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 2004  giugno 06 Domenica calendario

nome in codice: mfg I superstati e le agenzie mondiali, dall’Onu in giù, adottano l’espressione ”mutilazioni dei genitali femminili” e il suo acronimo MFG

nome in codice: mfg I superstati e le agenzie mondiali, dall’Onu in giù, adottano l’espressione ”mutilazioni dei genitali femminili” e il suo acronimo MFG. Le rubricano tra le violazioni dei diritti umani, le combattono. Tutto è cominciato all’epoca del clitorido-centrismo femminista, anni Settanta/Ottanta del secolo scorso. Nei consessi tipo ”donne del mondo unitevi”, sponsorizzati dalle istituzioni internazionali, femministe occidentali rinfacciavano le mutilazioni alle rappresentanti africane, e queste rispondevano ”fatevi i fatti vostri”. Oggi è tutto cambiato. Sotto l’ombrello degli aiuti umanitari, una catena transnazionale e transetnica di professioniste e di volontarie opera in Europa e in Africa sotto la parola d’ordine ”Stop MFG”. è l’Europa la più pungolata dalla questione dei ”tagli”. Vuoi per via degli immigrati che, in barba alle leggi, sottopongono alla cliteridectomia o all’infibulazione le bambine, vuoi per via della guerra-guerreggiata, sia pur a malincuore nel vecchio continente, tra noi e l’Islam, cui si attribuisce la massima responsabilità nell’aver favorito e favorire queste pratiche. In realtà è molto complicato ricostruire i nessi storici e attuali tra mutilazioni e religioni. La testimonianza dell’esploratore scozzese tardo-settecentesco James Bruce ci aiuta. Raccontò che in Egitto i missionari cattolici, convinti che il taglio delle donne fosse un costume ebraico (mentre non lo è mai stato) proibirono ai convertiti di praticarlo alle figlie e che l’ordine venne rispettato. Se non che la comunità dei convertiti andò in crisi. Senza taglio, le donne pubere «presentavano una deformazione così visibilmente mostruosa che ripugnava agli uomini». I convertiti non sposavano le convertite, bensì le eretiche. I missionari, preoccupati del fatto che la comunità cattolica non cresceva, chiesero lumi al Collegio della Propaganda Fidae. Questi spedì in Egitto medici valenti per visitare le bambine e le adolescenti. Riferirono che effettivamente, per il caldo o per la stranezza anatomica delle negre, la loro clitoride ingombrava e quindi poteva non piacere ai loro uomini. Così da Roma partì il permesso di tagliare le ragazze a patto che i loro genitori dichiarassero di non farlo per imitare gli ebrei, bensì per farle sposare. Altre testimonianze etnografiche, coeve agli studi di Bruce o precedenti, ma confermate per l’attualità nei documenti del prezioso archivio dell’Aidos (associazione di donne per lo sviluppo) riguardano l’Etiopia. Dicono che colà i tagli venivano e vengono effettuati in tutte le comunità religiose: animiste, copte, ebree (tribù dei Falasha), cattoliche e islamiche. I missionari, infatti, per preservare la salute fisica delle piccole (ché quella sessuale non è mai stata in cima alle loro preoccupazioni) hanno sempre preferito convincere i genitori delle bambine a farle tagliare in condizioni igieniche.