Varie, 23 giugno 2004
OLIVERO
OLIVERO Ernesto Pandola di Mercato San Severino (Salerno) 24 maggio 1940. Nel 1964 ha fondato il Sermig • « piccolo, ha gli occhi celesti, il sorriso candido. Un po’ santo, un po’ incosciente, è un Francesco del Duemila che, senz’altra protezione di una Bibbia, va per il mondo ad aiutare i poveri. [...] Non è un prete, né un frate: è un laico [...] un ex bancario candidato al Nobel per la pace da persone come Madre Teresa, Norberto Bobbio, Gianni Agnelli [...] Madre di Avellino, padre piemontese. Fin da bambino si è occupato degli altri. Catechista, scout, poi nella Lega missionaria studenti a Chieri: la famiglia nel frattempo si è trasferita al Nord. A scuola, un disastro: ”Io sono la consolazione di tutti i cattivi studenti”. A vent’anni entra in banca, al San Paolo di Torino. Si sposa con Maria, figlia di un industriale. [...] Con pochi amici nel 1964 dà vita al Sermig, la cui priorità è combattere la fame nel mondo. Percorso da un’energia che non finisce di stupire, il mite bancario tesse la sua tela: amici e consiglieri come Giorgio La Pira, Benigno Zaccagnini, Oscar Luigi Scalfaro [...] Nessuno lo ferma: si presenta a Paolo VI senza appuntamento, con le scarpe rotte [...]» (Manuela Grassi, ”Panorama” 14/5/1998). «[...] un ”matto di Dio” [...] di quei matti che si divertono a scombinare la realtà per far vedere come dal nulla possa nascere in terra un’anteprima del Regno dei Cieli. [...] la sua azione è riassumibile in queste parole: amore, presenza, consigli illuminati, pace. ”Ma chi mi dice che facciamo opere sociali non ha capito nulla. La molla è l’amore, uno sconfinato amore per l’altro. Se io credo in Dio non posso non credere nell’uomo come figlio di Dio. Sono le nostre azioni a dimostrare se davvero dialoghiamo con Dio: chi incontra solo se stesso non si accorge di chi grida, di chi piange. Non si commuove. Il credente si distingue dal non credente perché vede quello che gli altri non sono stati capaci di vedere. Dio rende umani. Dio ti deve far diventare bambino e indifeso. Chi vuole arricchirsi, possedere, emergere, chi è avido di potere diventa cattivo e inavvicinabile o avvicinabile solo da chi vuole sfruttarlo [...] Ho trovato anime splendide tra i ricchi e grande egoismo tra i poveri, la vera discriminante è data dal cuore” [...]» (Francesca Pini, ”Sette” n. 19/1999). «Nacque nel 1964 corteggiando con ingenua spavalderia un ideale utopico: affrancare il pianeta dalla povertà e dall’ingiustizia. Oggi, il Sermig, il Servizio missionario giovani, è qualcosa di più e di diverso rispetto a quel pugno di ”romantici rivoluzionari da due ore alla settimana”, per dirla con il fondatore Ernesto Olivero. ”A tanto ammontava infatti il nostro iniziale impegno di volontariato, quando un pozzo, un piccolo ospedale, un generatore di energia elettrica erano l’obiettivo di qualche mese, di un’estate, di un anno al massimo, frutto della raccolta (e della rivendita) di carta, stracci e ferro vecchio, o di qualche colletta”. [...] Ha dilatato i suoi confini, il Sermig: opera in vario modo in 125 Paesi. Ha un bilancio da capogiro, che copre grazie alla generosità di tanta gente comune (qualcuno ha provato con pazienza a calcolare il valore economico di quanto è stato fatto finora; risultato: 386 milioni di euro). Una cosa lo rende identico a quello che era agli inizi: la centralità di Cristo; una centralità vissuta, non solo proclamata; una centralità capace di reggere l’urto del ’68 e delle sue ubriacature ideologiche, degli anni ’80 e del riflusso, del presunto scontro di civiltà successivo all’11 settembre 2001. [...] ”Nasco il 24 maggio 1940 a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, da