Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2005  febbraio 05 Sabato calendario

HECKMAIR Anderl Monaco di Baviera (Germania) 12 ottobre 1906, Oberstdorf (Germania) 1 febbraio 2005

HECKMAIR Anderl Monaco di Baviera (Germania) 12 ottobre 1906, Oberstdorf (Germania) 1 febbraio 2005. Alpinista. Il padre (giardiniere) muore durante la prima guerra mondiale, la mamma non riesce a mantenerlo e così lo manda in orfanotrofio assieme al fratello maggiore Hans. A 14 anni lascia la scuola e trova lavoro come giardiniere, ma allo stesso tempo coltiva la sua grande passione l’alpinismo. Come molti compatrioti, in quell’epoca, lascia un impiego fisso e diventa un vagabondo delle montagne. Nel 1937 l’incontro con la Riefenstahl che lo favorisce: tramite lei conosce Hitler e per la prima volta nella sua vita fa il saluto nazista. «[...] era stato un leader dell’alpinismo, anche se il suo nome, oggi, dice poco alle nuove generazioni. Perché così va la storia e chi era stato da lui oscurato nella più grande impresa, la prima salita della mitica e famigerata parete Nord dell’Eiger, lo ha poi scavalcato in fama per vicende che con l’alpinismo hanno avuto a che fare relativamente. Stiamo parlando di Heinrich Harrer, che in cima all’Orco ( questo significa il termine tedesco Eiger) arrivò soprattutto grazie a Heckmair, come fu costretto a riconoscere lui stesso, ma che poi, partito per il Pakistan alla vigilia della seconda guerra mondiale, allo scopo di scalare il Nanga Parbat e finito prigioniero degli inglesi, con la sua fuga in Tibet ( i famosi sette anni del libro e del film) s’è ritrovato ben più famoso. Anche perché, divenuto amico del Dalai Lama, ebbe modo di vivere con lui, dove pochi occidentali erano arrivati e dove non avrebbe più vissuto neppure lo stesso leader spirituale dei tibetani. In più Harrer non ha mai rinnegato completamente il suo coinvolgimento col nazismo, il che ne ha fatto un personaggio ambiguo. D’altra parte negli anni Trenta, il periodo d’oro suo e di Heckmair, in Germania di entusiasti di Hitler ce n’erano. E il dittatore sapeva come conquistarsi la simpatia di tanti. Degli sportivi per esempio: cullandone i sogni, anzi pagandoglieli. Come fece, riguardo agli alpinisti germanici, appunto per la Nord dell’Eiger. Che, avendo mietuto otto vittime ed essendo l’ultimo problema irrisolto delle grandi pareti alpine, era divenuto un vero e proprio caso, una fissazione. Il mito del superuomo spingeva giovani esaltati ad andarvi a sacrificare la vita. Hitler mise un premio affinché fossero scalatori tedeschi a ”vincere” la Nordwand. E festeggiò con grande sfarzo (e grande propaganda) il successo della cordata austro-tedesca che, formatasi casualmente in parete e guidata da Heckmair, risolse in quattro giorni il problema, giungendo in cima il 24 luglio 1938 alle 15. Erano passati soli quattro mesi dall’annessione dell’Austria: che poteva volere Hitler di più? In realtà era stato il trionfo della cosiddetta Scuola di Monaco, in quel periodo una fucina di grandi alpinisti. Anderl Heckmair era nato proprio in quella città, il 12 ottobre 1906. E vi era stato forgiato da una vita durissima, con l’infanzia passata in orfanotrofio. Una vita che gli si era quasi impressa sul viso, scavato nella roccia quasi: tutto spigoli dietro un grande naso. La povertà gli aveva dato tenacia, determinazione, una resistenza fisica leggendaria. Così era divenuto una delle stelle dell’alpinismo tedesco, che però aveva pochi soldi per mettersi in mostra fuori casa. Già l’Eiger, che si innalza nell’Oberland bernese, era fuori zona, come le Dolomiti, ormai ”perse” con la sconfitta nella prima guerra mondiale. Ma a livello di tecnica e anche di attrezzi, a Monaco non avevano nulla da invidiare a inglesi (più ricchi), francesi e italiani.
Proprio sull’Eiger, l’arma in più di Heckmair e del suo compagno Ludwig Vörg, rispetto a Harrer e Fritz Kasparek, furono i nuovi ramponi a 12 punte, con i quali avanzarono velocemente sui nevai ghiacciati della Nord, laddove i due austriaci, che avevano iniziato la scalata un giorno prima, ancora scavavano gradini, il che rendeva la progressione assai lenta. Una differenza decisiva, soprattutto su una parete come quella, pericolosa, oltre che per la sua verticalità e la sua imponenza (1800 metri dalla base), anche per le continue scariche di sassi e per i repentini cambi di condizioni atmosferiche, con tempeste tanto improvvise quanto tremende. Tutto ciò che, con i tanti morti, ne ha fatto la leggenda, nel pieno dell’epopea del sesto grado. La fama di Heckmair dopo quell’impresa si allargò a tutte le Alpi e altrettanto mitica per esempio fu la sua ripetizione, in condizioni pienamente invernali, della via allo Sperone Walker delle Grandes Jorasses (Monte Bianco), che era stato l’altro grande problema del suo periodo e che era stato risolto da un suo quasi coetaneo: Riccardo Cassin [...]» (Sandro Filippini, ”La Gazzetta dello Sport” 5/2/2005).