Varie, 3 febbraio 2005
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Bryant Joseph
• Philadelphia (Stati Uniti) 19 ottobre 1954. Giocatore di basket. Padre di Kobe. Conosciuto soprattutto come Jellybean, letteralmente fagiolo di gelatina, ha giocato nella Nba dal 1975 al 1983 a Philadelphia, San Diego e Houston per un totale di 636 partite e 5375 punti. A soli 29 anni, viene a giocare in Italia, dove si ferma per sette stagioni tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia risultando uno dei più grandi realizzatori della storia del nostro campionato: disputa 247 gare alla incredibile media di 29.6 punti realizzati per partita. Quando arriva in Italia suo figlio Kobe ha soltanto 6 anni. Mentre papà inanella record su record ( ha segnato anche 69 punti in una sola gara e per 14 volte ha superato quota 50), il piccolo cresce sui campetti e nelle squadre giovanili di Reggio Emilia. Nel 1991, la famiglia Bryant lascia il nostro Paese e Kobe diventa una stellina delle high school fino alla chiamata, a soli 18 anni, della Nba. In Italia si riparla di Joe nel 1999 quando diventa azionista dell’Olimpia Milano acquistata da un imprenditore caseario italo-americano, Pasquale Caputo. Ma i due litigano e la squadra di Milano rischia di fallire. Intanto Kobe diventa una stella di prima grandezza dei Los Angeles Lakers e della Nba. Il suo matrimonio è male accettato dal padre Joe, col quale non parla per due anni. Vince tre titoli Nba consecutivi ed è all’apice della carriera quando, nell’estate del 2003, viene accusato di stupro. Il processo è un evento planetario e termina con il ritiro dell’accusa da parte della presunta vittima. «Sono un uomo fortunato. E gli anni trascorsi in Italia hanno arricchito moltissimo la mia vita. Ho sfruttato tutto al massimo: da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia, ho imparato a conoscere le diverse culture, dal Sud al Nord del vostro Paese, e anche la vostra lingua. Ricordo però che a una Domenica Sportiva, intervistato da Aldo Giordani, fu Kobe a farmi da interprete [...] Qui i giornali americani non lo scrivono mai, eppure non mi stanco di ripeterlo: se Kobe è diventato il giocatore che è oggi, lo deve soprattutto al basket italiano. Gli hanno insegnato l’abc. Qui si salta e si corre, ma pochi conoscono i fondamentali [...]» (Massimo Lopes Pegna, ”La Gazzetta dello Sport” 3/2/2005).