stato attraverso queste attività che Peter Benenson iniziò a conquistare una reputazione internazionale. A Cipro sostenne l’attività di alcuni avvocati greci impegnati a far prevalere il diritto contro le logiche perverse della burocrazia inglese; convinse poi suoi colleghi avvocati a recarsi in Ungheria come osservatori internazionali durante i fatti del 1956 e poi in Sudafrica, per seguire un importante processo sulle libertà civili. Il successo di questi interventi lo portò a decidere la costituzione dell’organizzazione inglese Justice. stata questa costante attività in favore dei diritti umani a gettare le fondamenta per quello che sarebbe stato il suo più eccezionale contributo, il significato di una vita intera spesa rincorrendo l’ideale di un mondo più giusto. Nel maggio del 1961, lesse dell’arresto di due giovani che in un caffè di Lisbona avevano brindato alla libertà delle colonie portoghesi. L’indignazione che suscitò in lui quel fatto lo portò a pubblicare su un settimanale di Londra un articolo intitolato ”I prigionieri dimenticati”. Era un appello per un campagna di 12 mesi dedicata alla liberazione di tutti i prigionieri per motivi di opinione: l’adesione entusiasta di migliaia di persone in tutto il mondo convinse Benenson a trasformare quella campagna in ciò che sarebbe divenuto il più importante movimento globale per i diritti umani. Da quel giorno, il termine ”prigioniero di coscienza” divenne di uso comune e il logo del movimento, una candela con filo spinato intorno, un simbolo universale di speranza e libertà. Nei primi anni di vita di Amnesty international, Peter Benenson lavorò instancabilmente alla sua idea rivoluzionaria. Assicurò all’organizzazione il sostegno finanziario per muovere i primi passi, prese parte ad alcune missioni di ricerca, si occupò di tutte quelle incombenze necessarie a far crescere in dimensioni ed importanza la sua ”creatura”. Nel 1966 scoppiò una crisi interna al movimento a seguito della pubblicazione di un rapporto di Amnesty sulle torture commesse dalle forze armate inglesi. Peter Benenson ipotizzò che i servizi segreti si fossero infiltrati all’interno di Amnesty. Un’indagine indipendente smentì questa supposizione e spinse Benenson a ritirarsi temporaneamente dall’organizzazione. Tornò a tempo pieno alla metà degli anni ’90. Il 10 aprile 2001, il ”Daily Mirror” lo insignì del premio ”Orgoglio della Gran Bretagna”. Era il 40esimo anniversario dalla nascita di Amnesty international. [...]» (Marco Bertotto, ”il manifesto” 27/2/2005).