Varie, 16 giugno 2004
SALVINI
SALVINI Matteo Milano 9 marzo 1973. Politico. Della Lega. Nel 2004 e 2009 eletto al parlamento Europeo, nel 2008 alla Camera • «[...] Il leghista con l’orecchino, quello che per l’elezione del Parlamento Padano si è presentato con la lista Comunisti padani, che venera tre persone al mondo: ”Umberto Bossi, Franco Baresi e Fabrizio De Andrè” e non disdegna le serate al Leoncavallo. Ma anche quello che in una trasmissione di Radio Padania rispondendo a una signora che si lamentava della presenza di topi nel campo rom appena sgomberato, replicò: ”I topi sono più facili da debellare degli zingari”. I blog lo attaccano: razzista, fascista, nazista. ”Tutto merito di Gad Lerner – ironizza Salvini – che oltre ad essere interista ha altre pecche. Ha costruito una trasmissione su una frase detta al mercato. La signora si lamentava della presenza dei topi. Gli ho risposto semplicemente che abbiamo penato un anno per mandare via i rom, con i topi sarebbe stato più facile”. Sul leghista di sinistra aleggia il fantasma di Borghezio? ”Ma va là. Borghezio è grasso, io sono magro”. Uomo di lotta e di governo. Come insegnano le Frattocchie della Lega. Salvini ha sempre messo in pratica la doppia strategia. In giunta con la Cdl, ma lui smarcato a fare ”opposizione”. Facendo arrabbiare prima Gabriele Albertini e poi Letizia Moratti. Anzi. L’ex sindaco di Milano non voleva che fosse ricandidato. Durante la visita ufficiale di Carlo Azeglio Ciampi a Palazzo Marino, Salvini si rifiutò di stringere la mano all’allora presidente della Repubblica. ”No grazie, lei non mi rappresenta”. Albertini andò su tutte le furie. Salvini è ancora al suo posto. Con la Moratti il rapporto è di amore-odio. Attacca la giunta sul patto di legalità e di solidarietà con i rom, accusa Palazzo Marino di fare troppo poco sulla sicurezza, ”visita” a sorpresa i campi nomadi rischiando anche qualche legnata, organizza presidi e gazebo a ”difesa del territorio”. Porta a casa centomila voti per la sua amata Lega. Ma riesce a strappare un sorriso alla Moratti, quando in aula si deve votare la fusione tra l’Aem di Milano e l’Asm di Brescia. ”Aqua, lus e ruuu” attacca in dialetto milanese, ”acqua, luce e spazzatura”. Nessuno capisce. Il presidente lo riprende: ”Parli in italiano”. Lui si difende: ” colpa mia se il Consiglio comunale di Milano non capisce il dialetto?”. Il verde-carroccio lo sbatte un po’. Ma la fede in Bossi supera le vanità estetiche. Nonostante camicie verdi e cravatte improponibili, Salvini trova prima moglie – Fabrizia – e dopo la separazione una compagna, Giulia. Come nella migliore iconografia leghista, Fabrizia, non è proprio una padana doc. Anzi. di origini pugliesi. Imitatio Bossi. Per di più vota An. In compenso le regala Federico che adesso [...] Con Giulia, ”politicamente”, le cose vanno meglio. ”Ha sempre votato Lega”. In casa c’è una teca. Con il libro che gli ha regalato Bossi: L’Abc di fare radio. Con dedica autografa: ”Spero ti possa essere utile”, firmato U.B.. Frutto dell’ultimo cazziatone del Senatur al Pierino della Lega. In una trasmissione di Radio Padania, l’Umberto non gradisce la risposta troppo soft data da Salvini a un ascoltatore che accusava la Lega di razzismo: ”Che cavolo hai detto? Non dovevi lasciare correre, bisognava spiegare per bene la nostra posizione sugli immigrati”. Il monello del Carroccio non se la prende. ”Sono in pochi a conoscere le grandi doti umane di Bossi. E poi, io le venero”. Quasi un mistero religioso. Del resto, lui ai miracoli è abituato: ”Ho convertito dieci tra suore e frati del mio quartiere al Federalismo. Viva Bossi, viva la Lega”» (Maurizio Giannattasio, ”Corriere della Sera” 26/4/2008) • «Porta l’orecchino, e questo per un leghista sarebbe già strano. In camera da letto ha una foto con dedica, ma non è di Umberto Bossi: ” di Franco Baresi, capitano del Milan più bello”. [...] direttore di ”Radio Padania” [...] i 151 voti che nel ”93 l’avevano portato in Consiglio Comunale. Carriera veloce? Forse no, per uno che ha la tessera della Lega dal ”90, e di anni ne aveva 17, ”perchè mi piaceva il simbolo di Alberto da Giussano”» (Giovanni Cerruti, ”La Stampa” 16/6/2004).