padre piemontese, originario di Boves, e madre di Avellino [...] Vivo lì la mia infanzia, ultimo di nove figli. Mia mamma, Ester, donna di preghiera, mi trasmette una fede forte. Da mio papà, Giuseppe, eredito un profondo senso della giustizia”. Nel 1951 la famiglia Olivero si sposta in Piemonte, a Chieri. L’inserimento è faticoso. Il giovane Ernesto si dà da fare. S’impegna nella Congregazione mariana dei Gesuiti e negli scout, è catechista, diventa animatore in oratorio. [...] S’inchioda ai libri, studia, ottiene il diploma, entra - come impiegato - in una fabbrica tessile. Quindi, eccolo in un magazzino e, infine, in un mulino gestito da una cooperativa rossa. Nel 1962, Olivero è assunto dall’Istituto bancario San Paolo di Torino. ”Vi rimarrò fino al 1991”, precisa. Nel frattempo Ernesto conosce Maria Cerrato, che sposerà e da cui avrà tre figli. Nel 1964, la svolta. ”Maria mi consiglia di limitare gli impegni e di concentrarmi su un solo gruppo”. Ernesto accetta il suggerimento, ma lo traduce in pratica a modo suo. Il gruppo, infatti, non lo sceglie fra quelli che frequenta: lo fonda nuovo di zecca. [...] ”L’allora direttore dell’Ufficio missionario di Torino mi autorizza a scrivere una lettera ai giovani delle parrocchie della diocesi per cercare chi sia disposto ad aiutare con me i missionari, per debellare la piaga della fame. Aderisce una decina tra ragazze e ragazzi. Il 24 maggio 1964 decidiamo di chiamarci Sermig, Servizio missionario giovani”. Nel 1969 il gruppo irrompe sui giornali. Per merito suo, il 23 febbraio Adriano Celentano si esibisce a Torino in un Palazzetto dello sport gremito (diecimila i presenti, annotano puntigliosi i cronisti). Il ”ragazzo della via Gluck” non pretende compensi. E così l’intero ricavato (quasi 10 milioni di lire d’allora) il Sermig lo distribuisce a quattro lebbrosari operanti in Tanzania, Sierra Leone, Thailandia, India. [...] ”Facciamo venire a Torino pure Al Bano e Romina, i Nomadi, Lucio Dalla. Un giorno, però, una ragazza del Sermig, Lidia, dice fissandomi negli occhi: ’Non me la sento di buttar via la vita organizzando concerti, sia pure a fin di bene’”. Da quel momento, il Palazzetto dello sport il Sermig lo riempie per pregare e far riflettere. Ernesto e il Sermig crescono alla scuola del cardinale Michele Pellegrino, di Raoul Follereau, di frère Roger di Taizé, di monsignor Hélder Camara, di madre Teresa di Calcutta, di Giorgio La Pira. Negli anni della contestazione urlata e a tratti violenta, il Sermig promuove i concetti di ”restituzione” (di beni, tempo, cultura), il primato della preghiera, l’impegno personale e comunitario per la riconciliazione. [...] Il 2 agosto 1983 il Sermig entra in quello che fu l’Arsenale militare di Torino. Dove si costruivano cannoni, s’afferma la profezia di Isaia: ”Forgeranno le loro spade in vomeri”. Ora l’ex fabbrica di strumenti di guerra è un laborioso formicaio di 30.000 metri quadrati rimesso a nuovo, approdo quotidiano per chi pratica la solidarietà e per chi vive l’emarginazione. Non mancano le critiche. C’è chi rimprovera a Ernesto di essere troppo amico dei potenti. Olivero sorride: ”Sono amico di Andreotti, di D’Alema o di Fini come lo sono di tanti fratelli naufraghi della vita che passano di qua”. [...] Il filosofo Norberto Bobbio ha scritto di lui: ”Dovunque svolga la sua infaticabile attività, Ernesto suscita consensi, disinteressata collaborazione, fiducia nella vita di coloro che l’hanno perduta. il più alto esempio che io abbia avuto di fronte a me di uomo dedito alla carità attiva, che non predica che bisogna fare il bene, ma lo fa”. [...]» (Alberto Chiara, ”Famiglia Cristiana” n. 46/2004).