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 2005  marzo 04 Venerdì calendario

Terruzzi Guido

• Angelo Milano 1927, Bordighera (Imperia) ottobre 2009. Industriale • «[...] ”Goldfinger”, il ”re del nichel” [...] uomo dai mille soprannomi (’puzza di cadavere” il preferito dai suoi avversari di poker) [...] abbandonò le scuole per seguire il padre per fare il ”rotamat”. Nella Milano dell’epoca, era il mestiere di chi raccoglieva ovunque materiali non ferrosi. ”Compravamo cento quintali di rame a mille lire al chilo e lo rivendevamo alle fonderie a piccole partite a 1.100 lire”, ha raccontato in una sua rarissima intervista [...]. ”Recuperammo materiali del tutto sconosciuti nell’Italia dell’epoca, il nichel, il cobalto, il tungsteno, il molibdeno”. Di qui fino a diventare alla fine degli anni ’ 70 il finanziere più ricco di liquidità nel Paese, ne è corsa di strada però. Non c’è solo il nichel nella vicenda di quest’uomo massiccio e bizzarro, innamorato della sua collezione di Canaletto e Tiepolo ma anche di un’infinità scarpe di vernice laccata e canini giganti di pesci dell’artico. Non c’è il nichel, ma neppure la tradizionale parabola da imprenditore padano negli anni del miracolo. Terruzzi non ha mai sviluppato davvero un progetto industriale, il suo riflesso condizionato è sempre stato comprare e rivendere al più presto, con il massimo margine possibile. Lui stesso [...] ha ammesso quanto l’arte del ”rotamat” abbia inciso sulla sua concezione della ricchezza. Non è potere, è solo denaro sempre a disposizione. ”C’è chi vuole due, quattro, dieci aziende e chi non ne vuole nemmeno una. Io preferisco non avere le aziende e avere i quattrini, inflazionati ma sempre liquidi. Chi vende il nichel vuol essere pagato in contanti”. Un’eccezione in verità la fece una volta, quando però fu battuto dagli Agnelli per l’acquisto della Toro. Fedele alla sua linea, Terruzzi per il resto ha guadagnato fortune in modi a volte imprecisati: negli anni ’60 con gli immobili o con la compravendita di aziende decotte, negli anni ’70 grazie a prestiti molto, molto oculati e grazie anche a massicce operazioni di Borsa a spese del ”parco buoi”. Effettuate, quest’ultime, con spirito non molto diverso da quello con il quale ha sempre fatto fortuna al tavolo verde. La stampa francese riportò dei cinque miliardi di lire (del 1981) estratti al Casinò Palm Beach di Cannes. Altri ricordano quei 900 milioni di lire vinti in una sola notte al finanziere napoletano d’assalto Franco Ambrosio (’ Pagò con un assegno scoperto”, lamentò poi Terruzzi). Tanta disinvoltura ha finito per costare a Goldfinger qualche problema. Bruno Tassan Din, negli anni della Loggia P2 amministratore delegato dell’allora Rizzoli (la società che pubblica il Corriere ), lo accusò di aver esportato capitali in Svizzera in una complessa operazione nella quale erano coinvolti anche Gelli e Ortolani. A metà degli anni ’80 si rifiugiò a Montecarlo per evitare l’arresto, ma quella è acqua passata. [...]» (Federico Fubini, ”Corriere della Sera” 20/2/2005).