Daria Galateria, "la Repubblica" 23/6/2004, pagina 35., 23 giugno 2004
Georges Simenon si metteva a scrivere tutte le mattine alle sei, anche nel settembre 1929, quando con la moglie Tigy, la cameriera Boule e il cane stavano in una chiatta semiaffondata attraccata al porticciolo olandese di Delfzijl
Georges Simenon si metteva a scrivere tutte le mattine alle sei, anche nel settembre 1929, quando con la moglie Tigy, la cameriera Boule e il cane stavano in una chiatta semiaffondata attraccata al porticciolo olandese di Delfzijl. Prima ancora di cominciare, però, passava al caffè per bere due bicchierini di ginepro. Nell’umido della chiatta, la macchina da scrivere su una cassa rovesciata, lui su una più bassa, i piedi appoggiati su due cassette da frutta, Simenon ebbe l’idea di Maigret. Il freddo di quella sistemazione gli suggerì una pipa accesa, una stufa di ghisa, un cappotto col bavero di velluto, una bombetta. All’inizio l’editore Fayard non era molto convinto: «Ci perderemo dei soldi, ma tentiamo». Di fronte a lui Simenon, con il suo gilè a quadri e le guance «color roast-beef», perorava la causa del commissario. In copertina volle una foto, collaborò anche Man Ray.