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 2004  giugno 15 Martedì calendario

L’ultimo giorno di Guazzaloca a Palazzo d’Accursio. «"Ho fatto 29 elezioni, ne ho perse 3. Nell’82 ho perso la Confcommercio di Bologna; tre anni dopo l’ho ripresa

L’ultimo giorno di Guazzaloca a Palazzo d’Accursio. «"Ho fatto 29 elezioni, ne ho perse 3. Nell’82 ho perso la Confcommercio di Bologna; tre anni dopo l’ho ripresa. Nel ’95 ho perso la Confcommercio nazionale; ho fatto il mio fagotto, ho ricominciato. Nel ’99 ero sindaco". La terza volta è adesso. Soltanto al tramonto, mentre da piazza Maggiore sale il coro Sergio-Sergio e a Palazzo d’Accursio arrivano le notizie dai seggi campione, Giorgio Guazzaloca ha realizzato. Il miracolo del ’99 non si ripeterà. Tentano di consolarlo: stavolta non c’è Rifondazione a rosicchiare i punti che portarono la Bartolini al ballottaggio, e comunque il sindaco ha recuperato quasi dieci punti sulla coalizione. "Lasciate perdere". Guazzaloca si guarda attorno, nell’ufficio che sta per liberare. Guarda le foto di una vita: con Fellini, con Montanelli, con Wojtyla, con Franca Ciampi, con Casini giovane, con Biffi. "E adesso cosa succede? Domattina dove vado?". Qui in ufficio come sempre, gli rispondono solleciti, c’è ancora qualche giorno prima della proclamazione. Lo smarrimento dura pochi minuti. "Ho sempre servito la mia città, continuerò a farlo. Nel ’77, quando Bologna fu invasa dagli estremisti e il sindaco Zangheri temeva l’assalto, feci distribuire agli autonomi cestini con il pranzo. Funzionò. I camion dei macellai, con la scritta cancellata perché a sinistra non tutti amano i macellai, furono più utili dei carri armati di Cossiga. Cosa devo fare? Frate priore, frate guardiano. Farò il frate guardiano". Disse la stessa frase, lasciando la segreteria del Pci, Alessandro Natta, normalista che mai si sarebbe permesso di rinfacciare a un macellaio la licenza media (che peraltro il sindaco non ha). La nomenklatura che candidò la Bartolini sì, e dal macellaio rimediò una scoppola memorabile quanto la sua risposta a chi gli dice che non taglia una fettina da vent’anni: " vero, ma saprei farlo". "Fare il sindaco è stato bellissimo. Non cambierei niente, perché non avrei saputo far niente di diverso. Non ho dato retta ai partiti. Ho lavorato per tutti. Ho rispettato la mia città, anche quelli che non mi avevano votato". Proprio nel giorno della sconfitta di Berlusconi, e della tenuta della maggioranza, si eclissa il progetto di una destra non berlusconiana. Senza Lega ad esempio, anche se magari quell’uno o due per cento avrebbe fatto comodo. Tramonta con Guazzaloca una certa idea della politica, una forma di moderatismo, "aderire ai fatti, evitare gli scontri inutili, parlare il linguaggio della gente, stare nel locale. In Italia c’è una risposta sempre valida: "Vado a Roma". Basta dire "vado a Roma" per giustificare qualsiasi assenza. Io non ci vado quasi mai, e quando lo faccio dico che vado a San Lazzaro". A San Lazzaro, in un casale, vive l’arcivescovo emerito Giacomo Biffi, e forse soffre per la restaurazione rossa. Nel seminario che domina la città, il suo successore Carlo Caffarra guarda sereno le due Torri, e sorride: "I bolognesi, come gli italiani, sono uniti da legami invisibili, la contrapposizione non è così esasperata come la rappresentano. Non conosco Cofferati, ma collaborerò con lui. Finisce una stagione. Certo che Guazzaloca era simpatico. Mi ha fatto una lezione sulle parti del vitello: impressionante. Prima mangiavo cose che non sapevo esistessero, ad esempio l’ala di spalla. Chi sa cos’è l’ala di spalla?". "E’ la parte migliore!" si ravviva Guazzaloca, perso a sfogliare Officina, ristampa a cura del Comune della rivista di Pasolini e Roberto Roversi, il