19 novembre 2004
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CERIONI Stefano. Nato a Madrid (Spagna) il 24 gennaio 1964. Campione di fioretto. Medaglia d’oro alle olimpiadi Seul 1988
CERIONI Stefano. Nato a Madrid (Spagna) il 24 gennaio 1964. Campione di fioretto. Medaglia d’oro alle olimpiadi Seul 1988. «Cresciuto a Jesi e svezzato schermisticamente dal maestro Triccoli, è stato uno dei protagonisti del fioretto degli anni ’80-90. Bronzo individuale e oro a squadre ai giochi dell’84, ebbe il suo anno favoloso nell’88, quando oltre all’Oro olimpico conquistò la Coppa del Mondo. Frenato da un carattere irascibile in pedana, che gli costò anche una lunga squalifica [...]» (Paolo Marabini, ”La Gazzetta dello Sport” 19/11/2004). «Dio, ogni stoccata del fioretto tedesco (orientale) di Udo Wagner sembra penetrarci tutti, a noi italiani. Udo Wagner di grande, per fortuna, ha solo il nome. Sulla pedana del Gymnasium dell’Olympic Park il vero gigante è Stefano Cerioni, che combatte sino all’ultimo respiro, che attacca a folate, con la sua scherma violenta e devastante. la mia vendetta, loro non mi volevano a queste Olimpiadi, eccomi qui, dopo quindici mesi di squalifica, eccomi a battermi per l’oro ci aveva detto Stefano, loro sono i giudici di Sofia che nel luglio dell’86 lo punirono per l’ennesima sua intemperanza: aveva sbattuto la maschera per terra, dopo aver perso con l’amico e compagno di squadra Andrea Borella. Sotto gli occhi dello stesso giudice di Sofia, il francese Thierry Brouquier, che qui è presidente della giuria. La finalissima è cominciata alle 22,09, sono trascorsi appena trentasette secondi di duello effettivo e il nostro si trova sul due pari, poi è tre a due quattro secondi dopo, un colpo a sorpresa, così lesto che Udo nemmeno se ne accorge. Una progressione esaltante La progressione di Stefano-ariete è esaltante, inarrestabile. Quattro a due al cinquantunesimo secondo, cinque a due al 55esimo, sei a due che è trascorso un minuto e undici secondi. Colpi d’istinto, movimenti rapidissimi, Wagner sembra frastornato. Reagisce con due attacchi, costringe alla difesa Cerioni e lo tocca due volte consecutive. Sei a quattro. Paura. Che succede? Stefano va all’assalto, ma a vuoto. L’altro resiste, i colpi sono in contemporanea. Cattivissimo! incita con un urlo che perfora la volta del Gymnasium, è il commissario tecnico Attilio Fini, cattivissimo! ripete, allora Stefano balza con la forza di una tigre e in quindici secondi colpisce tre volte, e sono tre colpi audaci, tre colpi inconsueti, che toccano la testa dell’avversario, il petto, una volta sotto al collo. Come si può dominare il gigante italiano, novanta chili per un metro e novantuno? Wagner si trova ora sotto di quattro stoccate. Conquista terreno, avanza, lui che è un tempista si sente rubare il tempo dall’italiano, ecco un paio di controcavazioni che vanno a segno: 9 a 5, 9 a 6, il momento è delicato, Cerioni accusa la reazione di Wagner, si fa trafiggere ancora una volta, 9 a 7. Cerioni ricorre ad un trucco, chiede tempo, mostra la mano sinistra, un graffio, solleva la maschera, prende fiato, rompe cioè il ritmo. Riprende che si trova in un battibaleno dalla parte del nemico, lo stana, lo costringe ad una difesa affannata, lo uccide, s’intende, per finta. Ma è dieci a sette, è la morte del tedesco che si sente di pietra e resta folgorato. Succede a chi perde. La medaglia d’oro è di Cerioni. L’urlo di Stefano sale in cielo, il cielo di questo palazzetto mezzo vuoto perché ai coreani la scherma piace poco. finita, ore 22 e 19, dopo due minuti e 8 secondi effettivi di schermaglie e 17 stoccate andate a segno, una ogni sette secondi e mezzo Tirar di scherma è l’ultimo romantico sentiero della cavalleria trasformata in competizione sportiva. La tradizione persino formale è mantenuta non solo dalle regole e dal comportamento, ma anche dal bianco delle tute che, al contrario dei costumi da bagno o dei completini da tennis, son rimaste le stesse di un secolo fa. Le sale da scherma sono club di gentiluomini, i maestri d’arma sono il talento che si perpetua. Cerioni deve tutto al maestro di Jesi Ezio Triccoli, che lo ha preso in carico quando aveva otto anni e lo ha plasmato senza alterarne il carattere e l’irruenza. Edoardo Mangiarotti - trentasette medaglie d’oro fra olimpiadi, campionati mondiali e campionati europei - sostiene che grande maestro è colui che riesce ad assecondare la natura dello schermidore, non costringendolo a scelte tecniche forzate ed innaturali: La scherma di Cerioni è forza più che stile, lui incalza, non dà tregua. [...] Cerioni rappresenta la nuova scherma, più potente, più ruvida, dove conta molto l’impulso. [...] un Ettore Fieramosca dagli occhi scuri che sprizzano furore, dalla forza travolgente, l’impeto del Rodomonte. [...] ”A Los Angeles vinsi solo il bronzo per colpa del mio carattere. A Sofia ho rischiato di bruciare la carriera. Quindici mesi a lavorare, ad allenarmi solo. stata dura: ma io volevo vendicarmi, volevo dimostrare che ero il migliore. Dicono che sono aggressivo? Nella vita privata proprio non credo, ma in pedana lo sono per forza. Non si può vincere senza essere aggressivi. Durante le fasi eliminatorie mi sono trovato di fronte un coreano, tale Kim Seung Pi, che era scorretto. Sul tre a uno per lui, io ho attaccato, lui mi ha risposto con un cazzotto in faccia. Non ci ho visto più: l’avrei strangolato. Per fortuna che mi sono ripreso e l’incontro è finito 10 a 7 per me. Questa medaglia è arrivata dopo un torneo, per me, tutto in salita. Ho temuto l’eliminazione dopo aver perso il primo assalto del pomeriggio. Mi sono autocontrollato, volevo vincere questa gara ad ogni costo. Quattro ripescaggi ho dovuto fare per ritrovarmi fra gli otto finalisti. Il mio stile? Non assiomiglia a nessun altro. il mio e basta. Questa medaglia la dedico a me stesso, che faccio scherma a tempo pieno, che sono ragioniere, che frequento il quarto anno dell’Isef e ho appena sostenuto cinque esami, che gareggio per le Fiamme Oro, che sono un poco superstizioso e che ho dato un grosso dispiacere a quei signori che non mi volevano vedere qui a Seul”» (Leonardo Coen, ”la Repubblica’ 22/9/1988).