varie, 3 dicembre 2004
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ELKANN Lapo New York (Stati Uniti) 7 ottobre 1977. Manager. Figlio di Margherita Agnelli e dello scrittore Alain Elkann, fratello dell’erede designato dell’Avvocato Gianni Agnelli, John Philip Elkann
ELKANN Lapo New York (Stati Uniti) 7 ottobre 1977. Manager. Figlio di Margherita Agnelli e dello scrittore Alain Elkann, fratello dell’erede designato dell’Avvocato Gianni Agnelli, John Philip Elkann. Si è fatto le ossa nel marketing: prima alla Ferrari, poi alla Maserati, infine nell’ufficio relazioni esterne della casa madre. Nel suo curriculum professionale anche l’esperienza di un anno come assistente personale di Henry Kissinger, lo stratega americano grande amico del nonno. Ha lanciato le esclusive felpe Fiat, che accostavano allo stile vintage dei materiali tessili il marchio e il logo usato negli anni Trenta • «[...] il giovane erede che somiglia più di ogni altro nipote all’avvocato Agnelli e che indossa i vecchi vestiti del nonno con voluto manierismo [...] ”Nome indovinato, vero? Facile da ricordare e quindi competitivo. Non per niente lo scelsero mio padre e mia madre, uno scrittore che sa trattare con le parole e una pittrice che pensa per immagini. Chiamarmi Lapo mi consente di omettere il cognome [...] I grandi cognomi non sempre sono una comodità. C’è il rischio di rimanerci ingabbiati per sempre. Io cerco rispetto e apprezzamento per il lavoro che faccio e per i risultati che porto. E lì che voglio esprimere le cose che ho nella testa, nel cuore e nella pancia [...] Testa è ragione. Cuore è passione. Pancia è feeling, capacità di sentire subito le cose a pelle [...] Sarei uno sciocco a non riconoscere la fortuna che ho avuto. Ma voglio spiegarmi con una metafora. Il caso, che distribuisce le carte per il poker della vita, a me ha dato una scala reale. Ma se non la so giocare, posso perder tutto alle prime mani. Per questo ho cominciato a smazzare molto presto [...] Lavorando alla catena di montaggio della Piaggio a 17 anni, facendomi tutto il servizio militare da soldato semplice e poi affiancando Henry Kissinger praticamente come un portaborse. Sono tutte esperienze che uno tiene nel proprio giardino segreto, ma che si rivelano strumenti utili per qualsiasi lavoro futuro [...] Otto ore al giorno alla linea sul Typhoon 50 per due mesi estivi. Montavo ammortizzatore e cavalletto. Non ho la presunzione di aver provato la vita operaia, ma il lavoro in linea sì, quello oggi so cos’è. stata un’esperienza dura e formativa, con gente tosta, gente di Toscana [...] Portavo i capelli alla Jackson Five e dicevo di avere un padre operaio alla Peugeot. Ci hanno creduto finché non mi hanno visto in tv allo stadio di Torino, inquadrato accanto a mio nonno. Ma ero già via, non ho mai saputo come l’hanno presa [...] Guadagnavo poco più di un milione al mese, messo via come una reliquia. Di quei soldi non ho mai toccato una lira. Hanno più valore di altri [...] Io non sono ricco [...] Venire da una famiglia ricca non vuol dire essere ricco. Lo sarò il giorno in cui avrò molti soldi ottenuti con il mio lavoro. Del resto, non ho mai chiesto niente a nessuno. Quando ho voluto il primo motorino, ho venduto i miei vestiti più belli ai compagni di liceo a Parigi. Conosco l’obiezione: i vestiti te li comprava la mamma. Va bene, però io me ne privavo [...] mio nonno per me non era l’Avvocato. Era un signore affettuoso con cui mangiare hot dog per le strade a New York, visitare i musei, fare lunghe passeggiate chiacchierando. Quando ha cominciato a star male, ho lasciato l’America per rimanergli accanto [...] mio padre è nato da un francese ebreo ashkenazita e da un’italiana ebrea sefardita. Mia madre è diventata cristiana ortodossa. Io sono un po’ cattolico e un po’ ebreo [...] Prego lo stesso Dio dentro una sinagoga e dentro una chiesa. Per quanto riguarda gli ambienti, invece, mi trovo decisamente più a mio agio con gli ebrei [...] Gli ebrei sono un team, una squadra. Insieme sanno far girare le cose. L’ho capito e ne ho fatto tesoro nel corso del mio anno e mezzo a fianco di Kissinger [...] Kissinger è un uomo che non ha bisogno di nessuno. ”Come diventargli utile?’, mi sono chiesto e ho avuto l’idea di insegnargli a usare il computer per 30 minuti ogni mattina. Così ho conquistato il suo rispetto e sono entrato nella sua squadra. C’era appena stato l’11 settembre e ho invidiato agli americani la forza di valori a noi sconosciuti, come l’attaccamento alla bandiera [...] Quando ho fatto il giuramento da alpino, con il fucile e il cappello piumato, ero profondamente commosso. E così mio padre e mio fratello che assistevano alla cerimonia. La bandiera è appartenenza, è coesione con il proprio Paese. Io amo l’Italia e amo la Fiat. Sa qual è la cosa che mi fa veramente rabbia? [...] I nostri politici che sfoggiano auto straniere. Quando la Renault era in crisi , tutti i politici francesi si facevano vedere al volante dell’Avantime. La Fiat ha fatto del bene al Paese e continuerà a farlo, ma è insopportabile vedere gente che ha cariche istituzionali a bordo di un’Audi o di una Bmw [...] il presidente Ciampi, quando è andato ad Atene, ha fatto trasportare via mare una Maserati quattro porte pur di mostrarsi su un’auto nazionale [...]» (Stefania Rossini, ”L’espresso” 1/9/2005). «[...] Un aspetto insolito del lavoro di Lapo è che deve render conto ad un altro Elkann, John, il fratello maggiore di un anno che è vice presidente di Fiat Spa: ”John è il mio capo sul lavoro però è anche il mio migliore amico, quello con cui ci confidavamo tutto da piccoli, oltre a litigare giocando con le macchinine. Riferire a lui mi onora, perché John è molto determinato e rigoroso. Io...beh, io sono diverso per formazione e studi. Ed altro. Però Jaki (passa a chiamarlo così; n.d.r.) ed io abbiamo molte passioni in comune. Dalla Juventus, alla Ferrari a Valentino Rossi” [...]. Una famiglia con diramazioni e origini disseminate in ogni angolo della terra, quella degli Elkann. Col papà, Alain, che ha influito molto nella formazione dei figli: ”Mio padre ha avuto il pregio di non spingerci mai. Ci ha però sempre illustrato le cose e ce le ha fatte capire vivendole in diretta. Noi abbiamo frequentato molto Alberto Moravia e Indro Montanelli, ad esempio. Con Montanelli ho discusso di guerre, di letteratura ma pure di Fiorentina e Juventus. L’origine ebraica di mio papà è stata un supplemento di conoscenze da approfondire e da esplorare. Ma sono altrettanto orgoglioso delle diverse origini di mia madre, che ci ha trasmesso il suo profondo slancio spirituale. Anche lei è un’artista, dipinge”. [...]» (Pino Allievi, ”La Gazzetta dello Sport” 3/12/2004).