Varie, 5 gennaio 2005
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Perrin Jacques
• Parigi (Francia) 13 luglio 1941. Attore. Regista • «Una carriera tutta particolare quella di Jacques Perrin: interprete sommesso e gentile di sofferte storie d’amore - indimenticabili come i primi film in Italia, La ragazza con la valigia e Cronaca famigliare di Valerio Zurlini - e comunque di personaggi delicati, immersi spesso nella malinconia del vivere, come nei più recenti Il deserto dei Tartari (ancora di Zurlini) o Nuovo cinema Paradiso di Tornatore, amato da autori come Jacques Demy, Costa-Gavras, Chabrol, è produttore e regista, il più insolito nella storia del cinema e non soltanto francese, caratterizzato dal netto rifiuto del comune cinema commerciale. [...] l’esplorazione della vita degli insetti in Microcosmo, il popolo dell’erba (1995), dopo l’affascinante racconto del percorso di trenta specie di uccelli in Il popolo migratore (2001) [...] ”[...] Ho scoperto la possibilità di unire il lavoro con il piacere della conoscenza del mondo in cui viviamo, un’esaltazione troppo forte per rinunciare. E non importa se non è cinema commerciale, ho una sola vita, non posso sprecarla per i soldi [...] l’ho scoperta una ventina di anni fa, con le riprese di Les quarantièmes rougissants, ero un ingegnere che faceva il giro del mondo da solo in barca a vela, siamo stati in mare per mesi e mi è venuta voglia di comunicare quello che osservavo. Ecco, io mi definisco un passeur, uno che ha la capacità di vivere le cose che la natura offre e passarle agli altri. Lo faccio con rispetto e con rigore, cercando di dare un’identità alle cose che faccio [...] Ho sempre amato la musica, mi piace pensare alla vita come una partitura musicale, sono felice di aver trasmesso questa passione ai figli più piccoli [...] C’è una grande differenza tra la mia generazione e i ragazzini di oggi, che si divertono con quello che offriamo loro, noi per divertirci usavamo l’immaginazione. Avevamo poco, ma non invidiavamo chi aveva di più, eravamo più semplici e, forse, più felici, con la consapevolezza di dover contare su noi stessi per avere quello che volevamo. Ho acquistato la volontà di scegliere quello che mi piace e di accettare ogni rischio, anche quello di scarsi risultati economici e di restare fuori dai normali circuiti del cinema [...] Malgrado la famiglia, non pensavo di fare l’attore, ma detestavo la scuola e a 14 anni decisi di lasciarla. Dovevo lavorare, il cinema era un mezzo per guadagnare, ma non pensavo ad una carriera. Devo a Zurlini e al cinema italiano se in qualche modo lo è diventata [...] mi sono inventato la felicità di una vita differente che mi ha riportato indietro nel tempo e mi ha dato un rapporto sereno con gli altri e con il mondo”» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 2/1/2005).