Varie, 19 agosto 2004
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Johns Jasper
• Augusta (Stati Uniti) 15 maggio 1930. Artista • «Ha quel modo, alla Jimmy Stewart, di apparire melanconico e divertito al contempo. Sul muro ha appuntato una nota: “Non dimenticare la corda”. Johns non ama molto parlare della sua arte. Sa che, spiegando quel che vuol dire, rischia di limitare i significati che altri potrebbero trovarvi. La sua aspirazione al titolo di Maggior artista mondiale vivente è confermata dalla sua incredibile ricchezza - una sua opera da sola è stata venduta per quasi 18 milioni di euro - e dal fatto che Flag (la sua celebre Bandiera), uno dei primi lavori, sia diventata un’icona che nelle camere dei college americani occupa il posto che in quelle inglesi ha il Nudo blu di Matisse. Quando, alla fine degli anni Cinquanta, comparvero sulla scena artistica gli studi di Johns sugli oggetti quotidiani, le sculture di lattine di caffè e di birra, furono letti come un’opposizione a Jackson Pollock e agli impressionisti astratti e da allora Johns è stato chiamato il padre della Pop Art. Lui altezzosamente rifiuta entrambi i giudizi. “Non penso che abbia importanza quel che Flag evoca, purché tenga occupati gli occhi e la mente - dice Johns dell’arte in generale -. Ognuno deve trovare il suo modo di usufruirne. E questo modo cambia con il tempo”. Johns non è solitario, ma neanche molto socievole. [...] Parla a frasi brevi ed enigmatiche, che scherzosamente sgonfiano tutte le trombonate che sono state scritte su di lui . La sua ritrosia potrebbe in parte derivare dall’ambiente in cui è nato; come Rauschenberg e Cy Twombly, due artisti con cui Johns ha molto in comune, è cresciuto nel Sud in un tempo in cui chi aveva aspirazioni artistiche veniva consigliato di lasciar perdere. Suo padre era un agricoltore, divorziato dalla moglie, e Johns da bambino è passato da un parente all’altro. Non è stato un periodo felice e lui dice che “moriva” dalla voglia di andarsene. “Nella mia infanzia c’era assai poca arte. Sono cresciuto nella Carolina del Sud e laggiù non c’era arte. A Charleston c’era un piccolo museo, che non aveva nulla di interessante. C’erano esposti gli artisti locali, quadri di uccelli”. Dopo aver studiato arte alla University of South Carolina, ha fatto un periodo di servizio militare obbligatorio ed è finito a New York, dove ha conosciuto Rauschenberg e due altre personalità che hanno esercitato una grande influenza su di lui, il coreografo Merce Cunningham e il compositore John Cage. “In un certo senso non si comincia mai. Ci sono momenti in cui si cambia corso, ma quasi tutto ciò che si impara, se questa è la parola da usare, accade gradualmente. A un certo punto, verso la metà degli anni Cinquanta, ho detto, ‘Sono un artista’. Prima, per molti anni, dicevo, ‘Diventerò un artista’. Poi ho vissuto un cambiamento nelle idee e nel cuore. Ciò che ha mutato ‘diventerò un artista’ in ‘sono un artista’ è stato, in parte, un cambiamento spirituale”. Il movimento artistico di moda di quel periodo era l’espressionismo astratto, dominato da Pollock e Willem de Kooning. Ma invece di entrare a farne parte, Johns e Rauschenberg gli si sono amichevolmente opposti. Non fu, dice Johns, una decisione cinica; semplicemente i suoi interessi erano altrove. Pensava al talento nei termini di “un comportamento inevitabile e necessario”. Una volta, per mostrare le loro differenze, Rauschenberg prese un disegno di Willem de Kooning e lo cancellò ostentatamente, un gesto reso meno aggressivo dal fatto che de Kooning gliel’aveva dato proprio a quello scopo. Poi, nel 1960, Johns sentì dire che de Kooning aveva criticato Leo Castelli, il suo gallerista, dicendo: “Quel figlio di puttana, se gli dai due lattine di birra lui riesce a venderle”. Johns fece immediatamente una scultura di due lattine di birra e Castelli gliela vendette. L’opera più importante di Johns per quel che riguarda i simboli è Flag , una delle prime, eseguita nel 1955. È un collage di “stelle e strisce” fatto con l’encausto, una sostanza simile alla cera in cui Johns faceva cadere dei pezzetti di giornale e lasciava che vi si assestassero. Flag metteva in discussione l’idea che i simboli dello Stato fossero fissi e inviolabili, che non potessero essere, in nessun caso, oggetto di interpretazione, e fu accolta al tempo come blasfema. I pezzetti di giornale rappresentavano le storie inventate su cui sono costruite le nazioni e l’encausto, un materiale instabile, fu interpretato dai critici come una metafora della natura mutevole dell’identità. Queste sottigliezze sono andate in gran parte perdute nella riproduzione di massa dell’opera e ora Flag viene esibita spesso come una chiara espressione di patriottismo. “Ma io non avevo intenzione di fare dichiarazioni patriottiche. Molti hanno pensato che fosse un’opera sovversiva e sgradevole. È buffo vedere come i sentimenti si ribaltino”. Johns non è mai stato particolarmente disposto a discutere di quanto il contenuto teorico delle sue opere fosse intenzionale. Una volta, dopo un lungo scambio assai poco illuminante, un giornalista esasperato gli chiese se scegliesse i materiali perché gli piacevano o perché li trovava così. Johns ci pensò un momento su e rispose, “Mi piacciono perché li trovo così”. Oggi dice: “L’encausto fu una soluzione a un problema. Dipingevo con colori a olio e non si asciugavano abbastanza rapidamente per me e io volevo aggiungere un’altra pennellata. Ho letto dell’encausto e così ho provato a usarlo”. Johns non pensava che sarebbe diventato famoso. In un certo senso, dice di essere stato più sorpreso quando ha venduto il primo quadro di quando False Start è stato comprato dalla casa editrice Newhouse per 12 milioni di sterline nel 1988. “Non avevo quel tipo di pensieri. Bob sì. Gli ho letto un passaggio dall’Autobiografia di Alice B. Toklas (il romanzo di Gertrude Stein che gioca con la realtà in modo simile alle opere di Johns e che, come ammette lui stesso, l’ha influenzato, ndr ) e Bob ha detto ‘Un giorno scriveranno così di noi’” [...]» (“Corriere della Sera” 19/8/2004).