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 2004  giugno 23 Mercoledì calendario

DELFINO Francesco

DELFINO Francesco Platì (Reggio Calabria) 27 settembre 1936. Generale dei carabinieri. Il 18 gennaio 1976 arrestò a Milano Renato Curcio, capo delle Brigate Rosse, e la compagna Nadia Mantovani. Dopo una brillantissima carriera, nel 1998 fu travolto dal caso Soffiantini (lo accusarono di aver intascato parte del riscatto). Rinviato a giudizio per la strage di Piazza della Loggia (Brescia 28 maggio 1974, otto vittime), nel novembre 2010 fu assolto dalla Corte d’Assise in forza dell’articolo 520 comma 2, assimilabile alla vecchia “insufficienza di prove” • «[...] Ha sempre avuto la passione delle investigazioni sui sequestri, forse perché è nato in terra di ’ndrangheta, a Platì, forse perché suo padre Giuseppe era un maresciallo dei cc, il mitico Massaro Peppe descritto da Corrado Alvaro nell’Amata alla finestra, che gli ha insegnato come conquistare i confidenti. E forse perché il suo primo successo lo aveva avuto in Sardegna quand’era riuscito a catturare il braccio destro di Graziano Mesina e si era laureato in scienze politiche proprio con una tesi sui sequestri di persona. “Capisco la sua reticenza” gli disse benevolo il professor Camba al momento di proclamarlo dottore nell’aula dell’università di Cagliari. Il neolaureato aveva trovato, durante la discussione, qualche difficoltà perché era vincolato dal segreto istruttorio. Con la laurea in tasca e il primo encomio, Delfino era arrivato a Brescia con il grado di capitano e il comando del nucleo di polizia giudiziaria. Era il 1974, aveva 38 anni. [...] Era “il capitano delle piste nere” (non più il “capitano Palinuro”, nome di copertura che pare avesse usato nelle pieghe del golpe Borghese) perché riusciva a scoprire, grazie a formidabili confidenti, alcuni neofascisti con l’esplosivo in mano. Emergeva già come il grande, implacabile, segugio che sapeva tutto di tutti. E cominciava a tessere la sua fitta trama di pubbliche relazioni con politici, imprenditori, amministratori, giornalisti. Sempre in prima fila nei salotti ma anche in trincea, prima con le piste nere e poi con il terrorismo rosso. Una fonte preziosa (uno studente dell’Università di Padova) gli segnalerà, anni dopo, l’arrivo in stazione a Milano del brigatista Giorgio Semeria e lui sarà là, tra un binario e l’altro, pistola in pugno, pronto per la cattura. [...] Dieci anni di lavoro all’estero, nei ranghi dei servizi segreti. Sedi prestigiose: Bruxelles, Ankara, Washington, Beirut, Cairo. Rapporti ad altissimo livello, soprattutto con l’intelligence americana. [...]» (Marcella Andreoli, “Panorama” 23/4/1998).