L’Indipendente 13/06/2004, 13 giugno 2004
Un giovane timido e affamato Carlo d’Asburgo era nato il 24 febbraio 1500 a Gand, nelle Fiandre. Suo padre, l’arciduca Filippo il Bello era signore dei Paesi Bassi e figlio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo e di Maria di Borgogna; sua madre Giovanna, nata da Ferdinando e Isabella di Spagna, era erede dei regni d’Aragona e Castiglia
Un giovane timido e affamato Carlo d’Asburgo era nato il 24 febbraio 1500 a Gand, nelle Fiandre. Suo padre, l’arciduca Filippo il Bello era signore dei Paesi Bassi e figlio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo e di Maria di Borgogna; sua madre Giovanna, nata da Ferdinando e Isabella di Spagna, era erede dei regni d’Aragona e Castiglia. Quest’incredibile intreccio di titoli riassume assai bene la novità che sconvolse le battaglie dinastiche nell’Europa tardo-medievale. In sostanza: gli Asburgo, per qualche secolo, si dedicarono a sposare bene. Erano la famiglia più potente dell’Europa centrale fin dal 1278, anno in cui conquistarono il ducato d’Austria. E nei 150 anni successivi, mentre i signori di Wittelsbach e Lussemburgo si disputavano il titolo di imperatore, allargarono e fortificarono i loro dominii. Fu Federico III, nel 1438, il primo Asburgo a salire sul trono di Carlo Magno: quel seggio resterà alla «casa d’Austria» fino al 1806. L’acronimo scelto dal capostipite è più di un programma: AEIOU, Alles Erdreich Ist Osterreich Untertan (tutto il mondo è soggetto all’Austria). Il mezzo individuato non furono le guerre, ma le più prosaiche alleanze matrimoniali coi regnanti di tutta Europa: Carlo V, evidentemente, è il punto più alto di questa strategia. Certo il giovane imperatore fu anche parecchio fortunato. Una serie impressionante di morti gli fornì assai presto le chiavi dei suoi molti regni: se ne andarono suo padre, i suoi cugini e zii spagnoli, suo nonno l’imperatore. Sua madre Giovanna, invece, si limitò a perdere il senno. Il futuro imperatore rimase nelle Fiandre fino all’adolescenza, allevato dalla zia Margherita, circondato da dotti umanisti e uomini di fede, in primo luogo Adriano di Utrecht, che lo seguirà in Spagna e poi diverrà papa col nome di Adriano VI. Carlo di Gand era un ragazzino solitario, timido e riflessivo; appassionato più all’esercizio fisico, all’equitazione e alla caccia che ai libri e alle lingue (parlava solo francese), ma nonostante ciò di salute cagionevole. Anche l’aspetto fisico non l’aiutava: l’incarnato era pallido, gli occhi sporgenti, la mascella così larga da sembrare deforme (una caratteristica degli Asburgo). Tutti i contemporanei comunque concordano nel definirlo un ragazzo morigerato e un modello di devozione religiosa: confessarsi e assistere alla messa furono sue abitudini, frequentissime, per tutta la vita. Solo un vizio, e smodato, l’accompagnò sempre: la gola. La sua colazione consisteva in un cappone cotto nel latte con zucchero e forti spezie e il resto dei pasti procedeva di conseguenza. «Ogni sorso dell’imperatore equivale a una buona pinta di vino del Reno», notavano i suoi cortigiani. I medici e gli amici lo supplicarono a lungo di moderarsi, ma senza risultati. I danni non si fecero attendere: a trent’anni Carlo ebbe i primi attacchi della gotta che lo perseguitò tutta la vita. Soffrì anche di prostata. Il suo medico personale, il dottor Felipe, ideò per lui una terapia particolare, molto in voga nel XVI secolo: mediante una sonda introduceva nell’uretra una «candeletta» contenente una sostanza corrosiva a base di calce viva, albume d’uovo e bava di lumaca (doveva essere tenuta ”in sede” per una settimana). L’idea era che l’azione corrosiva avrebbe in qualche modo «macerato» la prostata.