23 giugno 2004
DI STEFANO Giovanni.
DI STEFANO Giovanni. Nato a Petrella Tifernina (Campobasso) il primo luglio 1955. Avvocato. «La faccia tosta certo non gli manca: ”Sono il Tareq Aziz del comandante Arkan, che non è un mostro o un criminale di guerra come lo dipingete voi giornalisti” [...] I genitori emigranti lo portarono a cinque anni in Gran Bretagna. Vinse una borsa di studio, entrò a Cambridge, ma presto si tuffò negli affari. Vendeva dollari ai paesi sotto embargo come Zimbabwe e Sud Africa fino a quando, nel 1984, gli inglesi lo sbatterono in galera per frode in commercio (assolto in appello dopo tre anni di carcere). A Londra conobbe il figlio di un generale jugoslavo, Zeljko Raznatovic, che verrà coinvolto in reati comuni per mezza Europa e finirà anche a San Vittore. Abbandonata la Gran Bretagna, Di Stefano sbarca negli Stati Uniti dove resta invischiato nell’affare della Metro Goldwyn Mayer inutilmente scalata da un altro italiano, Giancarlo Parretti. Nell’agosto del 1992 il dipartimento di Stato lo espelle per la vecchia storia londinese. Trova la sua nuova strada con Radojica Nikcevic, un montenegrino che gli aprirà le porte dei Balcani. ”Alla fine del ’92 la Jugoslavia si stava disgregando e aveva bisogno di aiuto. Nikcevic era un imprenditore di stato con agganci nelle più alte sfere del potere. Nel giro di una settimana mi fece avere il passaporto jugoslavo su ordine presidenziale di Slobodan Milosevic. Ero diventato cittadino serbo” racconta Di Stefano. Così l’italiano diventa il braccio destro di Nikcevic nella potente holding Sumadija, proprietaria di 168 mila metri quadrati nella capitale balcanica. ”Ho trasferito le mie attività in Serbia perché si pagano meno tasse” sostiene. ”Nel periodo più duro dell’embargo davo una mano al mio nuovo paese per fare affluire valuta pregiata, ma non so nulla del traffico di armi o di petrolio”. Nel 1993 Nikcevic viene ucciso all’ingresso della holding con due colpi di pistola. Di Stefano assume il controllo della società e smentisce le voci che lo vogliono coinvolto nell’imboscata al suo socio [...] Nel frattempo riannoda i fili della ventennale amicizia con Zeljko Raznatovic. Già trasformatosi in Arkan, il capitano delle guardie volontarie serbe, le Tigri,un reparto paramilitare di 2 mila uomini, che combatte in prima linea dall’inizio del conflitto nel 1991, in Croazia, fino al 1995 in Bosnia. [...] Di Stefano dice di non dimenticare l’Italia [...] Su di lui hanno indagato il Gico, il Ros, e i servizi segreti italiani, apparentemente senza trovare nulla. [...] Nel ’95 ha acquistato il Campobasso calcio per portarlo in serie A, ma il risultato è stato disastroso. Nel ’96 si è presentato alle politiche, nel collegio senatoriale di Campobasso, arrivando terzo. Subito dopo ha fondato la Lega Sud, per contrapporsi a Umberto Bossi e al rischio di secessione e l’amico Zeljko lo ha finanziato con un miliardo di lire [...] ”So che la gente mi vede come un avventuriero, ma se questo vuol dire fare soldi da solo e aver aiutato la Jugoslavia in guerra, sono orgoglioso di esserlo» (Fausto Biloslavo, ”Panorama” 23/4/1998).