varie, 17 giugno 2004
EMILIANO
EMILIANO Michele Bari 23 luglio 1959. Politico. Sindaco di Bari (dal giugno 2004, rieletto nel giugno 2009) • «Supersindaco di sinistra che in realtà è di destra, un magistrato antimafia [...] sogna di applicare a Bari la tolleranza zero di Rudolph Giuliani, vale a dire repressione e integrazione assoluta, e tuttavia vuole, allo stesso tempo, fare di Bari il porto delle mille etnie, il che appunto significa tolleranza mille. Eppure Emiliano non è ambiguità ma pasticcio, vale a dire creatività disperata perché il pasticcio meridionale è la metafora della vita estrema e fuori mano, la vita pericolosa non solo della gente per bene ma anche della sinistra che somiglia alla destra, come il pesce del;’acquario di Napoli raccontato nella Pelle da Curzio Malaparte, la sirena che viene bollita e servita con maionese e contorno di coralli: a Bari, come scrisse Malaparte, ”i pesci non sono obbligati ad assomigliare ai pesci”, e la sinistra non è obbligata ad assomigliare alla sinistra. [...] Il pasticcio Emiliano è alto più di un metro e novanta, una bella barba nera, è cosi grande e grosso, tanta carne attorno a qualche osso, che sembra una sorta di officina: tubazioni, altiforni, cuscinetti. Simpatico anche perché è grasso senza complessi, è grasso perché è verace, l’amico di tutti a prima vista, senza le riserve mentali e i tormenti del segaligno. Infatti Emiliano bacia tanto e bacia bene [...] persino più di Totò Cuffaro ”Vasa Vasa”, con la differenza che i suoi sono baci selettivi e sotto scorta, perché Emiliano è stato il pubblico ministero che più volte ha sgominato le bande della sacra corona ristorata dai nuovi affari dei dirimpettai: ”Ho arrestato albanesi, scafisti e intoccabili, ho vissuto in mezzo a bionde, hashish, panetti e neve bianca”. Ma, essendo un pasticcio, Emiliano va pure a trovare le famiglie dei suoi arrestati. Ha bussato a tutte le porte del famigerato ”quadrilatero di Japigia”, ”Madona me!, ancora lei”, sempre accarezzando teste di bambini e offrendo comprensione. Ebbene, questo candore, che Emiliano chiama ”la passione e il vizio dell’umanità”, può anche farci sorridere, ma rimane inquietante perché è difficile distinguere tra consenso e ricatto nei quartieri al limite della legalità. Emiliano del resto è anche il giudice che mise sotto inchiesta la famosa missione Arcobaleno del pugliese D’Alema, ma poi anche tra Emiliano e D’Alema è finita a baci baci. Certo in linea di principio aveva ragione il professore Beppe Vacca, che all’inizio si oppose alla sua candidatura perché ”mai un magistrato dovrebbe fare il sindaco” e voleva dire che mai la politica dovrebbe raccogliere, esaltare e alimentare il giustizialismo peronista, non tutto di destra e non tutto di sinistra, e che una città affascinante e dinamica, anche se crudele e criminale, non può mettersi in mano a un Minosse che distribuisce pene e premi, consegnarsi ad un grande fratello giudiziario. Ma poi anche Vacca cedette al fascino del magistrato trasformato in ingegnere sociale, alla tecnica del pm assunta come ideologia, estrema risorsa di una città violenta, tanto più che Emiliano, come ha detto D’Alema ”è una forza della natura”, anche se poi D’Alema ha aggiunto: ”Speriamo benigna”. [...] Emiliano va al mercato e, ripreso dalle telecamere, ammazza il polipo addentandogli la testa e poi lo mangia come un pescatore, e tutti si compiacciono perché Emiliano è davvero organico all’universo dei mercati, delle pratiche più popolari, del crudo contro il cotto. Difatti Emiliano è nato nel quartiere Carrassi, in casa, senza ginecologo ma con la levatrice come egli stesso tiene a dirci, ed è un dettaglio, un nulla, un’inattualità esibita come quarto di nobiltà che lega la nascita naturale alla nascita politica, con una lista civica che ora è diventata maggioranza, fatta in casa, senza le assistenze ospedaliere delle sezioni, senza la ginecologia delle segreterie e del cerimoniale di investitura. Emiliano è uomo di popolo, la sua vittoria è tutta