Varie, 23 giugno 2004
PICONE Giuseppe
PICONE Giuseppe Napoli 1976. Ballerino • «Alto, elegante [...] Da casa se ne è andato a 1 6 anni per entrare al Ballet national de Nancy. Da lì, a 18 anni, si è trasferito a Londra, all’English National Ballet, e ora è passato a New York [...]» (Sergio Trombetta, “La Stampa” 23/4/1998) • «[...] Lanciato giovanissimo dal Ballet de Nancy di Pierre Lacotte poi star dell’English National Ballet e dell’American Ballet Theatre, oggi [...] è libero battitore per scelta, dopo una lunga crisi che ha rischiato di allontanarlo per sempre dal mondo dorato e crudele del balletto. Bolle, Murru, Picone: è la triade magica del balletto italiano in questo momento: c’è rivalita fra voi? “Assolutamente no. Anzi, sono convinto che la presenza di molti ballerini di qualità sia un grande vantaggio per la danza italiana, che purtroppo è sempre sotto tiro, minacciata dai tagli, eccetera. La verità è che ognuno di noi ha un suo pubblico e questo rappresenta una risorsa, anche economica, per il teatro. Era lo stesso all’ABT: Bocca, Malakov, Picone, ognuno aveva il suo particolare effetto sul box-office! Nessuna rivalità. Ho sempre detto che in nessun altro luogo al mondo mi sento sicuro come in palcoscenico: lì nessuno mi può ferire. I problemi, sul piano umano, sono altri: quello che fa stare profondamente male avviene fuori e oltre le quinte. In questo senso ho avuto esperienze negative a Londra e soprattutto a New York. Ci sono ‘politiche’ rivoltanti: andare a cena con quella certa ballerina, o a letto con il tal coreografo, per ottenere o mantenere un certo ruolo, una determinata visibilità. Non son cose per me, che vengo da una famiglia semplice e ‘pulita’. Ho detto no. A New York sono stato in ospedale sei mesi. Non mangiavo più, volevo mollare tutto. Per fortuna è passata”. L’aver raggiunto il successo giovanissimo ha lasciato tracce dolorose? “Mi è costato moltissimo. La famiglia sempre lontana, l’amore una delusione costante - solo persone che vogliono usarti - l’amicizia difficile, perché sei sempre in giro ed è dura mantenere i contatti. Per questo ho deciso di non legarmi più a nessuna compagnia. Giro il mondo e scelgo di fare solo quello che amo. E ho cominciato a sentirmi bene anche fuori dal palcoscenico [...] L’amore è l’ultima delle cose che devono ‘andare a posto’ nella mia vita. Ma non posso farci nulla, deve venire da sé. Una volta un amico mi ha detto: ‘Per te deve arrivare una persona che sia più forte della danza’. Ed è vero. Finora la danza è stata la mia unica passione”» (Donatella Bertozzi, “Il Messaggero” 14/12/2005).