Pico Floridi, "la Repubblica" 21/6/2004, 21 giugno 2004
«Conosci te stesso», diceva Platone perché il filosofo lavora sul sé, cerca la soluzione al suo assillo metafisico nell´intimo, sperimenta le sue osservazioni sul campo della sua coscienza
«Conosci te stesso», diceva Platone perché il filosofo lavora sul sé, cerca la soluzione al suo assillo metafisico nell´intimo, sperimenta le sue osservazioni sul campo della sua coscienza. Vale quindi la pena cercare di scoprire come sono fatti i filosofi, qual´è la loro natura seguendo Pierre Riffard in un saggio erudito e originale: Les philosophes: vie intime (Puf, pagg.284, euro 23). Riffard va alla ricerca del Dna del pensatore, del cuore del genio pulsante in un universo ordinario, dell´individuo dietro la riflessione, dell´uomo visto attraverso il buco della serratura fornendo una miriade d´informazioni, di statistiche, di curiosità buffe e sorprendenti. Cos´è la voglia di "filosofare" e come nasce? Si è avvantaggiati se si è maschi, succede nel 99% dei casi con rare eccezioni in ogni epoca, e se si resta orfani da piccoli come è capitato al 69% degli uomini che hanno dato orizzonti nuovi al pensiero umano. Platone e Sartre perdono il padre in fasce, Marc´Aurelio e Hume a 3 anni, Nietzsche a 4 anni, Agostino a 16, Rousseau perde la madre a 10 giorni, Cartesio a pochi mesi, Pascal a 3 anni, Aristotele a 11 anni, Kant e Hegel a 13. Erasmo perde entrambi i genitori nel giro di un anno, Leibniz il padre a 6 e la madre a 17, Russell la madre a 4 e il padre a 6, Croce i due genitori a 17. E si potrebbe continuare. In mancanza di genitori, il mestiere di filosofo, che non è di quelli ereditari, si impara da autodidatta o da un altro filosofo. Una catena assidua unisce Talete ad Aristotele passando per Anassimandro, Parmenide, Zenone, Democrito, Protagora, Socrate, Platone: 250 anni di filosofi di maestro in discepolo, senza soluzione di continuità. La stessa progressione unisce Fontenelle, Montesquieu, Voltaire e d´Alembert nel ?700 e Husserl, Heidegger, la Stein, la Arendt, Levinas e Gadamer nel ?900. Ma non basta. Nel 13% dei casi, i filosofi nascono lontano, nelle colonie, sono espatriati. Questo dà loro lo sguardo del «marziano sulla terra» prerogativa di una delle rare donne, Simone Weil e condizione privilegiata per l´osservazione acuta. Succede nell´antica Grecia, nell´antica Roma, e nell´Europa moderna a Kojève, Althusser, Derrida. Ma capita ancora più spesso, al 54%, di loro, di cambiar paese da adulti, per scelta o destino: lo fanno Anassagora, Epitteto, Giordano Bruno, Hobbes, i pensatori che sfuggono al nazismo e i visiting professor che esigenze di carriera trapiantano in altri paesi. Il filosofo non è mai precoce. Non esistono Mozart in questo mestiere. L´età media della prima opera è 27 anni con un Leibniz diciassettenne che abbassa la media. Quella del testo fondamentale è di 42 anni e qui è ancora un Leibniz sessantottenne ad alzarla. La speranza di vita è di 67 anni compresi i vecchioni, da Platone a Russell. Il capitolo su fede e religioni è altrettanto ricco di curiosità. Su 291 filosofi presi in esame da Riffard, quelli di fede cristiana sono il 51%, gli atei il 27, i pagani il 19, gli ebrei poco meno del 2%. In tutto sono una dozzina le religioni che i filosofi occidentali contemplano, adattandole perlopiù alle loro esigenze speculative o inventandole di sana pianta. La fede ci avvicina all´uomo e alle sue intimità. Il filosofo è anzitutto un camminatore, peripatetico, mezzofondista, le sue idee si formano in movimento. Conosce la felicità della passeggiata e i piaceri delle sue trovate: Hobbes non esce senza un bastone nel cui manico si celano una penna d´oca e un calamaio, Cartesio adora andare in giro nell´assordante vocio degli olandesi, Schopenhauer porta a spasso ogni giorno il suo barboncino, Pascal va con le stampelle a caccia di reliquie, per Benjamin i quattro passi rappresentano l´essenza del pensiero. Dal punto di vista della libido, il filosofo è un estremo: le sue aree preferite sono ai margini e si estendono dalla verginità, alla castrazione e dalla perversione al vizio. Origene sceglie l´evirazione, Abelardo la subisce. Fra gli illibati troviamo Plotino, Erasmo, Paracelso, Spinoza, Pascal, Kant e ancora la Weil, la «Vergine rossa». Se la stragrande maggioranza ha gusti etero, con l´eccezione dei pederasti greci e di Michel Foucault, alcuni preferiscono il triangolo: Rousseau ripetutamente, Nietzsche platonicamente, Sartre e Beauvoir reciprocamente. Molti scelgono le loro allieve e colleghe o le prostitute per abbandonare il terreno della razionalità e abbandonarsi alla misura umana. Rari quelli capaci d´innamorarsi e molti quelli che scelgono il celibato, Platone, Epitteto, Cartesio, Pascal, Spinoza, Voltaire, Wittgenstein e naturalmente il misogino Schopenhauer. E comunque il 77% di loro scrive l´opera fondamentale prima di cedere alla crocefissione quotidiana di una sposa e dei suoi marmocchi. Eccezione numerica, Russell con le sue quattro spose, eccezione tardiva Alain che si sposa a 77 anni. Anche tavola sono autosufficienti. Spinoza è straordinariamente sobrio, vive di zuppa di latte e di un boccale di birra. Nietzsche si nutre ogni giorno di bistecca e uova e non tocca alcolici o caffé. Kant ama la cucina, non mangia mai da solo e copre tutto di mostarda e Marx adora le spezie. Il 20% dei filosofi è vegetariano, una scelta dovuta all´orrore del sangue per Pitagora, al disgusto per la carne morta per Plutarco, alla regola monastica per Tommaso d´Aquino, al sogno di un´umanità migliore per Thoreau. Ai piaceri della tavola Hobbes aggiunge 10-12 pipe di tabacco al giorno, Marx non si lesina i sigari e ama bere. Sartre prova la mescalina nel 35 e viene perseguitato per sei mesi da allucinazioni che prendono la forma di granchi e piovre, Benjamin si suicida con la morfina. Sono felici i filosofi? Riffard non si sbilancia. Ma nelle sue pagine anche il più accanito serial thinker diventa un uomo.