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 2004  agosto 06 Venerdì calendario

Biografia di Bianca Pitzorno

PITZORNO Bianca. Nata a Sassari nell’agosto del 1942. Scrittrice. « certamente la più popolare tra gli autori italiani per bambini e ragazzi, una scrittrice che tutti, anche gli adulti più distratti o i più tenaci spregiatori della letteratura infantile, hanno sentito nominare almeno una volta, se non per aver letto di lei e dei suoi libri (quasi tutti tradotti all’estero e superiori per vendite e tiratura a molti best-sellers per adulti), almeno per essersi imbattuti in qualche sua adorante lettrice con il naso sprofondato in Ascolta il mio cuore o Polissena del Porcello . E la parola lettrice va sottolineata, perché, se è vero che i suoi romanzi non sono disdegnati dai maschi (notoriamente meno affezionati alla lettura e senz’altro restii, fino a un certa età, ad affrontare libri con protagoniste femmine ) non si può negare che a leggerli, amarli e a volte portarseli dietro sino all’età adulta siano soprattutto le bambine e le ragazze. I libri di Pitzorno, che si rivolgano ai più piccoli come La storia di Lavinia, Clorofilla dal cielo blu o il recentissimo Giulia Bau, o che parlino ai pre-adolescenti come Diana, Cupido e il Commendatore e Tornatras, sono infatti tutti connotati da una fortissima presenza femminile, sotto il segno di quello che si potrebbe definire un ”eroinismo” moderno ma direttamente discendente da quello di certe scrittrici del ’700 e dell’800, [...]» (Francesca Lazzarato, ”il manifesto” 24/10/2004). «I suoi personaggi, da Polissena a Lavinia, sono figure di culto per i piccoli lettori, anzi soprattutto lettrici [...] ”il mio modello, umano e di scrittura, è Victor Hugo. Segue tutte le battaglie civili più giuste, come quella contro la schiavitù. [...] I genitori di mio nonno erano piemontesi. Si chiamavano Stefano Bertino e Maria Toreno, detta la francese. Verso il 1865 sono venuti in Sardegna a far fortuna. Il fratello di lui (che nel Giorno del giudizio di Salvatore Satta è il personaggio detto ”il piemontese”) era carpentiere, Stefano costruiva strade. Mi piacerebbe saperne di più, pare venissero da un posto chiamato Graglia”» (Elena Loewenthal, ”La Stampa” 6/8/2004). «Le bambine di Bianca Pitzorno, ha scritto una volta Faeti, sono capaci di andare dove non è arrivata neppure Alice. Le sue Clorofille, Lavinie, Melisende, Polissene, Colombe, Prische, Sophie - nomi strampalati, talvolta ispirati dall’elenco telefonico o dai necrologi - appaiono sempre beffarde e intrepide nel varcare terreni inesplorati. Eppure la più importante scrittrice italiana per l’infanzia, quella più tradotta all’estero [...] appare un po’ a disagio in un mondo che riconosce sempre meno come suo, la comunità degli autori per ragazzi, ormai assediato dalla dittatura del marketing. ”Ho conosciuto una stagione d’oro in cui i direttori editoriali sfidavano i loro colleghi del commerciale”, dice la Pitzorno. ”Non si facevano tirature da Harry Potter, ma si costruivano cataloghi di tutto rispetto. Oggi mi capita sempre più spesso di essere invitata ai convegni di letteratura infantile e di trovarmi seduto accanto il topo Stilton”. L’autrice Elisabetta Dami, vuole dire? ”No, magari: con Elisabetta parlerei volentieri. Mi riferisco al topo in carne ed ossa, un attore vestito da Stilton che disquisisce di strategie narrative. Ma che ci faccio io lì?”. [...] Bianca Pitzorno ha una formazione storico-archeologica, cui attinge nella costruzione dei suoi libri. Dal debutto [...] è vasta l’eco dei riferimenti letterari, preferibilmente pescati nella tradizione del romanzo ottocentesco, tra Dickens, Charlotte ed Emily Brontë, Balzac, Tolstoj. Se le domandi qual è l’autore che sente più vicino, risponde Victor Hugo, ma è anche figlia di Karin Michaëlis e della sua serie Bibi come dei feuilleton di Carolina Invernizi che trovava a casa da piccola. Tra le difficoltà che oggi la immalinconiscono c´è quella di non poter scrivere anche per un pubblico adulto. ”Sono e devo rimanere una scrittrice per ragazzi. Fatico a liberarmi da quella che per me è come una gabbia. Ci ho provato anni fa con un libro su Eleonora d´Arborea, ma Mondadori voleva pubblicarlo nelle collane per ragazzi: rischiavo di annoiare intere scolaresche [...] lo stesso destino toccò a un classico quale Rodari. Da noi gli autori per adulti possono di tanto in tanto ’scendere’ ai ragazzi, con esiti non sempre felici. Mai accade il contrario[...] Ho sempre distinto tra scrittori-genitori e scrittori-zii: io appartengo alla seconda schiera. Nell’autore che ha figli c’è sempre una vena paternalistica che tende a riassorbire la ribellione del bambino. L’autore che non ne ha rimane dalla parte dei bambini. Stevenson e Carroll non avevano figli, Kipling sì. Leggendoli te ne accorgi”» (’la Repubblica” 24/3/2006).