paroliere di Dalla. "Quante cose abbiamo fatto. E il museo della Resistenza, e la memoria dell’antifascismo, e l’archivio Pasolini. Tutto inutile. E non per i voti. Queste cose vanno bene solo quando le fanno loro". Di "loro", della sinistra, Guazzaloca parla con fastidio. Non la ama, non le appartiene, ma ci convive da una vita. Riconosce le radici comuni, "il mio revisionismo è finito quando un fascista strappò di mano la bottiglia d’olio a mia mamma e la rovesciò per sfregio. Nell’altra mano c’ero io. Sono del ’44". Nel ’44 caddero i bolognesi le cui foto sfregiate Guazzaloca ha fatto restaurare e illuminare, qui sotto sulle mura del Comune; i Cremonini sono sei, sette i Pedrini, undici i Serra, molti delle Brigate Garibaldi ma anche un sottufficiale, un prete, un carabiniere. Però Guazzaloca non riconoscerà mai in Cofferati l’altra faccia della propria storia, il rappresentante di gente non così diversa da lui: "Non parlo di chi si comporta in modo politicamente osceno". Più che un usurpatore, Cofferati gli sembra "un prodotto preconfezionato", il superstite di una stagione che pensava di aver consegnato al secolo scorso. "Ho evitato i confronti, anche se l’avrei massacrato, perché non ci saremmo capiti. Lingue diverse. Come quando D’Alema mi fece, sussiegoso: ho detto ai miei che la sua vittoria è legittima. Anch’io ho avuto la stessa impressione, ho risposto". I capi della sinistra Guazzaloca non li sopporta, per questo gode a guadagnarsi i voti della loro base, "perché è la Cgil che porta il segretario in piazza, non viceversa", e magari per la sinistra avrebbe fatto anche il sindaco. Conosce a memoria i titoli di Cuore di Michele Serra (il preferito, dopo la vittoria di Berlusconi nel ’94: "Lucio Magri da Cortina: ve l’avevo detto che bisognava tornare in montagna"), però sul tavolo tiene il busto di John Wayne, insieme con "Gioannfucarlo. Vita di Gianni Brera", la statua del Dottor Balanzone dono di Presini ultimo dei burattinai, il saggio della figlia Giulia "Fine secolo" pubblicato dal Mulino, il ritratto con computer e quarto di bue. Arriva la conferma, il ballottaggio non ci sarà, Cofferati è sopra il 50% in tutti i seggi campione tranne uno. L’appello al voto disgiunto non è bastato, anche perché - gli dicono - molti si sono sbagliati, hanno votato Ds e la lista civica di Guazzaloca. "Non cerchiamo scuse. E’ finita, e basta". C’è da preparazione una dichiarazione. "Cosa devo dire? Ho fatto il sindaco con libertà e autonomia. Nella maggioranza degli elettori hanno prevalso altre motivazioni, ideali o ideologiche". Una conferenza stampa? "No. Poi mi fanno domande tipo: andrà in consiglio comunale? Cosa gli rispondo? Certo che ci vado". Piazza Maggiore si va riempiendo in attesa di Cofferati, una tv locale informa che "a Palazzo d’Accursio Guazzaloca non si è visto". "Ma se sono qui dalle 7 del mattino!". Conosce tutti i volti che appaiono sul video, politici, cronisti, passanti. "Quella mi voleva impedire di inaugurare una scuola dedicata a Matteotti. A me! Quello è lo scemo del consiglio comunale". Nessun rimprovero da fare agli alleati, però. Telefonate di solidarietà, ad esempio da Torino, il presidente del San Paolo Salza: "Mi dicono tutti che rimarrò il loro sindaco. Ho avuto un grande successo di critica". Prodi è già a Bruxelles, la sua dichiarazione l’ha fatta in piazza Santo Stefano, un po’ disturbata da un ragazzo in skate-board e dal rombo di un Ape Piaggio. Telefona da Atene Lucio Dalla, che in Grecia è una star più ancora che qua: "Non mi aspettavo un voto così politicizzato, comunque va bene così. L’Italia non è di sinistra, Bologna sì". Guazzaloca sbircia dalla finestra. "Tutto, ma la loro festa no. Io me ne vado". Sono le 9 di sera, a mezzanotte arriva Cofferati».