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 2005  gennaio 31 Lunedì calendario

Bennett Alan

• Armley (Gran Bretagna) 9 maggio 1934. Scrittore • «Gli danno dell’umorista, del commediografo, del bel tomo inglese. In realtà è ”solo” un ottimo scrittore e una persona di spirito. [...] La fama nostrana di Bennett comincia senz’altro con il corposo La pazzia di Re Giorgio , che Adelphi ha pubblicato nel 1996. Dall’ironico drammone Nicholas Hytner ha tratto l’omonimo film con Rupert Everett, Helen Mirren, Nigel Hawthorne e Ian Holm. ”Chi legge o guarda ha osservato l’autore parteggia naturalmente per il povero sovrano, Giorgio III, diviso fra la cosiddetta lucidità e quella dimensione speciale che per convenzione chiamiamo pazzia”. Spiazzare, ecco il problema. Bennett considera lo spiazzamento un sistema di percezione, una vera e propria filosofia di vita. Prendiamo il suo Massaggio. il dileggio più lieve e insieme sarcastico (che sia ambientato a Londra non importa) di ogni contesto vip degno di tal nome: Clive Dunlop, massaggiatore degli eccellenti, muore e viene commemorato dai suoi beneficati. ”Li aveva avuti, del resto, letteralmente per le mani”. Giusto. Il massaggiatore è stato amante dei suoi clienti più che terapista. E lo scrittore ne incanala la memoria in un labirinto di avventure ombrose e sorridenti, caustiche, apocalittiche, capaci di ”spellare” i debosciati di cui si parla senza dimenticare la rampogna sociale più vasta, le catastrofi dei tempi, Aids in prima linea. Il bello arriva all’epilogo, con un angelo saccopelista & salvatore. Tutto molto teatrale. ”Le mie idee di partenza sono sempre teatrali. Mi vengono idee per una commedia, non per un romanzo. Poi si evolvono, assumono la loro identità ”finita’, sia essa il palcoscenico, il set, la pagina scritta”. Per uno come lui, introverso confesso (’Sì, sono un po’ chiuso”), la scena dev’essere oltremodo terapeutica. Così come la musica. Nel Massaggio c’è, non a caso, il Fidelio; in un’altra opera assai riuscita, Nudi e crudi , Mozart. Teatro e musica come ”medicine”, assieme al rifiuto non violento di certa tecnologia oggi quasi obbligatoria: ”Sono un uomo schivo e non ho un cellulare. In aggiunta, non uso Internet. Mi definisco un inglese vecchio stampo. Almeno un po’. Uno con l’ossessione della lingua e dell’ordine. Il lavoro dello scrittore non può fare a meno di un’estrema pignoleria nella scelta delle parole, delle espressioni, nella formazione ordinata del linguaggio”. Il linguaggio. Bennett arriva comunque ad ammettere che nell’epoca dell’espressione personale difficile, impedita, persino la parlata televisiva può servire ad esorcizzare il silenzio, l’afasia, l’incapacità di emettere verbo. ”Meglio buttar fuori qualcosa che tacere. In tv certe persone, non si sa come facciano, riescono a dire della propria vita cose pazzesche, a confessare questioni private che mai ti sogneresti di sentir raccontare da qualcuno”. Non a caso, lo scrittore ha più volte ammesso di sedersi di fronte alla televisione e di rimanere affascinato, irretito, dai talk-show e dai personaggi che li popolano. Infine, la buona disposizione nei confronti del mondo femminile, o piuttosto, a giudicare dalla sua scrittura, del mondo al femminile. Bennett, insomma, ama forse più le donne che gli uomini, le considera più disponibili, più flessibili, più pronte a dichiarare se stesse e ad accettare eventuali modificazioni del Reale. [...]» (Rita Sala, ”Il Messaggero” 30/1/2005). Vedi anche: Antonio D’Orrico, ”Sette” n. 20/2001;