semplicità e verità, visite casa per casa, passeggiate, bagni di folla, un sito web che per la sua eccentricità è finito sulle raffinate pagine di Vanity Fair, un inno in dialetto ”Mbà Michele” che vuol dire Signor Michele, è il beniamino della curva sud ma anche della polizia, gioca a tressette più e meglio di De Mita e non appena gli dicono che nel quartiere San Paolo c’è una scuola senza tetto, lui corre, con i vecchi compagni delle elementari che lavorano per lui, e con l’addetto stampa, una giovanissima Laterza, bella e raffinata come la casa editrice. E sempre Emiliano esibisce un rapporto diretto e convincente con i bisogni della gente ma è diverso ed è di più del Cito di Taranto e anche del Leoluca Orlando di Palermo, sembra davvero incarnare l’illusione e la proposta del nuovo merdionalismo, quello della ”Grande svolta”, il testo-bibbia del barese Gianfranco Viesti. E difatti sebbene Emiliano sia tutto ingenuità e spontaneità, è come se davvero fosse uscito da uno dei laboratori culturali più fecondi del Meridione, autentico ”caballero” che incarna la destra ringiovanita, ripulita e resa sbarazzina dalla sinistra, il simpatico che non si vergogna delle poche letture, formato alla scuola del papà orgogliosamente balilla, un piccolo imprenditore con un´azienda casalinga di macchine per cucina, dove Emiliano ha fatto i suoi primi lavori, camionista e scaricatore. Ha un fan che almeno tre volte al giorno passa con l’Alfa sotto casa sua: ”Quello ha al polso un orologio con l’effige di Mussolini, cambia macchina ogni settimana, mi porta le uova fresche a casa, dice d’essere il mio angelo custode”. E poi Emiliano rievoca piacevolmente, come una litania al rosario, i professori migliori delle medie e del liceo, o nostalgici del ventennio o comunisti: molto moralismo, gesti eroici e semplicità di modi, l’orgoglio sdegnoso di chi pensa che, a questo mondo, solo chi sgarra possiede, e mai possiede chi è troppo per bene, tipica sindrome del sottosviluppo che fa diventare risorsa l’assenza di risorse. Il ragazzo si formò così: molto basket, niente assemblee studentesche o volantinaggi, un grande amore per Elena che voleva sposare subito dopo il primo incontro e chi gli impose sei mesi di fidanzamento e gli ha dato tre bambini. una biografia splendidamente normale, una liscia lastra di vetro, senza torbidi e senza asprezze, con quel forte bisogno di pulizia e di correttezza che negli anni novanta si pervertì, con Tangentopoli e con Di Pietro, nell’idea che questo Paese sia a rischio penale, che vivere significhi schivare o commettere reati, e che anche la politica sia materia di corte d´appello. Emiliano fece il suo apprendistato più duro come pubblico ministero ad Agrigento, a fianco di Levatino, il ”giudice ragazzino” che fu poi orrendamente assassinato dalla mafia. Quella tensione lo ha poi portato a presentarsi come testimone dell´accusa al processo contro Dell’Utri. Di Berlusconi pensa peste e corna, ma solo eticamente, ed è per la separazione delle carriere. Anima candida, Emiliano è tuttavia garantito, protetto ed usato dalle volpi della cultura accademica più ”gramsciana” d’Italia, Franco Cassano e Gianfranco Viesti, Biagio De Giovanni e Beppe Vacca. I professori di Bari vedono in lui il rovesciamento delle cose, una pensata per lo sviluppo, il nuovo soggetto che farà saltare tutte le vecchie distinzioni, l’uomo d’arme del pensiero meridiano, il campeador della grande svolta, il futuro non scontato che solo le città del sud che si affacciano sul mare, le Marsiglia d’Italia, possono offrire al Paese. Emiliano non è la solita compresenza di opposti tipica della politica italiana, ma la versione più moderna del pasticcio meridionale tout court, ”la sirena alla maionese con contorno di coralli”, talmente innovativo che può fare di Bari un laboratorio nazionale perché lascia intravedere il superamento di Berlusconi utilizzando Berlusconi, l’uso delle risorse vincenti di Berlusconi per dare scacco a Berlusconi» (Francesco Merlo, ”la Repubblica” 17/6/2004).