Varie, 24 giugno 2004
Tags : Tarak Ben Ammar
BEN AMMAR Tarak Tunisi (Tunisia) 12 giugno 1949. Produttore tv • «La sua svita si snoda tra Tunisia, America e Francia
BEN AMMAR Tarak Tunisi (Tunisia) 12 giugno 1949. Produttore tv • «La sua svita si snoda tra Tunisia, America e Francia. Sua zia sposò Habib Bourghiba, primo presidente, nel 1956, della nuova repubblica tunisina. Il piccolo Tarak arriva in Italia con la famiglia perché il padre, avvocato, è nominato ambasciatore. Studia nelle scuole internazionali in Europa, poi il volo a Washington, dove si laurea alla Georgetown University in economia internazionale. Fin da giovane, ha un pallino fisso: il cinema. Invidia gli americani che riescono a realizzare kolossal che fanno il giro del pianeta. Quando a 21 anni torna in Tunisia si incamponisce su un progetto: trasformare il suo Paese nella Hollywood del mondo arabo. Gli ci vogliono 15 anni e un impegno spossante perché quella definizione la ritrovi sui giornali europei e americani. [...] Nascono gli studios made in Tunisia e piovono produzioni che hanno fatto la storia del cinema [...] Guerre Stellari, I Predatori dell’Arca Perduta [...] Nell’84 Francois Mitterrand gli conferisce la prestigiosa Legion d’honneur [...] Nel ’90 entra in società con la Fininvest e crea la Quinta Communications a Parigi. A volerlo come partner è anche il magnate tedesco Leo Kirch [...] Diventa anche il referente del principe saudita Al Walid [...]» (’Panorama” 17/6/1998). «[...] polimorfo produttore-finanziere-mediatore-banchiere franco-tunisino e quando serve pure assai italiano [...] una presenza costante nella vita e nelle opere - spesso esaminate con interesse dalla magistratura - del Silvio Berlusconi politico e imprenditore. Tanto da concretizzare talvolta il sospetto di un vero e proprio ”soccorso - absit iniuria verbis - rosso”, del premier a cui lo legano un rapporto cominciato nell’83, una grande amicizia e molti affari in comune. C’è Tarak, ad esempio, nel processo All Iberian, che vede Berlusconi imputato di finanziamento illecito al Psi di Craxi, condannato in primo grado e poi assolto in appello perché il reato finisce in prescrizione. In quel processo Ben Ammar dichiara che i 20 e rotti miliardi di lire transitati per la società All Iberian in realtà sono diretti a lui come pagamento per una transazione [...] invitato a comparire due volte come teste dai giudici milanesi non si presenta adducendo impegni di lavoro e chiedendo invece di essere ascoltato - come non accadrà mai - a Parigi. Ma anche nel campo degli affari Tarak è uomo preziosissimo per Silvio. C’è lui, con i suoi contatti intercontinentali e interculturali, a portare il finanziere saudita Al Waleed bin Talan di cui è il plenipotenziario nell’azionariato Mediaset quando nel 1995 il Cavaliere oberato dai debiti lancia il ”progetto Wave” e fa sbarcare in Borsa la sua holding televisiva. E spunta Tarak anche accanto a quel Rupert Murdoch che prima di provare sulla sua pelle di squalo il morso del duopolio televisivo italiano aveva scelto l’alleanza con il Biscione per cercare di sfondare in Italia. Un rapporto così stretto, quello tra Ben Ammar e Berlusconi, che il produttore entra nel consiglio di Mediaset proprio nel 1995 per uscirne solo nel 2003, quando tra l’altro conquista una poltrona nel cda di Mediobanca. [...] A fine 2003 [...] è proprio Ben Ammar a rilevare 776 frequenze analogiche in Italia che Murdoch era stato obbligato a vendere dall’Antitrust europeo dopo la fusione Stream-Tele+ da cui nasce Sky Italia. Poi, assieme ai francesi di Tf1 e ad Angelo Codignoni - altra vecchia conoscenza del cavaliere - lancia nel 2004 il canale Sportitalia. Ma dopo circa due anni l’uomo per il quale la politica, gli affari e soprattutto la tv di casa nostra non dovrebbero avere segreti, si accorge della tragica realtà del duopolio Rai-Mediaset. Soluzione. Sportitalia passa sulla piattaforma digitale di Sky e le frequenze analogiche passano a una nuova società - a maggioranza Mediaset - che le userà per fare tv sui telefonini. Un ”portage”, che riconduce in casa del Biscione le frequenze che Murdoch era stato obbligato a cedere, osserva qualcuno. Ma Tarak replica convinto: ”Vendo perché in Italia c’è il duopolio Rai-Mediaset e l’Auditel non rileva le piccole televisioni”. Non è, del resto, che al nostro manchi la capacità dialettica. Anzi, per il produttore che vanta il nome anche sui titoli di coda di Guerre Stellari e su quelli - lui, musulmano dichiarato - della Passione di Cristo, cortesia e loquacità sono come abiti tagliati addosso. Un po’ per formazione familiare e culturale, visto che è nipote del primo ministro Habib Burghiba e suo padre era il primo ambasciatore a Roma di una Tunisia finalmente indpendente. Un po’ per una naturale esuberanza e un’innegabile simpatia che lo spinge inevitabilmente ad essere molto amato dal mondo giornalistico e un po’ meno da quello finanziario di rito ortodosso. Memorabili, ad esempio, alcune sue esternazioni all’uscita del consiglio di amministrazione Mediobanca, dove siede in rappresentanza dei soci francesi, che hanno contibuito a fare a brandelli molta della mitologia sui silenzi tombali di Piazzetta Cuccia e dei suoi soci. Ma, colore giornalistico a parte, dall’alta torre di Mediobanca lo sguardo può spaziare oggi ben più lontano di quanto si spingesse in Mediaset. Fino ad esempio a quelle Assicurazioni Generali - di cui proprio Mediobanca è il primo azionista [...]» (’La Stampa” 14/1/2006).