Mario Lenzi, Macchina del Tempo, giugno 2004 (n.6), 12 giugno 2004
La Beagle è stata ritrovata, ma questa volta Marte non c’entra. O quasi. Mentre l’European Space Agency (Esa) piangeva ancora Beagle 2, la sonda smarrita il Natale scorso sul pianeta rosso, il 27 febbraio l’Inghilterra esultava per un relitto trovato sotto il fango dell’isola di Potten, presso Burnham-on-Crouch, nell’Essex
La Beagle è stata ritrovata, ma questa volta Marte non c’entra. O quasi. Mentre l’European Space Agency (Esa) piangeva ancora Beagle 2, la sonda smarrita il Natale scorso sul pianeta rosso, il 27 febbraio l’Inghilterra esultava per un relitto trovato sotto il fango dell’isola di Potten, presso Burnham-on-Crouch, nell’Essex. Un archeologo dell’Università di St. Andrew, Robert Prescott, ha infatti svelato il destino della HMS Beagle, la nave su cui Charles Darwin viaggiò attorno al mondo, dal 1831 al 1836. Le osservazioni della flora e della fauna, che compì durante quei cinque anni, lo condussero in seguito a formulare la teoria dell’evoluzione della specie: la natura favorisce lo sviluppo degli organismi che meglio s’adattano all’ambiente ove vivono, eliminando quelli che non vi riescono. Davanti a tale ritrovamento, impossibile resistere alla tentazione di ripercorrere la mitica rotta tra i paradisi perduti del nostro pianeta. Abbiamo deciso di seguire il grande scienziato nella prima parte del suo viaggio, in Sud America. Visiteremo cinque delle tappe più significative di quella spedizione, che cambiò il modo di intendere la storia della vita sulla Terra. Nel 1831, sotto il comando del capitano Robert Fitzroy, Beagle lasciò Plymouth, in Inghilterra, per una spedizione di interesse naturalistico nel Pacifico e nell’Atlantico. Sarebbe dovuta durare 24 mesi: gli anni, invece, diventarono cinque. A bordo, il ventiduenne Charles Darwin – intento a osservare, studiare e scrivere pagine e pagine di diario – aveva l’incarico di naturalista ufficiale. Infinite le meraviglie che si schiusero davanti ai suoi occhi attoniti d’europeo. Le foreste di Rio de Janeiro, in Brasile, dove trovò innumerevoli specie d’insetti (in un sol giorno raccolse 68 tipi diversi di scarafaggio). I paesaggi alieni della Terra del Fuoco e la sorprendente abilità linguistica dei nativi, in grado di imparare un idioma straniero con maggior facilità di un uomo civilizzato. I territori bruni e scabri delle Falkland e gli insoliti animali-pianta che vivono nel mare. I vulcani attivi dell’isola Chiloé ma, soprattutto, le incredibili Galápagos, dove il tempo pareva essersi fermato. Cinque tappe tra scienza e natura, alla ricerca di una rotta che è, almeno in parte, turismo ma, soprattutto, percorso intellettuale. «Le esperienze che Darwin compì a 22 anni, durante il suo viaggio con la Beagle, influenzarono enormemente le sue future idee sull’evoluzione» spiega Prescott. «Proprio per questo motivo la Beagle può essere considerata uno dei più importanti strumenti utilizzati nella storia della scienza. incredibile che sia stata dimenticata per oltre un secolo». Già, ma incredibili sono state anche le coincidenze che hanno portato al suo ritrovamento. Se Prescott, infatti, non avesse incontrato sulla sua strada il professor Colin Pillinger, difficilmente la nave sarebbe stata rintracciata. Chi è Pillinger? Lo scienziato a capo del progetto Beagle 2: sì, proprio la sfortunata sonda europea che sarebbe dovuta atterrare su Marte! «Ero sempre stato affascinato dal viaggio di Darwin» prosegue Prescott. «Così, quando Colin mi contattò per chiedermi notizie degli ultimi giorni della Beagle e della possibilità di localizzarne il relitto, fui troppo tentato per ignorare la sfida». Nel 2000, i due scienziati collaborarono alla fondazione del Beagle Ship Research Group. «Poiché si sapeva con certezza che, al ritorno dall’Australia, il brigantino era stato usato per pattugliare le coste britanniche» racconta Prescott «le investigazioni si concentrarono sulle aree maggiormente infestate dai contrabbandieri: gli estuari dei fiumi che si riversavano in mare dall’Essex, dal Kent e dal Sussex. Oltre trenta imbarcazioni erano a quei tempi impegnate nel servizio». In sé e per sé, il veliero non aveva nulla d’eccezionale: era stato varato nel 1820, per scopi militari; era lungo circa 27 metri e dotato di dieci cannoni. Insomma, un tipo di brigantino tra i più comuni della flotta inglese. Le ricerche su archivi e annali procedettero: nel 1845, la nave batteva la costa vicino a Southend, probabilmente in prossimità dei fiumi Roach e Crouch. Nel 1870, scemato di molto il contrabbando, sarebbe stata venduta all’asta – per la ridicola somma di 525 sterline – a una società di rigattieri, che la lasciarono all’ancora nelle vicine paludi di Burnham-on-Crouch, presso l’isola di Potten. Partirono le indagini sul campo, aiutate da una nuova tecnologia radar che consente di localizzare un oggetto anche sotto molti strati di fango e sabbia. Ancora una volta, Marte ci mise lo zampino: il sofisticato radar si basa su un dispositivo, guarda caso, utilizzato anche per la ”talpa” dell’omonima sonda marziana, affinché penetrasse i segreti del pianeta. destino che le due Beagle, a distanza di un secolo, s’incontrino. Sepolto sotto 5 metri di detriti, ecco finalmente il profilo della prima, originale Beagle. «Abbiamo fatto un sopralluogo del sito, trovando giocattoli rotti e pezzi di vasi» dice Prescott. «Ciò significherebbe che, negli ultimi anni, la nave era stata adibita ad abitazione. Abbiamo anche scoperto il profilo di un molo abbandonato molto tempo fa. La Beagle è, in un certo senso, all’ancora, priva della sua struttura superiore. Ma abbiamo ancora lo scafo e la parte inferiore. Darwin stesso non avrebbe mai immaginato che la sua prima nave avesse terminato il lungo viaggio così vicino alla sua casa nel Kent».