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 2005  gennaio 26 Mercoledì calendario

DE BLANCK Patrizia Roma sotto il segno dello scorpione (di più non fa sapere). Contessa • «[...] il gerarca fascista Asvero Gravelli, figlio segreto di Mussolini, era il suo papà biologico [

DE BLANCK Patrizia Roma sotto il segno dello scorpione (di più non fa sapere). Contessa • «[...] il gerarca fascista Asvero Gravelli, figlio segreto di Mussolini, era il suo papà biologico [...] ”non me ne sono mai curata più di tanto. Il padre vero non è quello che ti ha dato la vita e messo al mondo, ma quello che ti ha cresciuta, allevata, educata, ti è stato vicino. E per me è l’ambasciatore cubano conte Guillermo de Blanck, che, sposando mia madre Lloyd, riconobbe me e mio fratello Dario come figli legittimi. E infatti io non sono italiana, ma cittadina cubana e inglese, perché all’età di 15 anni e mezzo sposai un baronetto britannico. Furono le mie prime nozze, finite dopo 3 mesi perché trovai il maritino a letto con... [...] il mio migliore amico. Comunque, questo non c’entra, la mia vita è tutta un’avventura: il mio secondo marito Peppino Drommi aveva sposato in prime nozze Anna Casati Stampa (protagonista e vittima di un celebre giallo nel 1970, ndr ); un mio fidanzato è stato Farouk Chourbagi, amante di Claire Bebawi (protagonisti di un altro celeberrimo caso nel ’64, ndr). Non solo: con Peppino mi sono trovata nel primo sanguinoso dirottamento aereo” [...] non ci sarebbe da andare tanto fieri nell’avere come genitore Asvero Gravelli, intimo del Duce (come un... figlio), scrittore, giornalista, esponente di un fascismo bellicoso e firmatario del Manifesto sulla razza, redatto da 10 scienziati italiani e pubblicato su ”Il Giornale d’Italia” il 14 luglio 1938. [...] – Eh, no, la Storia è falsa su questo punto: Gravelli o Granelli, per me è lo stesso, era un amico degli ebrei. Mi risulta che litigò con il direttore di quel giornale perché lo aveva messo nella lista dei sostenitori della legge razziale. Mia madre mi diceva anche che salvò tanti ebrei. E poi mio fratello ha sposato un’ebrea” [...]» (Costantino Muscau, ”Corriere della Sera” 26/1/2005). «[...] ”L’altro giorno mi fermano due burinacci. Ciao conté, mi fanno. Ma chi vi conosce, penso io, poi mi freno e meno male. E loro: a conté, sei il nostro mito. Eddaje. Di questa popolarità stradale farei anche a meno, ma piaccio. Perché a me Dallas e Dynasty mi fanno una beneamata... [...] due mariti, il baronetto inglese Anthony Leigh Milner (sposato nel 1963 e da lei trovato a letto, dopo 3 mesi, con un barone tedesco) e (dieci anni dopo) Giuseppe Drommi, console a Panama, è stata gaudente fanciulla della Dolce Vita [...] Studi al collegio Assunzioni (poi in Svizzera), un ”no” al cinema (a 16 anni rifiutò la parte di protagonista in un film sulla vita della Gioconda), debutto sulla scena al Musichiere (’Ma ero diventata famosa perché avevo un pappagallo che parlava e cantava l’opera”), carriera subito interrotta (’Papà non voleva, per la famiglia sarebbe stata un’onta, nonno Hubert fondò il conservatorio dell’Avana, oh cazzarola!”) [...] gli anni dorati, Patrizia bellissima ed esuberante, contesa dai ”meglio partiti coronati”. Fino allo scandalo: si fidanza con il miliardario Farouk Chourbagi, ucciso dall’amante gelosa Claire Bebawi, un giallo internazionale. Celebri le sue intemperanze con gli amanti maldestri. Come il lancio dalla finestra di uno zibellino da 300 milioni. Me lo comprò a Ginevra un fidanzato algerino. La sera stessa abbiamo litigato. Ma pensavo: siamo in Svizzera, dove cade lo ritrovo. E invece è sparito prima ancora di toccare terra”. Un anello con smeraldo (’Grosso come una saponetta, ce l’aveva uguale Farah Diba”) si sminuzzò sbatacchiato contro le mattonelle del bagno dell’Hotel de Paris, a Montecarlo. Una collezione completa di Chanel (80 capi) tornò al mittente: tagliata a striscioline con rasoio: ”Così quel cretino non la poteva dare indietro [...] Non ho avuto il lusso, ma lo spreco, degli oggetti non me ne sbatte un cuifolo. Sono una donna ironica e libera, ho pagato per questo, ma lo rifarei. Mamma mi voleva su un trono, ho mandato a quel paese anche lei”» (Giovanna Cavalli, ”Sette” n. 48/2001).