Varie, 25 giugno 2004
KIMSOOJA.
KIMSOOJA Taegu (Corea del Sud) 1957. Artista. Video • « dritta, immobile, di schiena in mezzo a una folla scomposta che fluisce attorno a lei. in una via di Tokyo, poi di Shanghai, poi Delhi e New York. [...] l’immagine del flusso di un fiume umano fatto di innumerevoli volti che seguono ciascuno una propria corrente interna, mentre i loro occhi guardano curiosi o evitano indifferenti la performer al centro della strada. In un altro video, l’artista si traveste da mendicante e, sempre di spalle, immobile chiede l’elemosina al Cairo, a Lagos, a Città del Messico. ”Mi metto allo stadio più basso della condizione umana e sperimento con il mio corpo e la mia vita la reazione delle persone [...] Il mio corpo - racconta l’artista che ha iniziato il proprio rapporto con il cucito a 18 anni assemblando frammenti dei vestiti della nonna morta - è come un ago in mezzo alla folla. Nel cuore delle diverse città del pianeta percepisco, stando immobile, la differenza di cultura, stato sociale, razza, economia, delle persone e nello stesso tempo cerco un contatto con chiunque passi in quell’istante. A Tokyo hanno fretta, evitano di guardarti negli occhi e alla fine ti sembra di non esistere. Più le società sono civilizzate e meno attenzione c’è verso gli altri, meno sono globalizzate più le persone sono curiose e interessate”. Le stoffe coloratissime stese sotto ai ventilatori e accompagnate da suoni tibetani, sono i copriletto che tradizionalmente in Corea usano le giovani coppie di sposi a partire dalla prima notte di nozze. Sono decorati con simboli augurali di buona fortuna, amore e lunga vita; sono coperte che l’artista trova nei negozi dell’usato ed espone per ricordare quello che è stato l’incontro di una coppia che, per una ragione o per l’altra, non è più insieme. ”La coperta è la parte simbolica del corpo - afferma - è la cornice della nostra vita dalla nascita alla morte. In queste coperte c’è la storia di coppie non più unite, il mantra di sottofondo l’ho messo per celebrare ciò che è stato in un certo momento, per la compassione che provo verso vite e volti anonimi”. In ogni installazione si avverte il concetto di circolarità dell’esistenza, dal techno-mandala posto all’ingresso del Padiglione: il frammento di un juke-box trovato in un negozio per giocatori d’azzardo a Manhattan, al passaggio asincrono, in due video, di gente comune che cammina e avanza prima in un monitor poi, come in un deja-vù, nell’altro. Il lavoro straordinario di Kimsooja è un lavoro di cucito sociale, di umiltà e conoscenza. L’ego scompare nella sua immagine di schiena vestita di grigio, e appaiono i volti di molte persone colorate che svolgono le loro quotidiane attività invisibili, come tante opere in movimento. ”L’ago passa da una parte all’altra della stoffa, unisce, lascia una traccia ma non c’è mai. - afferma l’artista - stato interessante vedere le reazioni della gente nei vari paesi mentre facevo la mendicante: al Cairo mi davano soldi falsi, poi qualcuno mi ha messo nella mano un pulcino. Nel sentire questa cosa viva mi sono spaventata e alla domanda che mi ero posta insistentemente su cosa stessi facendo e cosa stessi cercando, è arrivata la risposta da quest’uomo: stai chiedendo la vita”» (Manuela Gandini, ”La Stampa” 25/6/2004).