Varie, 24 giugno 2004
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Schine Cathleen
• Westport (Stati Uniti) 1953. Scrittrice • «Non ha niente dello stereotipo dell’autore di best seller. [...] “Non amo definirmi romanziere, lo trovo presuntuso. Ma dopo il successo de La lettera d’amore, tradotta in dodici lingue, e de Le disavventure di Margaret, mi impongono di farlo [...] È vero che i miei libri hanno più successo all’estero [...] che in America. Ma il motivo non lo so spiegare [...] Non penso mai ai miei lettori, perché non so chi sono, né cosa vogliono [...] Sono diventata scrittrice perché non riuscivo a trovare un lavoro vero. All’inizio l’ho fatto segertamente, nessuno sapeva che stavo lavorando alla mia prima opera, Alice in bed. Temevo letteralmente di non essere capace a portare a termine un romanzo. [...] Il giornalismo mi ha insegnato a considerare la scrittura un mestiere da prendere professionalmente sul serio, cosa che molti giovani scrittori non fanno. Mi ha anche insegnato a scrivere per il dovere di farlo. Ben presto mi sono però accorta che più che a quello che scrivevo ero interessata alla struttura del pezzo, ai dettagli, divagavo dall’argomento che mi era stato assegnato. Mi sono insomma resa conto che producevo fiction. E allora ho abbandonato il giornalismo e sono passata alla fiction vera, io romanzi. [...] Da giovane leggevo solo Colette e Fëdor Dostojevskij, due autori che non potrebbero essere più diversi tra loro. In età già adulta ho invece scoperto Charles Dickens, lo scrittore che mi ha rivelato la bellezza della lingua inglese. Ma amo anche Jean Austen”» (Sandra Cecchi, “Panorama” 10/9/1998) • «Il libro dal quale mi piacerebbe essere stata più influenzata è di un poeta che si chiama Randall Jarrell. Si chiama Pictures From an Institution e non ha un vero intreccio, ma è uno dei romanzi più stupefacenti che abbia mai letto. Ammiro molto Jane Smiley e il suo Moo. Trollope è il mio eroe, penso che sia sottovalutato. È uno scrittore sottile, fra i pochi del Diciannovesimo secolo capaci di comprendere le donne. Anche Dickens è grandissimo, benché non sia di certo sottile e non avrebbe riconosciuto una donna nemmeno se ci avesse sbattuto contro. [...]» (Margherita D’Amico, 2Sette” n. 29/1998).