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 2004  giugno 20 Domenica calendario

TORRINI

TORRINI Cinzia Th. Firenze 5 settembre 1954. Regista. Tv. Celebre soprattutto per Elisa di Rivombrosa. «Prima di tutto: che vuol dire TH? Non vuole dire niente, è un giochino che la regista di Elisa di Rivombrosa si è inventata agli inizi della carriera, un vezzo, un portafortuna. Bionda, minuta, mobilissimi occhi scuri, Cinzia TH Torrini è nata a Firenze in una tradizionale famiglia borghese, e ha studiato al liceo linguistico. Estati a Viareggio, vacanze sulla spiaggia. Ragazzina curiosa e inquieta, il suo primo amore è la fotografia. "A 14 anni passavo i week-end in camera oscura a sviluppare e stampare - racconta -. Nel 1974 mi sono iscritta a Lettere come volevano i miei ma contemporaneamente ho fatto un corso di fotografia. Ho lavorato anche come fotografa, a Milano in uno studio di design, poi come fotoreporter per una rivista di motociclismo". L’estate che le cambia la vita è quella dei 19 anni: "Il primo vero viaggio da sola: sono andata in Egitto, un’esperienza straordinaria che mi ha riempito gli occhi e l’anima. Naturalmente ho scattato un sacco di fotografie per cercare di catturare lo spirito di quei giorni, ma appena tornata a casa ho visto che le foto non restituivano la realtà. stato allora che ho incominciato a pensare al cinema". Si iscrive così all’Accademia di Cinematografia di Monaco di Baviera. "Perchè la Germania? Intanto il Centro Sperimentale a Roma era chiuso, ma soprattutto i miei non volevano che mi dedicassi al cinema, volevano la laurea e una professione seria: ho aggirato l’opposizione assicurando loro che, comunque andasse, avrei imparato il tedesco. Era una scorciatoia che aveva già funzionato negli anni del liceo, prima del famoso viaggio in Egitto, quando per sfuggire alla spiaggia di Viareggio passavo luglio e agosto all’estero a studiare l’inglese o il tedesco. Loro avevano una paura folle, poveretti, ma in mio aiuto - se così si può dire - è venuto l’incontro sotto casa con un maniaco sessuale. Hanno dovuto ammettere che i pericoli sono ovunque". Il documentario d’esordio è del 1977 e si intitola Prima o Poi... "Era la storia dell’ultimo traghettatore dell’Arno, proprio in quell’anno stavano costruendo il ponte che lo avrebbe mandato in pensione e avrebbe fatto finire per sempre un mondo. Io abitavo in quella zona e passavo le ore su quella barca, da ragazzina, a chiacchierare con lui: sapeva tutto quello che succedeva nel mondo e io lì provavo una sensazione meravigliosa, quella di trovarmi in un nodo dove le esistenze si incontrano. Una sensazione che ho riprovato solo quando ho scoperto Internet: non a caso anche lì si naviga". Quanto la regista sia innamorata della rete, si capisce curiosando nel suo sito, www.cinziathtorrini.com: ricchissimo, continuamente aggiornato, con un forum pieno di interventi e persino un diario on line "per mantenere un filo diretto con tutti quelli che mi scrivono". Da quel primo viaggio in Egitto, la Torrini non si è più fermata: "Una vita da zingara, Africa, Asia Minore, Yemen, India, Nepal, Cina, Nord e Sudamerica, Australia. Viaggi da sola, senza programmare niente, come una foglia portata dal vento. Viaggi ”di pancia” alla scoperta del mondo, per piacere o per lavoro, il che poi è lo stesso". Molte, moltissime estati sul set: "Questo è un mestiere che si fa soprattutto d’estate. [...] Amo la vita del set, se a Roma per strada vedo che stanno girando qualcosa, qualsiasi cosa, mi fermo e mi incanto. Ho un atteggiamento quasi ossessivo verso il lavoro, d’altra parte il mio segno zodiacale è Vergine, ascendente Ariete, quindi non mi è proprio possibile fare le cose a metà. Mi butto con tutta me stessa. Mentre giravo Elisa per dieci settimane mi sono alzata alle sei del mattino e ho lavorato fino a sera tardi. Una volta sola sono andata dal dentista. Con l’influenza, però, ero sul set [...] a ogni film che facevo perdevo un fidanzato. Non esagero... quello del regista è un ruolo di potere da cui è difficile staccare: dirigi centinaia di persone, sei abituato a controllare tutto, a programmare, a decidere, a dominare, inevitabile che scatti una forte competitività quando lo fai anche in casa"» (Raffaella Silipo, "La Stampa" 24/7/2004). «Una fiction in costume di 13 puntate. Un kolossal. Dieci settimane di lavorazione che hanno creato un fenomeno televisivo ai limiti della mania e insieme le premesse per il rinascimento produttivo di Torino. Un successo che ha avuto, tra i suoi molti effetti, una ricaduta di vitalità sul territorio straordinaria. Elisa ha risvegliato l’economia di zone turisticamente depresse del Piemonte, ha permesso a molti giovani di imparare un mestiere del cinema creando scuole di falegnami, parrucchieri, fonici, elettricisti, ha ripescato attrezzisti e sarte del centro di produzione Rai, ha alimentato sogni di fama di eserciti di comparse e ha fatto le troupe dentro case e giardini nobili e inviolati. [...] ”Arrivai a Torino nell’inverno del 2001 per i sopralluoghi di Elisa, che allora si chiamava Pamela (come il romanzo di Samuel Richardson al quale la storia liberamente si ispira, ndr) e doveva essere ambientata in Inghilterra. Così venni a Torino a cercare l’Inghilterra. Scoprii i castelli, le dimore storiche, i borghi, i laghi, le piazze, i lampioni, i tetti, la nebbia. Tutto molto romantico. Sarebbe andato benissimo anche se la storia fosse rimasta inglese [...] Insistetti con Mediaset perché la storia diventasse italiana, avrebbe coinvolto di più il pubblico. Dovevamo rispettare l’epoca e alcune condizioni narrative. Ci dovevano essere il Settecento, una cameriera, un re e una congiura. E visto che eravamo qui, e che qui c’era la corte e c’erano i castelli e c’era l’atmosfera? Ci mettemmo a tavolino, io e lo story editor Piero Bodrato, che tra l’altro è torinese, e con l’aiuto di uno storico inventammo la versione italiana di Pamela [...] Ho intuito che sarebbe diventato un virus quando hanno cominciato a circolare i primi premontati e vedevo le segretarie formare dei piccoli gruppi di ascolto nella pausa pranzo, con il panino in mano. Lì ho capito cosa sarebbe successo”» (Clara Caroli, ”la Repubblica” 20/6/2004).